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È Konstantinos Farsalinos, il cardiologo greco dell’Università di Patrasso riconosciuto come una delle principali autorità scientifiche in materia di vaping, a liquidare velocemente un nuovo studio sulla sigaretta elettronica che, neanche a dirlo, sta facendo il giro sui media. Secondo l’allarme lanciato da un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e pubblicato dalla rivista Environmental Health Perspectives, l’aerosol della sigaretta elettronica conterrebbe metalli tossici in livelli superiori alla soglia di sicurezza. Questi deriverebbero non tanto dai metalli contenuti nei liquidi di ricarica, ma dal riscaldamento delle resistenze.
Bisogna quindi preoccuparsi? Secondo Farsalinos, no. “La “quantità significativa” dei metalli che gli autori hanno segnalato – scrive sul suo profilo Facebook in risposta a chi lo sollecitava sull’argomento – è stata misurata in μg/kg. In realtà sono così basse che per alcuni casi (cromo e piombo) ho calcolato che bisogna svapare più di 100 ml al giorno per superare i limiti della FDA per l’assunzione giornaliera da farmaci da inalazione”. E poi non esita a lanciare una stoccata agli autori dello studio: “Gli autori ancora una volta confondono sé stessi e tutti gli altri usando limiti di sicurezza ambientale relativi all’esposizione ad ogni singolo respiro, e li applicano a vaping. Tuttavia, gli umani fanno più di 17mila respiri al giorno e solo 400-600 inalazioni al giorno da una sigaretta elettronica”. In effetti gli stessi ricercatori scrivono nelle conclusioni dello studio che sono necessarie ulteriori ricerche per capire se quanto da loro riscontrato ha degli effetti sulla salute umana e quali. Peccato, però, che nel frattempo sia partita l’ennesima campagna contro il vaping.