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Regno Unito, la sanità pubblica si affida alla sigaretta elettronica

La Royal Society for Public Health diffonde un video d'informazione per "raggiungere l’obiettivo di una nazione senza fumo".

Il Regno Unito pare davvero deciso a puntare sulla sigaretta elettronica come mezzo per eliminare del tutto il fumo. L’ultimo contributo in questo senso è un video confezionato e diffuso dalla Royal Society for Public Health, una società che si fregia del patronato della Regina. Nella sua forma odierna la RSFPH è nata nel 2008 dalla fusione di due entità molto più antiche, la Royal Society of Health e del Royal Insitute of Public Health, istituite rispettivamente nel 1876 e nel 1856. Dunque la Società reale per la salute pubblica può a buon titolo sostenere di essere la più antica istituzione ad “educare, sostenere e mettere in condizioni le comunità e gli individui di vivere in maniera salutare”. Ed oggi la società ha fra le sue priorità quella di convincere i fumatori a passare al vaping, contribuendo a fare chiarezza fra la tanta disinformazione degli ultimi anni.
Spesso il pubblico ha un’idea errata del vaping – si spiega nell’introduzione del video – e di come possa aiutare i fumatori a smettere. Se vogliamo raggiungere l’obiettivo di una nazione senza fumo, bisogna dare ai fumatori la possibilità di fare la scelta consapevole di passare a una alternativa significativamente meno dannosa del fumo di tabacco”.
Il servizio si apre con i dati generali essenziali sul numero dei fumatori e quello dei vaper, per poi passare alle testimonianze dirette di quest’ultimi. Come il ragazzo affetto da asma che non tossiva continuamente e aveva problemi respiratori, ma non riusciva a smettere di fumare. Finché non ha trovato “la persona giusta in un negozio di sigarette elettroniche” che ha passato un po’ di tempo a spiegargli “esattamente quello di cui aveva bisogno”. Svapare, ricorda il giornalista Peter Griffin, è del 95 per cento meno dannoso del fumo ed oggi l’industria del vaping britannica è la seconda al mondo. Ma allora perché tutti i fumatori non passano alla sigaretta elettronica?
Risponde la professoressa Linda Bauld dell’Università di Stirling. Da un sondaggio condotto nel 2013 risultava che il 7 per cento degli adulti pensava che le sigarette elettroniche fossero più dannose o altrettanto dannose di quelle tradizionali. “L’anno scorso – spiega Bauld – quel dato era salito al 26 per cento e continua a crescere”. La spiegazione di questa errata percezione è da ricercare imputare, continua Bauld, nella confusione degli scienziati di fronte ad uno strumento nuovo e in studi “francamente condotti e interpretati male”.
Martin Dockel, alla guida del dipartimento per il controllo del tabacco di Public Health England, spiega come si è giunti alla valutazione che le sigarette elettroniche riducono il danno del 95 per cento. “L’anno scorso – racconta Dockel – David Nutt ha riunito un panel di esperti di Tobacco control per valutare il rischio relativo dei diversi prodotti contenenti nicotina”. “Abbiamo concluso – continua – che le sigarette elettroniche erano di poco più rischiose delle terapie sostitutive alla nicotina, ma comportavano una frazione di rischio minima rispetto al fumo di tabacco. Un dato poi confermato l’anno scorso dal Royal College of Physicians”.
Interviene anche il presidente dell’associazione di categoria Independent British Vape Trade Association, Fraser Cropper: “Ci si trova davanti a messaggi contrastanti provenienti da interessi costituiti che non sperano nel successo del vaping o dai media che riportano le cose in maniera superficiale o allarmistica”. Per questo Cropper chiede “un messaggio chiaro da parte del governo, dei politici e del Servizio sanitario nazionale che esprima chiaramente il sostegno al vaping”. Il fumo, conclude la professoressa Bauld, costa al Paese 2 miliardi di sterline all’anno e tutto quello che si può fare per ridurre il numero dei fumatori si traduce in un risparmio economico per la comunità. La diffusione della sigaretta elettronica, dunque, non rappresenta solo un vantaggio per gli individui ma per tutta la società.

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