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Il paradosso delle e-cig: in Italia la scienza non conta nulla

Le decisioni di governo e Consulta non tengono in alcun conto quanto sostenuto dalla comunità scientifica e, ad esempio, applicato nel Regno Unito. La sigaretta elettronica, secondo la Corte costituzionale, non è uno strumento di riduzione del danno.

Si chiama strumento di riduzione del danno. Lo dice la scienza.
Eppure l’Italia riesce a ribaltare il punto di vista e sferrare contro la sigaretta elettronica un attacco coordinato senza precedenti. Corte Costituzionale e governo hanno – scientemente, permetteteci – strozzato un settore che in pochi anni stava dando risultati certi e credibili in ottica di sanità pubblica.
La Corte Costituzionale è fatta da uomini che in quanto tali sono fallibili. E le motivazioni scritte in sentenza lo dimostrano. Non tanto per i contenuti giuridici, che non abbiamo mezzi nè competenze per confutare, ma sulle basi scientifiche e fattuali che sono state utilizzate per scrivere la sentenza. I giudici della Corte hanno definito la sigaretta elettronica uno strumento che introduce al fumo. Una falsità confutata dalla scienza. La sigaretta elettronica è definita, al contrario, uno strumento di riduzione del danno. La ricerca scientifica dimostra che è del 95 per cento meno dannosa della sigaretta tradizionale. Non a caso, il sistema sanitario del Regno Unito la consiglia ai fumatori che vogliono abbandonare la dipendenza dal tabacco. Stiamo parlando di una delle più evolute democrazie occidentali, il Regno Unito. Non lo Zimbabwe o la Corea del Nord, Paesi che invece tanto piacciono all’Organizzazione mondiale della sanità che li eleva addirittura ad esempi da seguire per il resto del mondo.
Se a questa interpretazione abbiniamo il colpo di spugna da parte del governo italiano nei confronti dell’hardware e dei liquidi che negli ultimi anni hanno consentito l’uitlizzo di livelli bassisimi di nicotina, ecco che il patatrac è servito.
Perché diciamo questo? Perché con la supertassazione dei liquidi senza nicotina e degli aromi, diventaranno costosissimi i sistemi aperti da tiro di polmone. Come sanno tutti gli utilizzatori, sono sistemi che consumano circa 20 millilitri di liquidi al giorno, che  significherebbe dover pagare 10 euro soltanto di tassa, a cui si aggiunge il costo del prodotto. Oltre a cadere, quindi, la forte motivazione del risparmio, per molti svapare sarebbe più costoso che fumare. Rimarrebbero in circolazione soltanto sistemi chiusi o sigarette elettroniche entry-level con coil da 1,5 ohm. Le stesse che non hanno mai abbandonato le vetrine delle tabaccherie e gli shop online delle multinaizonali del tabacco. In sostanza, un passo indietro di almeno tre anni. Il rivenditore specializzato dovrà puntare l’intero suo business nella compravendita di sistemi chiusi, cercando di spiegare al consumatore che quello che si è fatto fino a ieri era tutto sbagliato. Che anche se è riuscito ad arrivare a utilizzare liquidi senza nicotina, ora deve pagare ugualmente la tassa se vuol continuare a svapare a zero.  Che se vuole utilizzare un aroma dovrà altrettanto pagare la tassa. Ma, soprattutto, che deve ricominciare ad usare sigarette elettroniche di vecchia generazione e tornare ad aumentare il livello di nicotina del liquido. Una situazione che, se non coinvolgesse migliaia di lavoratori e milioni di consumatori, si potrebbe definire surreale e ridicola. Invece, proprio per questo, possiamo definirla drammatica.

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