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Proposte Coiv: tassa da un euro, online con DF e tutela della distribuzione

Il raggruppamento che riunisce i medi produttori e distributori ha messo sul tavolo tre ipotesi di confronto con le istituzioni. Si attende ora la reazione delle altre associazioni che, se d'accordo, potranno portare avanti le stesse istanze.

Tre sono le linee d’azione su cui concentrarsi in questa fase concitata emerse dalla lunga assemblea generale della Coalizione operatori italiani del vaping (Coiv) che si è svolta a Roma. Secondo Coiv i punti da affrontare con maggiore urgenza sono tassazione, vendite online e distribuzione. Sul primo punto dopo aver sottolineato l’insostenibilità per tutta la filiera “dal produttore al dettagliante al consumatore” di un’imposta di consumo pari a 0,393 euro per millilitro di liquido con o senza nicotina e aver auspicato una tassa parametrata al contenuto di nicotina, gli operatori mettono sul tavolo una loro proposta. “Una possibile alternativa – si legge nel documento – potrebbe essere quella di parametrare l’imposta di consumo prevista dall’odierna legislazione in misura pari al 12,5 per cento   dell’accisa   gravante   sull’equivalente quantitativo di sigarette (ovvero circa € 0,1 per millilitro di liquido) e aumentando tale percentuale qualora alle verifiche semestrali il gettito non corrispondesse alle aspettative di cassa”. Dunque si propone un accordo con l’erario garantendo allo stesso di poter verificare ogni sei mesi se le aziende si stanno attenendo ad esso. Questo, oltre ad essere sostenibile per la filiera, servirebbe a dimostrare al fisco che non si sta cercando di eludere l’imposizione fiscale e, anzi, ci si impegna ad assicurare alle casse statali un introito certo, a fronte di uno incerto proveniente da una tassa che in pochi potrebbero davvero pagare.
Coiv si schiera anche in difesa degli operatori online italiani. Per salvaguardare la loro possibilità di continuare a vendere ai consumatori, si propone “l’obbligo di apertura di deposito autorizzato anche per tale canale di vendita”. In questo modo si eviterebbe un antistorico “passo indietro tecnologico” e, soprattutto si garantirebbe la sopravvivenza di “un comparto – si spiega nel comunicato – che opera in maniera regolare ed estremamente trasparente, lasciando senza lavoro migliaia di famiglie in nome di un principio di sicurezza che invece andrebbe applicato, come già previsto dalla normativa vigente, ai siti esteri che operano in Italia in assenza di qualunque autorizzazione e di controlli da parte delle Autorità competenti”.
Ultimo punto da affrontare con urgenza è secondo Coiv quello della distribuzione. In base all’attuale Disegno di legge di conversione del Decreto fiscale spetterà all’Agenzia delle Dogane e Monopoli stabilire modalità e requisiti “per l’autorizzazione e l’approvvigionamento dei prodotti con nicotina” che dovranno seguire “gli esercizi di vicinato ad attività prevalente nella vendita dei prodotti con nicotina già attivi prima della data di entrata in vigore della presente disposizione”. Una locuzione preoccupante che evoca lo spettro dei tabaccai. Per questo Coiv chiede di avviare in tempi brevissimi un confronto con Aams per presentare tre istanze. Che sono: “Stabilire criteri sostenibili per il mantenimento dell’attività per in negozi già operanti sul mercato; concedere ad ogni negozio specializzato una licenza autonoma e del tutto indipendente da quelle degli altri esercizi di vicinato (es. tabaccherie); evitare una regolamentazione per l’approvvigionamento dannosa per tutti gli operatori della filiera”.
In questo modo la Coalizione degli operatori italiani del vaping mette le sue carte sul tavolo e i suoi obiettivi nero su bianco, invitando tutte le realtà esistenti ad un confronto “per verificare i differenti punti di vista e conseguire quanto più congiuntamente gli scopi sopra riportati” e sottolineando di avere come obiettivo la tutela di tutti gli operatori del settore.

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