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“Chiedere sicurezza non significa essere nemico del settore. Anzi…”

Tommaso Chiti, lo studente rimasto vittima di un incidente occorso in seguito all'esplosione di una batteria, è stato bersaglio di insulti e minacce. "Non sono il nemico numero uno del settore. Ho solo voluto sollevare l'attenzione sulla potenziale pericolosità di alcuni dispositivi".

Da due giorni è bersaglio di insulti e minacce di qualunque tipo. Anche i suoi amici sono stati oggetto di attacchi e sberleffi. E tutto questo per aver reso pubblico un incidente avvenuto mentre utilizzava una sigaretta elettronica. E diciamo appositamente sigaretta elettronica per far capire a tutti di cosa stiamo parlando. Dentro l’occhio del ciclone è finito, suo malgrado, Tommaso Chiti, studente diciannovenne di Prato. Tra le mani aveva un “tubo”, così è chiamato in gergo lo strumento atto a vaporizzare un liquido per sigaretta elettronica senza alcun circuito elettronico. Un vero e proprio tubo dentro il quale si inserisce una batteria che, azionata da un tasto meccanico, attiva la resistenza. Qualcosa però è andato storto. “Dopo due tentativi di attivazione e tiri a vuoto, al terzo – spiega Tommaso Chiti – ho sentito un gran botto. Nell’immediato mi si è appannata la vista e ho sentito un gran bruciore all’altezza dell’inguine. Soltanto in un secondo momento mi sono reso conto dell’accaduto: l’atomizzatore è stato sparato in alto, bucando il soffitto. Dai fori di sfiato inferiori invece è uscita una fiammata che mi ha provocato l’ustione. Fortunatamente avevo il tubo lontano dalla faccia“. Appena la notizia è divenuta di dominio pubblico, sui social network si è scatenata una vera e propria caccia all’uomo. Incompetente, ragazzino ignorante, coglione, stupido, ebete: in molti si sono sentiti in dovere di dare un proprio appellativo allo studente. Qualcuno ha persino parlato di un complotto: le lobby del tabacco pagherebbero giornalisti e giovani compiacenti per gettare fango sul settore del vaping. “Spero che nessuno di questi si trovi un giorno nella situazione in cui mi sono trovato io. Ma forse solo in quel momento potranno capire che tutto quello che è successo non soltanto è vero ma è estremamente pericoloso. Come sarebbe finita se anziché a casa mi fossi trovato su un autobus? O se fosse esploso mentre lo avevo in bocca?” Tommaso Chiti è ancora visibilmente scosso. Sul petto e sulla guancia sono ancora evidenti le contusioni ma più fastidisa è l’ustione di secondo grado all’inguine.
Perplessità e sospetti sono nati da una fotografia diffusa in rete. “Quella foto è stata scattata da mia mamma mentre io ero in medicazione. Ha raccolto tutto quello che stava sul tavolo e l’ha fotografato dentro una scatola di cartone. La batteria che si vede nella prima immagine diffusa non è mia ma è della sigaretta elettronica di mia madre, una Dripbox, che avevo vicino nel momento dell’incidente. La batteria incriminata è ancora dentro il tubo. Non ho toccato più niente per lasciare tutto a disposizione delle eventuali indagini che seguiranno la querela“. Già, perché adesso si adirà alle vie legali. “Ho sporto denuncia contro ignoti. Non so perché è successo e di chi sia la colpa. So solo che è successo“. Te la sei data una spiegazione? Sinceramente no. Utilizzo i tubi da un anno e mezzo e anche altre box tra cui la Noisy Cricket II. Non sono un improvvisato. Il tubo era settato con un Kennedy clone – primo e ultimo clone che comprerò – e resistenze in acciaio SS316L buildate con cinque o sei spire distanziate. Stavo tra 0,4 e 0,5 ohm. Addirittura abbino una batteria ad ogni box, non le cambio tra loro. Forse in fase di inserimento nel tubo ha strisciato contro la filettura e si è graffiata. Non so, davvero non me lo so spiegare“. La scelta di rendere pubblico il tuo incidente è stata intesa come un dispetto al settore. “Semmai l’opposto. A prescindere dalle responsabilità personali o dai difetti di fabbricazione, credo che mai e poi mai ci debba essere la possibilità che questo accada. I prodotti del vaping, le batterie, tutto insomma, dovrebbe essere realizzato garantendo la massima sicurezza. I tubi non la garantiscono e l’ho provato a mie spese. Alcuni negozianti non vendono i tubi alle persone visibilmente inesperte. Su internet però anche un minorenne può acquistare un meccanico, nessuno glielo impedisce e nessuno controlla. Altro pericolo potenziale sono le batterie al litio che possono diventare vere e proprie bombe a mano. Dovrebbero avere sicurezze in più, non basta un rivestimento isolante fatto semplicemente con una sottile pellicola. Anzi, dirò di più. Nonostante la pressione, il tubo è ancora intatto. Questo vuol dire che è fatto bene e con materiale di qualità. Infatti non discuto la qualità del prodotto in sè ma la sua sicurezza nel momento in cui viene utilizzato“. Le batterie al litio, in effetti, sono le più pericolose attualmente in commercio. Semplificando moltissimo: al loro interno ci sono due conduttori elettrici (elettrodi) separati e opposti. Il catodo ha carica positiva mentre l’anodo negativa. Gli ioni di litio stanno tranquilli nel catodo. Quando però viene applicata una carica alla batteria, gli ioni vengono spinti verso l’anodo creando così una differenza di potenziale. Quando la batteria è in uso, gli ioni di litio si spostano nuovamente verso il catodo per riequilibrare la situazione. Lo spostamento deve però essere controllato per evitare che gli ioni si possano spostare in massa causando un surriscaldamento anomalo e pericoloso che provocherebbe l’esplosione.
A 17 anni avevo cominciato a fumare – ricorda Tommaso – ma presto ho capito che era una pazzia, che non potevo cominciare a rovinarmi la salute e la vita. Sono passato così alla sigaretta elettronica. Voglio solo dire che a me il vaping piace tantissimo e continuerò a praticarlo. Non sono e non voglio passare per il nemico numero uno del settore. Non ce l’ho con i modder o con i loro prodotti. Io posso anche prendermi tutte le colpe di questo mondo ma queste cose non devono comunque succedere. Voglio dire a tutti coloro che hanno tra le mani un tubo di fare attenzione. Non sono oggetti totalmente sicuri e soprattutto non sono indicati per tutti. Almeno fino a quando non saranno messi in sicurezza“. Ma forse, a quel punto, non si parlerà più di meccanici.

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