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Sigarette elettroniche: perché la scienza è divisa?

Numerosi gli studi che sostengono la non pericolosità della sigaretta elettronica. Ma ve ne sono altrettanti che invece dicono l'esatto opposto. Come è possibile? E' solo una questione metodologica.

di Barbara Mennitti

Perché medici e scienziati non riescono a mettersi d’accordo sulla sigaretta elettronica? È una domanda che ci poniamo spesso e che abbiamo provato a porre anche ai nostri intervistati, ricevendo risposte disparate. Quasi quotidianamente, infatti, i media riportano ricerche e studi scientifici sulla sigaretta elettronica che dicono tutto e il suo contrario: l’ecig è del 95 per cento più sicura della sigaretta di tabacco, anzi no svapare è come fumare; la sigaretta elettronica aiuta a smettere, ma qualche mese dopo invece lo rende più difficile. Come fa il pubblico ad orientarsi fra queste opinioni diametralmente opposte? E soprattutto come è possibile che persone con cognizioni scientifiche abbiano visioni così in contrasto?
A queste domande ha provato a rispondere sulle colonne di the Guardian Jamie Hartmann-Boyce del Cochrane Tobacco Addiction Group e autore di uno studio appena pubblicato che sostiene che le sigarette elettroniche possono aiutare a smettere di fumare e non hanno gravi effetti collaterali nel breve e medio termine. Altri studi sostengono esattamente il contrario. Come è possibile? Secondo Hartmann-Boyce è la metodologia che fa la differenza. Il modo migliore per controllare se una terapia funziona sono gli studi controllati randomizzati, studi sperimentali che permettono di valutare l’efficacia di uno specifico trattamento in una determinata popolazione. Assegnando a caso le persone a un intervento o un altro e misurando il risultato allo stesso modo in entrambi i gruppi – spiega Hartmann-Boyce – è possibile escludere spiegazioni alternative per le differenze tra i gruppi. Tutti gli studi che sostengono che le sigarette elettroniche aiutano a smettere di fumare sono condotti con studi controllati randomizzati.
Gli studi che invece sostengono che l’ecig impedisce di smettere di fumare non utilizzano questa metodologia, ma si limitano a chiedere ad alcuni fumatori se stanno utilizzando la sigaretta elettronica. Alcuni mesi dopo richiamano le stesse persone e chiedono se stanno ancora fumando. “Non è dato sapere – commenta l’autore – se gli studi riflettono gli effetti del vaping o se qualche altro fattore rende più difficile smettere a queste persone”. Potrebbero, per esempio, essere fumatori con una particolare dipendenza.
L’altra questione che divide la comunità scientifica è quella relativa alla sicurezza delle sigarette elettroniche. Sono davvero sicure? Se per sicure si intende “completamente esenti da rischi” – scrive Hartmann-Boyce – la risposta è no, poche cose lo sono. Ed è per questo che nessun medico consiglierebbe a chi non è già un fumatore di svapare. Ma la domanda da porre è: sicure rispetto a cosa? Poche cose sono dannose come le sigarette di tabacco, quindi alla domanda se le ecig sono più sicure del tabacco, la maggior parte degli esperti risponderebbe di sì. Forse con una leggera esitazione perché la sigaretta elettronica è un prodotto nuovo e, non avendo dati sul loro effetto nel lungo termine, bisogna ricavarli interpretando altri elementi. Insomma – conclude l’autore – quando si parla di sicurezza a lungo termine, gli esperti tirano a indovinare in assenza di dati concreti. “Ed è allora che si insinuano le opinioni divergenti”.
Per fortuna ormai sono in corso moltissime ricerche sul vaping e la speranza è che quanto prima le certezze prendano il posto delle supposizioni e che anche la comunità scientifica riesca a dare risposte chiare e univoche al pubblico. Su una cosa, però, scienziati, medici e ricercatori sono completamente d’accordo: è il fumo il vero killer da combattere.

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