Testata giornalistica destinata agli operatori del settore delle sigarette elettroniche - Registrazione Tribunale di Roma: 234/2015; Registro Operatori della Comunicazione: 29956/2017 - Best Edizioni srls, viale Bruno Buozzi 47, Roma - Partita Iva 14153851002

Elisabetta Robotti (Anide): “Intrappolati nella gogna fiscale”

E’ passata da quaranta sigarette al giorno a zero. Grazie all’incontro con la sigaretta elettronica. Ma non si è fermata lì, Elisabetta Robotti. E’ rimasta talmente affascinata dal mondo dello svapo che prima ha deciso di investire personalmente aprendo un negozio a Milano, poi impegnandosi sindacalmente per la categoria, attraverso la presidenza dell’Associazione nazionale italiana dettaglianti e-cig (Anide). Il fumo elettronico rappresenta una novità nel panorama industriale e commerciale italiano. Dopo il boom iniziale si è vissuto un tracollo. Ora i dati dicono che è cominciata la ripresa. A cosa è dovuto questo andamento così altalenante che certamente non giova al settore? In Italia la gente non ha ancora deciso a chi credere: ai suoi esordi la sigaretta elettronica era una moda e c’è stato il boom. Passati i primi mesi sono scese in campo le grandi industrie del tabacco tradizionale e le case farmaceutiche, probabilmente spaventati dall’impressionante successo del nuovo dispositivo elettronico che andava a intaccare i profitti di entrambi sia nel breve che nel lungo periodo. Su molti giornali iniziò quindi un battage mediatico volto soltanto a gettare discredito. E così, nell’incertezza, moltissimi svapatori hanno abbandonato il vaporizzatore personale: ha resistito soltanto chi è riuscito a farsi un’idea propria senza lasciarsi influenzare, apprezzando i benefici ricevuti passando al fumo elettronico. Oggi che la classe medica si è schierata a favore e le Big Tobacco hanno iniziato ad investire nel prodotto, sicuramente verrà riconosciuto davvero per quello che è, un salvavita. Sono fermamente convinta che il vapore sia il “non fumo” del futuro: sarà però necessario tornare ad una distribuzione massiva sul territorio per agevolarne la diffusione.

Però quando si parla di andamento altalenante non si può non parlare della tassa… Già, la tassa. L’assurdo strumento usato dallo Stato, secondo me, per dare il tempo alle Big Tobacco di adeguarsi al mercato elettronico. Nessuno mi può togliere questa idea dalla testa. Dopo l’introduzione della tassazione sono sopravvissuti in pochi, solo qualcuno della prima ora la tassa. Abbiamo vissuto due anni di tormenti, di investimenti sfumati, di incertezza, di leggi mal pensate, mal scritte e mal applicate. Già sapevamo che sarebbero destinate a cadere, come poi la Corte costituzionale infatti ha deciso. Per non parlare delle agevolazioni per prodotti che scaldano il tabacco (iQos di Pmi, ndr) e punitive per noi delle ecig che invece col tabacco non abbiamo nulla a che fare. Non a caso il premier non è mai venuto a inaugurare nessuna delle nostre aziende. Ricordo che l’imposta è di tre volte superiore al prezzo del prodotto all’origine, una cosa mai vista. Su un prodotto, poi, suscettibile di scadenza senza possibilità di essere reso e con l’obbligo di smaltimento che, contenendo nicotina, prevede costi altissimi. Già, però all’Aams lo hanno definito “rischio d’impresa”…

Da esercente come come hai affrontato la situazione? IMG_4954In questo momento sto ancora proponendo al pubblico le scorte del 2014, quindi non soggette a tassazione. Ma presto finiranno e a quel punto non so che fare. Acquistare secondo le modalità legali i liquidi del 2015 significa “svenarsi”: ogni 100 boccette di liquidi da 10 millilitri, al costo ipotetico del prodotto di 180 euro bisogna aggiungere la quota fissa di 550 euro a cui si aggiunge ancora l’Iva. E se non li vendo? E se scadono? Che faccio, butto via tutto? Allora raccolgo prima gli ordini dai clienti affezionati e poi rifornisco. Non posso più tenere un assortimento come quello che avevo prima e che era un vanto per il mio negozio. Ma certo, potrei anche comprare in maniera illecita, sottobanco e all’estero, però non voglio, anche se mi permetterebbe di sopravvivere.

Ed infatti ad un certo punto hai ceduto, non ce l’hai più fatta neppure tu… Le vendite si sono ridotte in modo impressionante. Passo buona parte delle mie giornate – e nottate – su internet per avere sempre il senso di quello che accade sia al mercato che ai miei colleghi. Posso avere idea di quello che si dice e del dibattito a cui partecipano migliaia di persone, numero forse addirittura più alto di quanti siano oggi realmente i negozi aperti. Per me, che sono presidente di Anide, associazione che cura gli interessi dei negozianti, avere il polso della situazione ora per ora è importantissimo. Credevo di essere una tra i pochi a cui arrivano telefonate e messaggi che prospettano “magiche offerte” per non pagare l’imposta ma non è così. Non voglio esagerare, ma ritengo che in questo momento più della metà del mercato dei liquidi in Italia è sulle bancarelle estere dei produttori italiani, pronta per essere smerciata ai prezzi di sempre. Una maniera furba ma disonesta per aggirare l’imposta. Se non interessa allo Stato fare i controlli per incassare le imposte perché dovrebbe interessare a me pagarle? E se la Consulta riconosce incostituzionale anche la legge del 2015 i soldi chi ce li ridà? Ho inviato decine di segnalazioni agli organi di ontrollo denunciando le vendite dall’estero, i grossisti online senza rappresentante fiscale in Italia, ma dall’Aams mai nessuna risposta se non la solita fornita dalle segretarie. Ogni colta che chiamo il responsabile, guarda caso, o è in riunione, o è appena uscito, o è in permesso, o è all’estero.

