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Le ricerche e le indagini scientifiche dovrebbero essere oggettive e super partes. Al di là di ogni pregiudizio o convinzione personale, i risultati dovrebbero rispecchiare l’andamento naturale degli eventi, senza alterazioni o tossicità esterne. Ma quando ad una stessa domanda si hanno risposte alternate e opposte, a chi credere?
“La sigaretta elettronica induce al fumo?” è la domanda che da sempre caratterizza il mondo del vaping. Sino ad oggi i maggiori ricercatori sono propensi ad affermare che non esiste alcun un effetto passerella (gateway effect), ovvero che la sigaretta non è un veicolo verso il tabacco tradizionale. Ma se un collegamento esiste è esattamente l’opposto, cioé la sigaretta elettronica serve per smettere di fumare.
Lo staff di ricerca del professor Mark Connor dell’Università di Leeds ha pubblicato ieri su Tobacco Control una ricerca condotta su circa 3mila adolescenti britannici da cui risulta “i giovani che usano sigarette elettroniche hanno una maggior probabilità di passare alle sigarette convenzionali“. Dopo un anno di osservazione, i ricercatori hanno notato che tra i ragazzi che avevano provato solo le sigarette elettroniche e mai quelle convenzionali, il 34% (118 su 343) aveva poi fumato almeno una volta nel corso dell’anno. Numeri che, dunque, dimostrarebbero l’effetto gateway della sigaretta elettronica.
Posto che l’adolescenza è l’eta peggiore dell’esistenza umana, caratterizzata da picchi umorali e da voglia di trasgressione e di esperienze, una teoria dovrebbe prima di tutto essere dimostrata da fatti rilevanti e contestualizzati. Partendo da questo assunto il dato potrebbe dunque anche essere sottostimato e verrebbe da domandarsi come sia possibile che su oltre 3mila ragazzi “soltanto” il 10 per cento abbia provato una sigaretta. E come non tener conto dell’ “effetto accettazione nel gruppo”? Forse occorrerebbe un’altra ricerca che possa spiegare come un adolescente possa resistere alle tentazioni, dando così corso ad una catena di osservazioni e rilevamenti scientifici che si alimenta da sè.
Ad ogni buon conto, è bene ricordare che prima dell'”eccezionale” scoperta di Connor avevano già parlato dell’argomento – smentendolo – anche il National Institute of Health degli Stati Uniti, la Fondazione Umberto Veronesi, il centro di prevenzione e controllo sanitario scozzese. Addirittura Polosa e Siegel intervennero per smentire uno studio fallace e manipolato. Tutto questo senza dimenticare che la teoria del gateway effect ha ricevuto nel 2016 l’ambitissimo Premio Ricerca Spazzatura consegnato dal Consiglio americano di scienza e salute.