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I fatti della piazza, l’impegno dei politici, le parole delle associazioni

Milletrecento manifestanti, undici pullman. Le cifre della manifestazione segnano un punto a favore del settore. Nonostante la pioggia, piazza di Montecitorio è stata il teatro colorato e vivace dove è andata in scena l'unità - si spera ormai indissolubile - del vaping.

E anche la manifestazione nazionale del 29 novembre è un capitolo chiuso. Che però ha scritto una pagina fondamentale per l’intero comparto. Milletrecento persone hanno manifestato sotto la pioggia il civile dissenso contro la riforma del settore voluta dalla maggioranza di governo. Undici autobus provenienti da tutta la penisola, isole comprese. Tredici testate giornalistiche hanno documentato gli interventi e i momenti di colore che hanno caratterizzato la mattinata di sollevazione. Attirati dal caloroso rumore e incuriositi dal vapore e dagli aromi che si sono sprigionati nell’aria, alcuni deputati e molti giornalisti parlamentari si sono avvicinati per dialogare a tu per tu con i dimostranti.
Al megafono si sono alternate le voci dei diretti interessati, i lavoratori della filiera, che con il progetto in via definizione vederebbero cancellata ogni speranza di futuro. Inni e slogan di supporto sono stati intonati per il leghista Matteo Salvini e la radicale Rita Bernardini. La deputata veronese Alessia Rotta (Pd) ha annunciato la presentazione di un ordine del giorno a cui seguirà un’attenta riformulazione della tassa e delle norme di sopravvivenza per i negozi. Analoga posizione è stata espressa dalla collega Adriana Galgano (Civici Innovatori) mentre il presidente dell’intergruppo Ignazio Abrignani (Ala) ha garantito massima priorità alla questione. Al margine della manifestazione hanno fatto capolino anche i deputati Cinquestelle Laura Castelli e Alessio Villarosa.
Negozianti, produttori, distributori, ma anche consumatori e social influencer. Per una volta uno accanto all’altro senza distinzioni e senza divisioni nè culturali, nè fisiche, nè gerarchiche.
A poche centinaia di metri, mentre i manifestanti stoicamente sotto la pioggia continuavano ad alternare cori e applausi, le delegazioni delle associazioni di settore hanno partecipato ad una riunione organizzata dalla Lega italiana antifumo. In sala, anche le multinazionali del tabacco Imperial, Jti e Bat e un funzionario del Ministero della Salute. Assente la Federazione dei tabaccai. Il deputato Barbanti ha annunciato la presentazione di un ordine del giorno che possa impegnare il governo a rimodulare la normativa di settore in seno al decreto fiscale, mentre il deputato pentastellato Cariello ha anticipato la presentazione di un emendamento da dibattere in sede di legge di Bilancio.
Il day after è sempre tempo di bilanci. Si deve ragionare alla luce dei numeri e dei fatti. E allora: potevano esserci più persone in piazza? Certamente. Ma guardando al passato anche molte di meno. In un giorno infrasettimanale, nonostante le pessime condizioni meteo, oltre un migliaio di persone hanno avuto il desiderio di esprimere il proprio dissenso. Cosa non comune in un Paese che ormai sembra addormentato e i cui cittadini spesso si adagiano – e trovano giustificazione – sulla propria condizione di inerme passività.
A cosa è servito l’incontro promosso dalla Liaf? A fare rete, a far sedere uno accanto all’altro gli attori del comparto, siano essi aziende e associazioni del vaping, siano essi aziende o distributori del tabacco. Peccato che, nonostante l’invito, all’incontro non abbiano presenziato nè personalità politiche del governo nè rappresentanti della Federazione dei tabaccai, ovvero i decisori plenipotenziari, coloro cioè che avranno voce in capitolo sul futuro del vaping.
Quale il bilancio dagli interventi dei politici in piazza? Certamente la presenza di esponenti ad alto impatto mediatico ha consentito di veicolare sugli organi di stampa il messaggio della manifestazione. Ma adesso occorrono fatti. Convinti e incisivi. Un ordine del giorno che impegna il governo a riscrivere le norme, a tre mesi dalla fine della legislatura, serve soprattutto a tenere accesa la fiammella della speranza e tenere vivo il dibattito.
Quando le persone vedono messo a repentaglio il loro futuro si attaccano ad un qualunque barlume di speranza, seguono qualsiasi flebile raggio di luce, inseguono e danno credito a qualsivoglia voce o persona faccia anche solo finta di sapere o potere. La manifestazione ha riacceso la speranza, ha ridato voce e dignità a lavoratori che sino ad oggi sono spesso stati considerati semplici numeri, unità da inserire in una statistica annuale. Quando la rabbia acceca, la disperazione urla. La piazza, ieri, ha parlato. E lo fatto con dignità, speranza e convinzione. In un unico, solo e disperato appello: “Vogliamo solo lavorare!”.

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