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L’autunno gelido del vaping italiano

Il mensis horribilis inizia il 14 novembre con l’approvazione dell’emendamento Vicari in Senato, passa per la sentenza della Consulta sulla tassa e si chiude il 18 dicembre nella quinta Commissione della Camera. In mezzo la manifestazione di Roma a dimostrazione di un settore mai domo e pronto a continuare a lottare.

(tratto dalla rivista bimestrale Sigmagazine #6 Gennaio-Febbraio 2018)

Il mese più lungo della storia del vaping inizia il 14 novembre, quando la Commissione bilancio del Senato approva un emendamento al Decreto fiscale presentato dalla senatrice Simona Vicari. In un momento in cui in molti settori si va verso la liberalizzazione, il provvedimento, ribattezzato “emendamento Monopolio”, si propone di mettere un intero comparto industriale e commerciale sotto la potestà dello Stato. L’emendamento Vicari prevede, infatti, che per vendere liquidi con nicotina i negozianti debbano richiedere una licenza all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Sotto Monopolio andrebbe anche la distribuzione dei liquidi contenenti nicotina: dunque i negozianti dovranno approvvigionarsi secondo le modalità stabilite dai Monopoli. Il Vicari prende, inoltre, di mira gli shop online: la vendita online dei liquidi con nicotina è semplicemente vietata. Insomma, la sigaretta elettronica viene di fatto nazionalizzata.
Ma è solo l’inizio. Il giorno dopo, mentre l’intero comparto si sta interrogando sul da farsi, arriva un’altra mazzata. In tempi record – l’udienza si era tenuta il 24 ottobre – la Corte Costituzionale pubblica la sua sentenza sulla tassa sui liquidi da inalazione. I giudici della Corte dichiarano inammissibili le questioni sollevate dal Tar e legittima l’imposta stabilita dal DL del 2014 che assoggetta alla medesima imposizione i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti o meno nicotina. Dunque la tassa sui liquidi è di circa 5 euro per 10 ml, a prescindere dal contenuto di nicotina. Produttori e distributori, che fra una sentenza della Corte e l’altra avevano applicato la cosiddetta “tassa light” e consentito all’intero settore di sopravvivere, sono chiamati a pagare il pregresso non versato, compreso quello sui liquidi a zero. Nella serata dello stesso giorno, il 15 novembre, anche Aams batte un colpo, pubblicando una circolare che annuncia la chiusura dei siti web che vendono o pubblicizzano liquidi con nicotina in difetto con la legge di recepimento della Tpd.
Il 16 novembre in Senato Simona Vicari difende il suo emendamento con veemenza degna di miglior scopo, descrivendo il settore come una giungla dove vengono venduti prodotti senza alcun controllo sanitario e definendo i produttori autori “di una autentica truffa ai danni delle tasche degli italiani”. Il giorno stesso il Decreto fiscale viene approvato con il voto di fiducia in Senato. Il 30 novembre avverrà lo stesso alla Camera. Quello che era l’emendamento Vicari, diventa l’articolo 19 quinquies del Decreto fiscale e le speranze di intervento si spostano sulla legge di stabilità.
Fra i due voti, il 29 novembre il mondo del vaping scende in piazza a Roma. Sotto un cielo plumbeo e una pioggia battente, circa mille e trecento persone si riversano in piazza Montecitorio, di fronte alla Camera dei deputati, fin dalle prime ore del mattino. È la manifestazione più riuscita della breve ma travagliata storia di questo settore. Undici autobus partono da tutta Italia per raggiungere la capitale, arrivano produttori, negozianti, distributori, giornalisti, influencer e consumatori a inscenare una dimostrazione appassionata e pacifica. Il vaping è lì, di fronte alle istituzioni, a mostrare i suoi volti, le sue storie, i suoi sacrifici e a difendere il suo lavoro. Al megafono intervengono anche politici di diversi schieramenti: Bernardini del Partito Radicale, Rotta del Pd, Abrignani di Ala e Salvini della Lega. Castelli e Villarosa dei 5 Stelle preferiscono fare un giro fra i manifestanti. Per tutti sarà una giornata faticosa, ma anche esaltante e piena di speranza.
Purtroppo questa non è una storia a lieto fine. Il 18 dicembre, in Commissione bilancio della Camera, si scrive l’ultimo atto di questa vicenda. Quello presentato dagli onorevoli Rotta e Boccadutri passa come “l’emendamento salva negozi”, ma la definizione è troppo generosa. I negozianti non dovranno più ottenere da Aams una licenza ma un’autorizzazione e potranno continuare ad approvvigionarsi dai distributori con deposito fiscale. I vantaggi finiscono qua. Si aggrava, invece, la situazione degli online ai quali è preclusa la vendita di tutti i liquidi, anche quelli senza nicotina. Niente si riesce a fare sul fronte fiscale: né per rimodulare una tassa abnorme, né per scontare o rateizzare il pregresso delle aziende che oggi rischiano di essere spazzate via.
Fra le tante amarezze di questo mensis horribilis, una ci rattrista particolarmente: nel dibattito il grande assente è stato il tema della salute. Non una parola da parte delle istituzioni competenti, non un cenno al fatto che su uno strumento di riduzione del danno venga applicata un’imposta insostenibile, non un ripensamento per il dato che da oggi fumare costerà meno che svapare. La salute dei fumatori è stata immolata sull’altare dell’interesse erariale. E questo è davvero difficile da accettare.

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