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Ancora ricerche, ancora disinformazione. Questa volta al centro della polemica sono stati i risultati dello studio condotto da Maciej Goniewicz del Roswell Park Cancer Institute (Rpci) dopo l’annuncio di aver trovato benzaldeide nei vapori sprigionati da alcuni liquidi per ecig.
La benzaldeide è un ingrediente chiave negli aromi naturali alla frutta. In forti dosi può però causare irritazione alle vie respiratorie, soprattutto se sottoposte a prolungata esposizione. Non a caso la legge prescrive un limite massimo di esposizione per tutti coloro che lavorano a contatto con gli aromi. Non i vapers, dunque, ma i professionisti che trascorrono la loro giornata in laboratorio. Una differenza sostanziale che segna la differenza tra la nocività di una sostanza e la presunta tossicità di un liquido o di un aroma.
Lo staff di ricerca ha analizzato il vapore emesso da 145 eliquids: la benzaldeide è stata trovata in 108. Un particolare però è emerso: gli aromi alla ciliegia hanno un valore di formaldeide 43 volte più alto degli altri. I maggiori organi di stampa inglesi hanno dunque titolato proprio su questo. Ma hanno dimenticato un passaggio fondamentale: tutti gli aromi analizzati hanno comunque registrato livelli di benzaldeide di mille volte inferiore ai limiti di sicurezza. L’associazione Sfata ha calcolato che per raggiungere il limite di allerta giornaliero bisognerebbe sommare tutto il vapore emesso da un vaper in tre anni consecutivi. In un comunicato stampa che ha seguito la pubblicazione della ricerca, Goniewicz ha suggerito ai medici di chiedere ai loro pazienti se utilizzano prodotti aromatizzati e se sentono pizzicore o bruciore in gola. In questo caso il consiglio è ovvio: cambiare aroma. Anche se, come detto, i valori di benzaldeide raggiunti dal vaping sono ben lontani da quelli dei prodotti del tabacco, come è evidente proprio leggendo la ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Thorax.