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La sigaretta elettronica non ha tabacco: serve un nuovo modello di ricerca

Su Nicotine & Tobacco Research tre scienziati americani sostengono che la ricerca sull'ecig è viziata dalla riproposizione di metodi e modelli mutuati dal fumo.

Più cerchiamo di capire e misurare le sigarette elettroniche come equivalenti a quelle di tabacco, più aumentano le probabilità che la ricerca giunga a conclusioni sbagliate su questi strumenti”. A scriverlo sulla rivista scientifica Nicotine & Tobacco Research sono tre scienziati americani, Matthew Olonoff e Brian Hitsman del Dipartimento di medicina preventiva della Northwestern University di Chicago e Raymond Niaura del College of Global Public Health dell’Università di New York. Negli ultimi decenni, spiegano, il numero dei fumatori è costantemente calato, mentre aumenta quello di chi utilizza i device elettronici, insieme agli investimenti dell’industria su questo settore. E anche la ricerca si è spostata massicciamente sul vaping, rimanendo però vittima – sempre secondo Olonoff e gli altri – di un errore di fondo: quello di concettualizzare le ecigarette come simili alle sigarette per gli usi e gli effetti.
Pensare alle sigarette elettroniche come ampiamente paragonabili e quelle tradizionali, però – argomentano gli autori– impedisce di cogliere le capacità uniche di questi strumenti, le esperienze degli utilizzatori e gli effetti sulla dipendenza da nicotina e persino sulla salute”. Insomma, ricerche e studi sul vaping sarebbero fatalmente viziati dalla ripetizione di schemi, metodologie e modelli applicati al fumo. “Presumere che chi svapa – si legge sulla rivista – usi il suo strumento come la sigaretta per ottenere dosi di nicotina paragonabili in grandezza e porre domande sull’uso modellate sul comportamento dei fumatori (numero dei tiri, durata, numero di sigarette quotidiane)”, fa giungere a risultati errati. Secondo gli autori, la scienza dovrebbe invece comprendere l’unicità della sigaretta elettronica, smettere di paragonarla al fumo e trovare nuovi modelli teorici e misurazioni comportamentali specifiche, in modo da riuscire a condurre un tipo di ricerca innovativa sul tema.
E si tratta, purtroppo, di un problema che non si limita alla scienza. Da sempre la sigaretta elettronica è rimasta vittima del suo nome, che ne ha decretato insieme il successo commerciale, il sospetto nella comunità scientifica e l’accanimento del legislatore. Ne abbiamo un esempio lampante in Italia, dove le misure fiscali sono state mutuate direttamente dal mondo del tabacco e ha assoggettato i liquidi da inalazione ad una tassa monstre, grazie a un sistema di equivalenze con le sigarette tradizionali, che ha dato risultati inverosimili per chiunque sappia di cosa si sta parlando. L’ultimo, sconfortante dimostrazione è di ieri, quando durante la conferenza stampa di presentazione del Cop8 Anne Bucher, direttore generale Salute e sicurezza alimentare della Commissione europea, ha candidamente ammesso che le sigarette elettroniche sono tabacco. “Anche se non contengono tabacco?” ha incalzato il giornalista. “”, ha risposto ostinatamente Bucher.
La presa di posizione di Olonoff, Hitsaman e Niaura apre però una speranza. Perché se la scienza comincerà a mettere in dubbio l’assimilazione del vaping al fumo, la politica sarà necessariamente costretta a seguirla. Prima o poi.

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