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L’ultima parola di Fico: emendamento sigarette elettroniche inammissibile

Nonostante le apparenze, il settore del vaping non esce sconfitto. Per la prima volta non si è dovuto difendere ma è stato protagonista dell'attacco. Occorre ripartire da tutto quello che di buono è stato costruito in queste settimane.

Il presidente della Camera Roberto Fico ha dichiarato inammissibile l’emendamento no-tax e web libero sulle sigarette elettroniche. Per non ammettere le decine di emendamenti di Forza Italia e del Pd, ha preferito stralciare il testo sulla sigaretta elettronica. Punto, a capo.
Ora si apre un nuovo capitolo che necessariamente deve tenere tutto quanto di buono è avvenuto in questi giorni. A cominciare dalla volontà politica di Lega e Cinquestelle dimostrata nella firma congiunta di tutti i parlamentari presenti nelle Commissioni Lavoro e Finanze. Se l’iter dell’emendamento si è interrotto sul nascere è stato per una leggerezza procedurale: il provvedimento non era direttamente legato alle norme oggetto del Decreto Lavoro. Nessun complotto, solo rigorosa applicazione del regolamento della Camera dei Deputati in occasione di conversione in legge di decreti d’urgenza. Al Senato, ad esempio, le maglie sono più larghe. Probabilmente un emendamento analogo sarebbe stato ammesso alla votazione.
Non importa. Se c’è la volontà politica, e torniamo a ripetere che è stato dimostrato che esiste, il mercato delle sigarette elettroniche potrebbe essere liberalizzato già da domani. Può essere un decreto della presidenza del Consiglio, può essere una iniziativa parlamentare, può essere un emendamento in una legge ordinaria, può essere un emendamento in fase di discussione al Senato dello stesso decreto Dignità. Ci sono ancora mille strade e mille possibilità Non occorre però disperare. Per la prima volta il risultato non è mai stato così vicino e, soprattutto, per la prima volta sono stati gli altri a doversi difendere. Si è dovuta difendere la Fit con comunicati stampa dei suoi vertici e appoggiando posizioni di singoli parlamentari dell’ex maggioranza. E si sono dovuti difendere i partiti che fino allo scorso anno guidavano il Paese, protagonisti – e complici – dell’assoggettamento del vaping ai Monopoli di Stato.
Questa volta le multinazionali non hanno concorso e non hanno remato contro. Il testo prevedeva una riduzione delle imposte anche per loro e il loro prodotto del futuro: i riscaldatori di tabacco. Gli unici che avevano qualcosa da perdere erano proprio e solo i tabaccai. E sono stati proprio loro a giocarsi il tutto per tutto, anche con un battage mediatico che, non solo ha trovato spazio sulle testate nazionali generaliste, ma poi è stato copiato anche da vari blog presenti sul web contribuendo a diffonderne il Verbo. D’altronde, non importa capire, l’importante è copiare.
Ora, si può dire tutto, ma continuare con la solita tiritera addotta dal presidente della Fit, Giovanni Risso, secondo cui i tabaccai sono baluardo a garanzia della salute pubblica francamente non si può sentire. Ci può stare la tutela dei propri associati, il business delle varie società controllate, la salvaguardia di una attività comunque destinata a sparire, l’arroccamento nei confronti di un protezionismo antistorico. Tutto potrebbero dire. Eppure basano la loro arringa di difesa sull’unico aspetto che invece farebbero bene a tacere: la difesa della salute.
Da domani si ricomincia con una consapevolezza in più. Il primo tentativo non è andato a buon fine ma anche la seconda partita sarà giocata tutta all’attacco. E non sarà più il vaping a doversi difendere.

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