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Caso Quickie: quanto conta un’etichetta?

Il richiamo ministeriale sulle confezioni di eliquids che riproducono immagini non appropriate ha fomentato il dibattito, sia tra i produttori che tra i consumatori. Due le fazioni in campo, divise tra chi sostiene che i bambini siano più svegli di quanto si possa pensare e non possono confondere un liquido da vaporizzazione con una bevanda, e chi sostiene invece che non bisogna porre limiti alla sicurezza e ben vengano norme che limitano le raffigurazioni in etichetta.

Tutto nasce dalla sospensione della vendita del Quickie, il liquido che nelle ultime settimane, grazie ad un importante battage di marketing, è entrato nelle grazie di molti vapers. Confezione ed etichetta, però, riproducevano una celebre polvere solubile per il latte: il ministero della Salute ha dunque comunicato all’importatore italiano di ritirare il prodotto al fine di provvedere alla sostituzione del packaging non conforme. Distributore che, prontamente, ha comunicato l’interruzione della fornitura aggiungendo che il produttore avrebbe provveduto al più presto al riconfezionamento. Il Quickie è prodotto dall’azienda V.V.I.G. Inc. al 572 della 23esima strada di Miami. Allo stesso indirizzo ha sede anche Ejuicedepo, un distributore di eliquids: nel paniere ha otto brand tra cui proprio il Quickie. Potrebbe dunque essere partito tutto da lì? Poco importa, anche perché secondo la normativa italiana spetta al distributore o all’importatore la corretta etichettatura del prodotto immesso in commercio.

Ma i produttori italiani come valutano tutta questa faccenda? E’ giusto etichettare un liquido contenente nicotina con immagini fuorvianti agli occhi di un bambino?

campestriniDaniele Campestrini (Dea) non ha dubbi: bisogna evitare il packaging allusivo a cibi e bevande, ma anche a sigarette. “Anche se l’idea può apparire carina è certamente troppo pretenziosa. Il ministero ha fatto benissimo a chiedere una immediata rietichettatura. Per entrare in un mercato abbastanza saturo bisognerebbe ingegnarsi senza per questo copiare prodotti commestibili già in commercio. Noi sin dalle origini abbiamo puntato soltanto sul testo, per due motivi: uno etico, perchè non ci pare corretto riprodurre un frutto in etichetta, e  uno commerciale, perché abbiamo voluto dare risalto al marchio Dea affinché fosse preponderante“.

baldiniRoberto Baldini (Bandz) racconta un episodio occorso nell’aprile del 2013, periodo del boom: “Avevamo in consegna 10mila liquidi. Vennero nello stabilimento i Nas e, viste le nuove norme volute qualche giorno prima dal ministero, ci posero sotto sequestro tutto il materiale ma non ci proposero di rietichettare. Facemmo ricorso al giudice per sbloccare la merce. La sentenza di sblocco arrivò dopo un paio di anni quando però i liquidi erano scaduti e l’azienda committente nel frattempo fallita. Questo esempio per dire che le regole occorrono ma non bisogna abusarne. L’azienda produttrice ha delle regole da rispettare ed è giusto che a queste si attenga. Personalmente penso – conclude Baldini – che i liquidi che arrivano da Oltreoceano dovrebbero essere bloccati. Se ciò non accade, la responsabilità se la assume il distributore, come del resto prevede anche la Tpd“.

celeghinMassiliano Celeghin (DeOro) è invece combattuto: “Per diplomazia direi che è giusto. D’altra parte mi sembra una sciocchezza. Anche l’ammorbidente ha in etichetta immagini di vaniglia e fragola. Anche la candeggina è profumata. Noi non possiamo far altro che accettare quanto prescritto ma vogliamo far notare che ci sono prodotti in commercio ugualmente pericolosi, se non addirittura di più. E non dimentichiamo che spesso i detersivi sono messi sotto il lavandino, ad altezza bambino, mentre i liquidi vengono tenuti nelle mensole o negli armadi ben al di sopra della portata di un bimbo“.

Schermata 02-2457420 alle 12.13.17Renzo Cattaneo (BlendFeel), pur essendo d’accordo in linea di principio, fa notare una incongruenza: “Il concetto è sano ma la norma dovrebbe essere conosciuta prima di poterne discutere e metterla in discussione. L’articolo 6 parla di preparati pericolosi. Che sia giusto non invogliare le persone è fuori di dubbio, ma quello che non dobbiamo dimenticare è che i nostri prodotti sono regolari e lecitamente vendibili. Se il mercato vuole un gusto che riproduca una torta al limone non lo possiamo però chiamare C3p8. Dal nostro punto di vista abbiamo scelto di non inserire immagini di prodotti commestibili sulle confezioni. I riferimenti però si trovano sul nostro sito la cui consultazione è vietata ai minori“.

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