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Associazioni antifumo chiedono di proibire gli aromi nei liquidi

Nel rapporto The Flavor Trap indirizzato alla Fda si sostiene che gli aromi sono una trappola per creare una nuova generazione di dipendenti.

di Barbara Mennitti

Si intitola “The flavor trap”, la trappola del gusto, il rapporto inviato alla Food and Drug Administration da cinque organizzazioni anti-fumo americane per chiedere che vengano proibiti gli aromi dolci e fruttati nei liquidi per sigaretta elettronica (pervicacemente definiti come prodotti del tabacco). Le organizzazioni sono del calibro di American Academy of Pediatrics, Cancer Action Network, American Hearth Association, American Lung Association e Campaign for Free-Tobacco Kids e dunque i vaper Oltreoceano hanno seri motivi di preoccupazione.
Il rapporto richiama una legge federale adottata nel 2009 che va sotto il nome di Family Smoking Prevention and Tobacco Control Act e che proibiva la vendita di sigarette “aromatizzate” con gusti diversi dal tabacco o dal mentolo, compresi aromi fruttati e dolci. Curiosamente, fa notare il professore Michael Siegel, molto critico con le posizioni delle organizzazioni anti-tabacco, nel 2009 l’unica aromatizzazione disponibile nelle sigarette era quella al mentolo, che la legge si ben guardò dal proibire. In ogni caso nel rapporto si osserva che dal divieto sono rimasti esclusi “gli altri prodotti del tabacco”, cioè “le sigarette elettroniche” che negli ultimi anni hanno visto fiorire migliaia di gusti diversi (al 2014 ne avevano censiti 7700 e contavano che ogni mese ne uscivano 240 nuovi).
Dunque la richiesta delle cinque associazioni è che il divieto di utilizzare aromatizzazioni diverse dal tabacco e dal mentolo sia esteso anche agli “altri prodotti del tabacco”, cioè ai liquidi per le sigarette elettroniche. La motivazione addotta nel rapporto è che questi aromi sarebbero stati creati apposta per attirare i più giovani, facendoli cadere nelle spire del tabagismo. Insomma, torniamo al logoro schema del Gateway effect e poco importa che non solo il temuto effetto passerella non solo non abbia trovato conferma in nessuno studio serio, ma sia anzi stato più volte smentito (e ci limitiamo a citare lo studio più recente, quello di Neil McKeganey. Né che quasi tutti i vaper adulti, dopo la prima fase di disassuefazione dalla sigaretta, scelgano aromi diversi dal tabacco. Secondo il rapporto, le aromatizzazioni sono una “trappola per rendere dipendente una nuova generazione”.
La trappola sarebbe stata tesa dalle aziende del tabacco “che hanno una lunga esperienza nello sviluppare e promuovere prodotti del tabacco per attirare i più giovani” (tesi che, a onor del vero, abbiamo sentito anche dalle nostre parti). Tralasciamo la constatazione che la maggior parte delle aziende produttrici di liquidi sono piccole e medie imprese, senza legami con big tobacco, che viene anzi visto come il nemico numero uno e gioca per il momento un ruolo marginale nel mercato. Ma se davvero le multinazionali del tabacco si convertissero interamente ad un prodotto meno nocivo per la salute che serve ad abbandonare la sigaretta, sarebbe un male? O non contribuirebbe a salvare vite?
Purtroppo le argomentazioni contenute in questo rapporto rivelano la posizione ideologica di molte associazioni anti-fumo, unita ad un pregiudizio verso tutto quello che proviene dal mercato e non dai laboratori medici. La speranza è che la FDA si renda conto che il “meglio” proposto da questo rapporto è nemico del “bene” e non privi tanti fumatori ed ex fumatori di uno strumento prezioso di riduzione del danno.

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