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Tabacco, la Realpolitik italiana tra cuore e ragione(ria)

Il governo italiano deve ancora decidere chi delegare alla conferenza delle parti sul tabacco che si terrà a novembre in India. Lo Stato è diviso tra gli interessi economici miliardari e la tutela della salute.

di Stefano Caliciuri

Addetti ai lavori ed esperti ritengono che la Conferenza delle Parti per il controllo del tabacco (Cop7) che si terrà in India a novembre fisserà norme stringenti e restrittive per le sigarette elettroniche. Il timore è che i prodotti del vaping possano essere formalmente e definitivamente inseriti nella lista dei prodotti del tabacco, con tutte le conseguenze che questo comporterà. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, infatti, non vi sarebbe alcuna distinzione tra il fumo della sigaretta e il vapore nicotinizzato: entrambe le abitudini sono considerate nocive per la salute e dunque vanno combattute e regolate rigidamente.
I tavoli di lavoro preparatori alla Conferenza delle parti hanno evidenziato che la maggioranza dei Paesi chiamati ad intervenire sarebbero a favore della posizione ufficiale della presidenza dell’Oms. Nonostante moltissimi autorevoli esperti della comunità scientifica internazionale – a cui ultimamente si stanno aggiungendo anche i ricercatori delle multinazionali del tabacco interessate ad espandere il loro business anche nel fumo elettronico – sostengano la validità della sigaretta elettronica come strumento di riduzione del danno, dall’Oms non pare provenire alcun segnale d’apertura. L’Italia dovrebbe partecipare all’assise indiana con una delegazione che però non è ancora stata definita. Certamente non saranno rappresentati gli interlocutori e gli operatori del vaping, così come difficilmente ci sarà il Ministero dell’Economia mentre la presenza del Ministero della Salute è ancora al vaglio della Presidenza del Consiglio. L’ipotesi più accreditata è che sarebbe delegato il ministro alle Politiche agricole Martina. Anche se a prima vista potrebbe essere considerata una scelta bizzarra, in realtà è questo il vero ambito di interesse italiano: le piantagioni di tabacco. All’intesa commerciale milionaria con Philip Morris sottoscritta l’anno scorso, la settimana scorsa si è aggiunta anche quella con Japan Tobacco che fa seguito ad un analogo accordo con Bat. Insomma, Big Tobacco si dimostra per l’Italia una vera e propria gallina dalle uova d’oro. Ai 13 miliardi di euro derivanti dalle accise, bisogna anche aggiungere il rapporto di compravendita esclusiva delle piante, a cui si aggiunge l’indotto che dà lavoro a migliaia di persone. Lo Stato combatte il fumo con il cuore, ma con la ragione – o meglio, la Ragioneria – lo sostiene. Contraddizioni della Realpolitik.

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