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“L’informazione è un diritto, soprattutto se riguarda la salute”

Lynn T. Kozlowski e David T. Sweanor criticano la mancanza di corretta comunicazione scientifica sui prodotti a rischio ridotto (prima fra tutte la sigaretta elettronica) e sulle conseguenze di questo atteggiamento.

di Barbara Mennitti

Non esiste una base etica per fuorviare i consumatori sul rischio relativo dei diversi prodotti di tabacco e con nicotina. I princìpi del consenso informato, l’autonomia personale e i diritti dei consumatori esigono che il pubblico abbia informazioni sufficienti per fare una scelta razionale”. Se non è un j’accuse quello pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Addictive Behaviours da Lynn T. Kozlowski e David T. Sweanor, poco ci manca. L’editoriale dei due accademici, rispettivamente della Scuola di salute pubblica dell’Università di New York e dell’Università di Ottawa, introduce una intera sezione della rivista dedicata alla mancanza di giusta comunicazione scientifica sui prodotti a rischio ridotto (prima fra tutte la sigaretta elettronica) e sulle conseguenze di questo atteggiamento.
Qual è la comunicazione fuorviante secondo Kozlowski e Sweanor? Senza dubbio quella che non evidenzia con chiarezza la grande differenza che esiste fra le sigarette e i prodotti a rischio ridotto. Le istituzioni sanitarie, sottolineano, hanno un obbligo etico non solo di fornire informazioni che permettano ai consumatori di fare scelte informate, ma anche di dare strumenti per utilizzare queste informazioni. È esattamente quello che non accade ogni volta che i risultati di uno studio sulla sigaretta elettronica e gli altri prodotti a rischio ridotto non vengono presentati comparandoli alla sigaretta tradizionale. E quali sono le conseguenze di questo modo di fare? Lo spiega chiaramente Ron Borland in un altro articolo della sezione: “La strategia di minimizzare i rischi relativi finisce per creare proprio quello che si vorrebbe evitare: un maggiore numero di fumatori”.
Bisognerebbe, invece, sottolineare che vi sono grandissime differenze in termini di danni alla salute fra il tabacco combusto e i prodotti a rischio ridotto e “il compito della sanità pubblica – scrivono gli autori – dovrebbe essere di farlo sapere”. Anche perché sono questi pareri che informano le decisioni politiche. “Utilizzando una diversa tassazione per i prodotti a combustione e quelli non a combustione, la scelta più salutare diventerebbe la scelta più probabile”. Purtroppo non accade nulla di tutto questo. Fatta eccezione per la Gran Bretagna, dove le autorità sanitarie sono state eccezionalmente coraggiose nello schierarsi a favore dell’ecig, nel resto del mondo la riduzione del rischio non sembra un tema preso in seria considerazione.
In Italia Ministero della Salute e Istituto superiore di sanità hanno sbrigativamente liquidato l’ecig come metodo “non efficace”, negli Stati Uniti la Food and Drug Administration fa campagne multimilionarie antifumo, “dimenticando – si legge nell’editoriale – di informare il segmento di popolazione più a rischio della enorme differenza di rischio fra i prodotti con combustione e quelli senza”. L’Unione Europea ha imposto ai suoi membri una direttiva che inserisce anche il vaping nei prodotti del tabacco, con l’intento di limitarne fortemente la diffusione. Per non parlare della Organizzazione Mondiale della Sanità, che chiede leggi draconiane contro la sigaretta elettronica e i prodotti a rischio ridotto. Il risultato è, infatti, che dappertutto i prodotti a rischio ridotto alternativi alle sigarette sono vincolati da forti limitazioni, quando non addirittura proibiti.
Il ruolo della comunità scientifica è fondamentale e gli autori sottolineano che dare le giuste informazioni è un primo passo, ma non assolve a tutti gli obblighi verso il pubblico. “Facendo un paragone – spiegano Kozlowski e Sweanor – non tollereremmo politiche che danno informazioni accurate sulla salute sessuale o la sicurezza in auto e poi proibiscono o limitano l’accesso ai profilattici e alle cinture di sicurezza”. Proprio quello che sta succedendo con la sigaretta elettronica. “Continuare a dare informazioni incomplete e fuorvianti ai consumatori di qualsiasi età – concludono gli autori – impedendo loro l’accesso alle alternative a rischio ridotto è inaccettabile”. Lynn Kozlowski e David Sweanor hanno coraggiosamente lanciato un sasso, speriamo che la comunità scientifica risponda.

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