Cosa pensi dei cosiddetti cantinari, i tuoi colleghi che autoproducono i liquidi?  mischer-banner-1Sono persone che, secondo me, non recano un grande danno al mercato dal punto di vista economico: hanno una loro cerchia di clienti da “sottobanco”, qualche negoziante disgraziato che smercia le loro miscele e niente di più. Il vero pericolo è sanitario: nessuna garanzia sulle norme igieniche, sulla provenienza degli ingredienti e quindi sulla tracciabilità del prodotto. Il giorno in cui, malauguratamente, uno di loro o un loro avventore si dovesse fare del male creerebbero un danno serissimo per tutto il settore. Anche di questo fenomeno si è parlato ai tavoli istituzionali. Ma come al solito alle promesse e alle parole non è stato dato seguito.

Il mercato è maggiormente destabilizzato da chi non osserva le regole o dall’esistenza stessa delle regole? Il mercato in questo momento è totalmente destabilizzato dall’osservazione o non osservazione della norma vigente: i pochi onesti rimasti stanno facendo pagare l’imposta sui liquidi ai loro clienti i quali, però, presto scoprono che online o facendo 100 metri in più trovano chi estrae magicamente dal bagagliaio della macchina il loro liquido preferito al prezzo di sempre oppure glielo produce al momento miscelando glicole, glicerina e aroma. Ovviamente dal loro fornitore onesto non tornano più. La mia crisi nasce da questo: io sono costretta a dire ai miei associati che tutto questo è illegale, che non si deve fare, ma poi interviene la mia coscienza e trova una giustificazione. Cosa potrei dire, di chiudere perché il loro collega poco distante è più furbo e ha trovato il modo per evadere la tassa? E poi chi li paga i fornitori: Aams?

Se fossi stata il legislatore come ti saresti comportata? L’unica cosa che può fare il legislatore in questo momento è una bella retromarcia: se fossero intelligenti eliminerebbero l’imposta ricominciando ad incassare Iva, Irpef, Tasi e tutte le altre imposte che già ogni commerciante paga. Solo che mi rendo conto che devono salvare la faccia agli occhi dell’Europa: avevano preventivato di incassare 117 milioni di euro e invece ne avranno poco più di 7 milioni. Lo dicevamo già in tempi non sospetti: così non si va da nessuna parte e per il 2015 c’è l’enorme possibilità di replicare la debacle. Detto questo, penso che una soluzione digeribile potrebbe essere una equa imposta sulla nicotina, unico ingrediente individuato che può essere considerato nocivo per la salute. A quel punto però dovranno tassare anche i cerotti con nicotina e sarei curiosa di vedere come reagirebbero le case farmaceutiche e le farmacie.

E nei confronti dei rappresentati di categoria hai rimostranze? Tlogo-anidera i rappresentanti di categoria non sempre corre buon sangue, anche perché non tutti occupiamo la stessa posizione all’interno della filiera. Nel 2013 avevo dato vita ad un Comitato perché già avevo l’idea che i problemi che riguardavano un grosso produttore di liquidi non potevano coincidere con quelli di chi aveva investito poche decine di migliaia di euro per la sua “bottega”. Sono stata esclusa da tutte le trattative con il Governo perché non rappresentavo una associazione riconosciuta. Ero al corrente di quanto accadeva nelle segrete stanze solo grazie ad informazioni ufficiose che mi giungevano da amicizie politiche. Tant’è che i miei “seguaci” negozianti nel 2014 mi hanno chiesto di fare il salto e costituirci come associazione: da quel momento siamo stati legalmente riconosciuti e coinvolti nelle discussioni. C’è da dire però che legalmente gli interessi spesso continuano ad essere divergenti. Quando un grande produttore decide ad esempio di allargare la sua rete di vendita, passando dai punti vendita specializzati alla distribuzione nei tabaccai, si mettono in moto meccanismi di rapporti e di appuntamenti da cui noi siamo tenuti all’oscuro. Però noi sappiamo che un tabaccaio difficilmente perderà mezz’ora a spiegare ad un suo cliente come funzione una batteria o come si ricarica col liquido e men che meno glielo farà assaggiare prima di venderlo.

Però a criticare si è tutti bravi. A metterci la faccia invece spesso si è in pochi. Io la faccia ce la vorrei mettere ma solo la mia non basta: fosse per me avrei fatto uno sciopero fiscale anche quest’anno. Ma purtroppo non tutti se lo possono permettere. Come si suol dire, la gente “tiene famiglia”. E questo loro lo sanno…

Articoli correlati