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di Barbara Mennitti
“La formaldeide contenuta nel vapore della sigaretta elettronica è estremamente bassa rispetto a quella del fumo di sigaretta e in quantità tale da non rappresentare una minaccia per la salute”. A giungere a questa conclusione è il dottor Robert Cranfield che con l’ausilio di un semplice acquario e di un misuratore di formaldeide rivela quanto la sigaretta elettronica sia meno dannosa di quella di tabacco. Scopo principale di Cranfield era smascherare lo studio “Hidden Formaldehyde in e-cigarette aerosol” di Paul Jansen. Pubblicato nel gennaio 2015 sul New England Journal of Medicine come lettera al direttore (e dunque non come ricerca sottoposta a peer-review), lo studio concludeva che il vapore di sigaretta elettronica contiene formaldeide – un gas incolore volatile dall’odore pungente – in quantità 15 volte maggiore del fumo di sigaretta. Poiché la formaldeide è una sostanza cancerogena, i vapers avevano dunque 15 volte più possibilità di ammalarsi di cancro rispetto ai fumatori accaniti.
La ricerca di Jansen fece il giro del mondo a cavallo di tutti i maggiori mezzi di informazione. E poco poterono per contrastarlo le reazioni di esperti come Konstantinos Farsalinos e Michael Siegel, che spiegarono che i risultati erano stati raccolti “svapando a secco”, una cosa dà al vapore un sapore intollerabile. Dunque nessuno avrebbe potuto svapare nelle condizioni create da Jansen per il suo studio. Oggi Cranfield ci spiega qualcosa in più, e cioè che Jansen e i suoi non hanno misurato la formaldeide, ma alcune sostanze chiamate agenti che rilasciano formaldeide. È per questo che lo studio parla di “hidden formaldehyde”, formaldeide nascosta. E questo già basta per fare sorgere seri dubbi sullo studio in questione. Ma Cranfield sceglie di essere molto più empirico e di dare una dimostrazione di comprensione davvero immediata. Con l’ausilio di un acquario sigillato da una pellicola, un misuratore di formaldeide, una sigaretta elettronica, una di tabacco e un sigaro, il medico americano ha misurato la presenza della sostanza cancerogena contenuta nelle esalazioni, partendo da quella normalmente presente nell’atmosfera (circa 0,012 parti per milione). E il risultato è quello più ovvio. Cinque vigorose svapate danno origine ad una concentrazione di 0,045 ppm; altrettanti tiri di sigaretta ne causano 2,8 (e il misuratore fa scattare l’allarme); cinque tiri di sigaro sprigionano addirittura 5 ppm di formaldeide. Insomma, la formaldeide contenuta nel vapore di sigaretta elettronica è minima e al di sotto di qualunque soglia di guardia.