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“Ritengo che le prossime elezioni, a livello presidenziale e a molti altri livelli, saranno decise dalla comunità dei vapers”. A dichiararlo è Grover Norquist, presidente del think tank americano Americans for tax reform, fondato nel 1985 per richiesta del presidente Ronald Reagan.
Scopo dichiarato di Atr è “limitare le dimensioni e il costo del governo, contrastare l’aumento delle tasse a livello federale, statale e locale”. Non è dunque strano che Norquist si schieri al fianco del vaping, un settore attualmente minacciato, in Usa come in Europa, dalla morsa fiscale.
Negli Stati Uniti la comunità dei vapers conta 10 milioni di utilizzatori ed è in costante e rapida crescita. Rappresenta quello che si definisce un single-issue voting group, cioè una comunità appassionata che decide a chi dare il voto in base ad un’unica questione: in questo caso le politiche sullo svapo. “Il vaping non è un prodotto – ha dichiarato Norquist a un incontro dell’associazione A Capitol Hill – è un movimento. E’ una comunità, è un movimento politico a sostegno di una comunità, che sta cambiando il Paese positivamente per molti aspetti“. E quindi potrebbero essere proprio questi 10 milioni di elettori a far pendere l’ago della bilancia a destra o a sinistra nelle presidenziali del prossimo novembre.
Cynthia Cabrera, direttore di Smoke-Free Alternatives Trade Association, non trova l’uscita del presidente di Atr così lunare. I vapers – ha commentato al Washington Examiner – partecipano politicamente a queste elezioni perché i Democratici minacciano di tassare, regolamentare e persino uccidere una pratica nata porre rimedio ai danni causati dalle sigarette di tabacco, “una valida alternativa che merita di essere promossa”.
La più grande minaccia che incombe sul settore del vaping negli Stati Uniti è l’imminente decisione della Food and Drug Administration che potrebbe costringere i produttori a chiedere una licenza per ogni singolo prodotto e aroma, portando alle stelle i costi di produzione e, di fatto, condannando a morte le aziende più piccole. Costi e imposizioni che avrebbero ripercussioni anche sull’attività dei negozianti. Insomma, c’è davvero pane per i denti di Grover Norquist.