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Sigaretta elettronica, parte il valzer degli emendamenti

In vista della legge di bilancio si apre la finestra per poter presentare ipotesi di modifica del testo. E come ormai accade ogni anno, alcuni riguarderanno la regolamentazione del vaping.

Venti pagine di Gazzetta ufficiale dedicate all’anticipo della manovra di bilancio 2017. Sono state pubblicate ieri come antipasto di quello che sarà (probabilmente) l’ultimo atto che si ricorderà del primo governo Gentiloni. Ora cresce l’attesa. Per gli imprenditori che sperano nella riduzione, anche minimale, del carico fiscale sulle imprese. Per le famiglie che sperano in qualche bonus o agevolazione sul reddito. Per i lavoratori dipendenti che auspicano una riduzione delle trattenute salariali. Per gli studenti che non vorrebbero più lavorare per studiare e per i disoccupati che non vorrebbero più studiare per lavorare. Per i gruppi di pressione che sperano di poter essere auditi da questo o quel ministro, questo o quel presidente di commissione, questo o quel parlamentare.
La legge di bilancio non potrà essere lacrime e sangue, sarà piuttosto una gestione dell’ordinario con qualche ritocco alla fiscalità. La campagna elettorale è alle porte quindi, come prevedono i manuali, è cosa buona e utile non stravolgere l’assetto nazionale con chissà quale provvedimento ma è sufficiente concedere (poco) a (quasi) tutti. Ecco allora l’assalto alla diligenza che trasporta il carico di emendamenti, ovvero quelle frasi, parole o addirittura semplici segni di interpunzione, che consentono di ottenere qualcosa o di non dover fare qualcos’altro. Il 2006 fu l’anno record quando un singolo articolo ebbe la bellezza di 1386 richieste emendative. Perché, come da norma non scritta, un emendamento non si nega a nessuno. Un emendamento rappresenta per il parlamentare l’opportunità di poter dire: “Io c’ho provato”; per il gruppo di pressione di poter dire: “Io l’ho fatto inserire”; per le imprese coinvolte: “Anche quest’anno ce l’hanno con noi”. Ogni legislatura cambia l’orchestra ma la musica è sempre la stessa.
Il mondo del fumo elettronico, del vaping, della sigaretta elettronica – ogni locuzione è utile per far capire ciò di cui si parla – anche quest’anno freme in attesa del primo emendamento che “possa salvare il settore”. Negli anni se ne sono susseguiti a bizzeffe. Si è chiesto, in ordine sparso, di distribuire i liquidi con nicotina soltanto nei tabaccai; di alzare (ma poi anche diminuire) lo sconto; di abbassare l’accisa (o la tassa, a seconda della fantasia del firmatario) per le ecig ma non per i riscaldatori di tabacco (oppure anche per loro, a seconda dell’interesse); di promuovere un mese per sensibilizzare sui danni del tabacco ma senza citare l’ecig (anzi sì, ha chiesto qualcun altro, visto che è uno strumento di riduzione del rischio). Insomma, decine di emendamenti che da tre anni a questa parte sono serviti più che altro a far gridare, esultare, piangere o sorridere per un giorno. Ma nulla di più. Mai un emendamento – figuriamoci poi di minoranza – è servito a far cambiare strategia o rotta al governo. Crediamo di non sbagliare pensando che anche questa volta le cose non andranno diversamente, soprattutto alla luce del fatto che a breve la Corte costituzionale porrà un ennesimo timbro sulla legge attualmente in vigore. E se dovesse riconfermare la sentenza precedente il governo dovrà necessariamente rimettere mano alla legge. Perché è proprio questo che serve: non un singolo emendamento ma un’intera proposta di legge (meglio ancora se fosse un disegno di legge) che possa scindere il fumo dal vapore. Ergo, cui prodest toccare la normativa fiscale sulle sigarette elettroniche ad un mese dalla sentenza ma soprattutto a quattro mesi dalle elezioni? E’ molto più semplice girare la testa dall’altra parte e andare avanti. Tanto dopo arriverà qualcun altro.

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