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Filo diretto Anafe, Regazzi: “Né pharma, né tabacco: ecig è terza via”

Fabio Regazzi, vicepresidente Anafe, interviene nel dibattito sul Cop7 che si sta svolgendo in India. Il timore è che l'organismo multinazionale affidi il settore della sigaretta elettronica sotto il controllo di un mercato già esistente, come quello del farmaco o del tabacco. Uno scenario che, se si concretizzerà, sarebbe a dir poco devastante...

di Fabio Regazzi
vicepresidente Anafe-Confindustria

Dallo scorso 7 novembre, e fino a domani sabato 12, è in corso a New Delhi il COP7, settima Conferenza delle Parti, organizzata nell’ambito del protocollo FCTC (Framework Convention on Tobacco Control) sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Lo scopo del meeting è quello di trovare una policy internazionale, condivisa dalle 180 delegazioni provenienti da tutto il globo, sul controllo del tabacco al fine di prevenire milioni di morti premature che ogni anno sono riconducibili al tabagismo.
In particolare, sono in discussione le varie posizioni riguardanti la regolamentazione della sigaretta elettronica: si va dal divieto totale di utilizzo proposto da India, Tailandia, Kenya e Nigeria, a posizioni molto più concilianti e di supporto al prodotto condivise da nazioni (come ad esempio l’intero blocco UE) che hanno riconosciuto tale strumento come meno dannoso rispetto alle sigarette tradizionali.
Al netto della cronaca degli eventi che apprendiamo quotidianamente, ciò che lascia interdetti è l’approccio, per usare un eufemismo, diffidente, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nei confronti dell’e-cig, percepita più come un pericolo che come un’alternativa meno dannosa al fumo. Tale approccio non risulta una sorpresa per gli addetti ai lavori, che da anni non riescono a stabilire un proficuo contatto con l’OMS che inserisce l’e-cig costantemente al centro di pesanti report, come quello diffuso in vista proprio del COP7 lo scorso agosto, sostenuti con argomentazioni a senso unico, spesso fondate su studi poco affidabili, senza tenere in considerazione ricerche sostenute da istituzioni accreditate a livello internazionale.
Basti pensare ai risultati diffusi dal Royal College of Physicians o da Public Health England (Agenzia collegata al Ministero della Salute inglese). Il primo ha recentissimamente sostenuto che “nonostante non sia possibile quantificare con precisione assoluta i rischi a lungo a termine per la salute umana associati all’utilizzo dell’e-cig, i dati attualmente disponibili evidenziano chiaramente che tali rischi difficilmente superano il 5% rispetto a quelli legati al fumo di tabacco, e che molto probabilmente potrebbero essere anche inferiori a tali cifre”, il secondo nel 2015 ha affermato che l’e-cig è del 95% meno dannosa del fumo di sigaretta.
E accanto alla diatriba che sta avendo luogo in questi giorni in India, i governi nazionali e le istituzioni sovranazionali (dall’OMS alla Commissione Europea) non hanno ad oggi chiaro come definire e approcciare il mondo delle sigarette elettroniche, e trovano dunque più appropriato associarlo a categorie di prodotto già di largo consumo. Ed è qui, è inutile nasconderlo, che la sigaretta elettronica si trova al centro di una scontro mondiale di interessi tra due settori separati e tra visioni contrapposte fra loro, che non hanno alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire l’opportunità di far rientrare lo sviluppo di tale prodotto nella loro sfera di influenza: da un lato chi vuole assoggettare le e-cig sotto la regolamentazione dei prodotti medicali, valutando la sua efficacia in termini di benefici sulla salute (o, in caso opposto, bandendo il suo utilizzo); dall’altro, chi le riconduce ai prodotti del tabacco, assimilando gli strumenti di controllo del mercato e le imposizioni fiscali associate.
Ciò che secondo noi è chiaro è invece che la sigaretta elettronica, molto semplicemente, è un tertium genus rispetto alle due categorie appena citate e meriterebbe una regolamentazione ad hoc: non è un farmaco (anche perché gli ingredienti dei liquidi sono in libera vendita) e non è nemmeno un prodotto del tabacco (in quanto oggettivamente non contiene tabacco), è semplicemente un prodotto di libero consumo scientificamente meno dannoso delle sigarette e che, come tale, dovrebbe essere regolato.
Pertanto l’auspicio per la conclusione dei lavori del COP7 è che le decisioni sulla regolamentazione di tale prodotto vengano presa nell’interesse reale della salute pubblica e quindi dei consumatori, evitando l’adozione di norme eccessivamente restrittive che invece di supportare un prodotto meno dannoso del tabacco ne limiterebbero l’accesso, non assecondando le spinte ostruzionistiche di Paesi e delegazioni mosse da false convinzioni e interessi economici.

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