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I liquidi senza nicotina e gli aromi non rientrano nella Tpd. Possono dunque liberamente circolare all’interno dell’Unione europea. Ma l’Italia, avendo sottoposto a monopolio tutti i liquidi da inalazione, avrebbe dovuto comunicare all’istituzione europea di aver inserito una ulteriore restrizione così da poter tenere informati tutti gli altri Stati membri. Contravvendo a questa norma, l’Italia non avrebbe ottemperato a quanto disposto dalla Direttiva 1535 del 2015 che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione. A fare chiarezza sulla questione che da almeno due anni tiene banco a livello istituzionale, interviene direttamente Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e sicurezza alimentare. Lo ha spiegato rispondendo all’interrogazione presentata da Lorenzo Fontana, già eurodeputato della Lega, attualmente Ministro alla famiglia del governo Conte. “L’articolo 20 della direttiva sui prodotti del tabacco – si legge nella risposta – ha introdotto per la prima volta norme di sicurezza e qualità a livello dell’UE per le sigarette elettroniche ed i contenitori di liquido di ricarica. L’articolo stabilisce inoltre i requisiti per il liquido contenente nicotina, tra cui il divieto di utilizzare determinati additivi. La direttiva non armonizza tuttavia tutti gli aspetti delle sigarette elettroniche o dei contenitori di liquido di ricarica, tra cui gli aromi e la composizione dei liquidi di ricarica esenti da nicotina“. Il commissario Andriukaitis si sofferma poi sulla possibilità di vendere online i prodotti del vaping. Anche in questo caso, pur ricordando che la Tpd vieta espressamente la vendita transfrontaliera, aggiunge che gli Stati membri sono autorizzati “a vietare tali pratiche in relazione alle sigarette elettroniche e ai contenitori di liquido di ricarica“. In sostanza, anche se l’Unione non aveva previsto il divieto totale, l’Italia ha potuto applicarlo di sua libera iniziativa. Dimenticando, però, come aggiunto sempre da Andriukaitis in risposta all’interrogazione di Fontana, di presentare “una notifica di progetti di misure che limitano la libera circolazione dei liquidi di ricarica per le sigarette elettroniche a norma della direttiva (UE) 2015/1535“. E non avendolo fatto, ne vìola dunque le prescrizioni. Accadrà qualcosa? Sicuramente no, tutto rimarrà identico. Ma rafforza ancora di più che le politiche autarchiche e proibizionistiche italiane in materia di vaping non stanno funzionando né in seno all’opinione pubblica tantomeno in ottica di prevenzione contro il tabagismo.