L'attualità quotidiana sulla sigaretta elettronica

Nicotina, tabacco e sigarette elettroniche: miti, dubbi e qualche certezza

Macchinari inefficienti, dati inattendibili, standard non univoci. Perché è così difficile il paragone fra ecig e tabacco.

Torniamo sulla “vexata quaestio” relativa al contenuto di nicotina delle sigarette al tabacco, unitamente ad un raffronto con la nicotina presente nei liquidi e-cig. Iniziamo da quanto dichiarato dai produttori di tabacco. Per prima cosa occorre dire che non esiste una normativa di riferimento che permetta di costruire delle macchine da aspirazione che simulino la “tirata” umana in modo definito e replicabile. Tutti i tentativi fatti in passato per imporre una regolamentazione univoca per le macchine da aspirazione delle sigarette sono falliti miseramente. Oggi non esistono standard adatti a certificare univocamente le prestazioni di queste macchine. Al tempo in cui era ancora permesso pubblicare i dati relativi alle sostanze pericolose sui pacchetti di sigarette ogni produttore si auto-costruiva le macchine da aspirazione. In pratica i produttori di sigarette erano i certificatori di loro stessi. È di tutta evidenza, quindi, che i dati pubblicati sui pacchetti di sigarette non fossero assolutamente attendibili.
Peggio. Questi dati erano persino fuorvianti, perché non era specificato correttamente se le quantità indicate erano relative ad una sigaretta o a tutto il pacchetto. In realtà i dati pubblicati erano relativi ad “una” sigaretta. Le lobby del tabacco hanno lavorato benissimo per fare in modo di avere la massima libertà e autonomia sia sugli esami delle sostanze tossiche sia sui dati da pubblicare. Sui pacchetti di sigarette abbiamo visto apparire di tutto, con terminologie spesso oscure. Tra tutti i termini più controversi apparsi sui pacchetti di sigarette, il termine “condensato” è quello maggiormente privo di significato, perché non descrive l’esatta composizione del materiale residuale, il “condensato” appunto.
Ad esempio, nonostante la pessima (e pericolosa) abitudine di usare sciroppo di glucosio nella concia del tabacco, non veniva indicata la percentuale di aldeidi (acetaldeide e formaldeide, tra le sostanze più cancerogene che esistano) derivate dalla combustione del glucosio che restano nel “condensato”. La quantità di nicotina, poi, era e resta del tutto teorica, perché – ancora una volta – non fa riferimento ad una specifica norma di accertamento ma ad un contenuto teorico, misurato “a spanne” in quel materiale residuo nel filtro della macchina da aspirazione.
Un altro fattore completamente ed artatamente ignorato è il rapporto tra fumo inalato e fumo esalato. Questo rapporto è fondamentale per capire il livello di danno perché un fumo con materiali che si “attaccano” più volentieri alle pareti delle nostre cavità interne è più dannoso di un fumo che contiene componenti meno adesive. Molti fumatori ricordano un fatto interessante. Il filo di fumo che si alza dalla sigaretta accesa è azzurrino, mentre quello esalato dal fumatore è bianco. La ragione di questa differenza sta nella presenza delle polveri sottili – le famose PM10 – che hanno, appunto, iridescenze azzurre. Quindi è evidente che buona parte delle polveri sottili presenti nel fumo di sigaretta si fermano nel nostro corpo. La differenza, quindi, tra fumo inalato e fumo esalato è non secondaria e andrebbe convenientemente investigata. Ma qui il problema è a monte: se non abbiamo una solida base di misura comparativa tra volume di fumo inalato e quello esalato, come facciamo a valutare la quantità di materiale che resta nei polmoni del fumatore? Quello che possiamo ipotizzare è un semplice valore stimato. Sulla scorta di questo ragionamento viene da domandarsi come sia possibile affermare che quella indicata sui pacchetti fosse davvero la quantità di nicotina che noi assumiamo quando inaliamo il fumo di sigaretta.
Non dico a priori che questi numeri fossero “farlocchi”, ma sarebbe meglio poter vedere la documentazione tecnica che funge da normativa di riferimento, alla quale gli enti che forniscono questi numeri si appoggiano. O, nel caso di Aams, quali siano le metodologie con le quali essa “certifica” le quantità di nicotina dichiarate dai produttori. Perché Aams, quando ripubblica quei dati, si assume la responsabilità di affermare che siano corretti. Ma corretti in base a cosa? In base a quali metodologie? Quali normative? Ad esempio è ipotizzabile che il laboratorio Aams abbia condotto esami di tipo gas-cromatografico o mediante lo spettrometro di massa. Quale è il tipo di preparazione dei campioni usati in questi esami? Macerazione del tabacco? In quale soluzione? Quale è la metodologia seguita? Esistono rapporti di laboratorio o documenti di certificazione che confermano i dati sulla nicotina dichiarati dai produttori? Ecco, da cittadini noi dovremmo pretendere questi dati, questi rapporti, questi certificati.
In passato alcuni laboratori indipendenti avevano valutato che, rispetto al quantitativo indicato sui pacchetti di sigarette, le quantità riscontrate sia di nicotina che di altri materiali tossici erano dalle 4 alle 6 volte superiori a quanto indicato sui pacchetti di sigarette. Nessuno ha mai potuto assistere ai test in laboratorio effettuati dai produttori di tabacco e nessuno ha mai potuto analizzare, in modo autonomo, quei risultati alla luce della ripetizione dei test in ambiente neutrale, ovvero presso laboratori non implicati in alcun modo in rapporti con i produttori di tabacco. La ripetitività di un test (ovvero la possibilità di avere i medesimi risultati a partire dalle medesime condizioni di base) è il fondamento della scienza. In buona sostanza, non essendo possibile replicare quei test, non è nemmeno possibile dire se i risultati di quei test erano affidabili o fasulli. È quindi lecito sospettare che i dati oggi disponibili siano ancora provenienti dai produttori di tabacco e non da analisi effettuate con esami di laboratorio seri e ripetibili. Per non parlare delle macchine di simulazione respiratoria che, di fatto, non sono mai state progettate e standardizzate.
La Comunità europea è nota per affidarsi a standard consolidati e certificati da enti di portata e autorevolezza mondiale quali, ad esempio, l’organizzazione Iso (International Standard Organization). Mi domando come mai non siano mai stati creati, diffusi e documentati a livello capillare gli standard per la progettazione di macchine da simulazione della respirazione delle sigarette. Questo è un capitolo assai triste dell’azione della Comunità Europea che, ultimamente, invece di agire con tutta la propria influenza per ottenere la creazione di uno standard per la misura delle emissioni e del contenuto del fumo di tabacco, ha abdicato la propria funzione e ha preferito fare rimuovere le scritte dei dati sui materiali tossici dai pacchetti di sigarette con la scusa patetica che quei dati non erano affidabili e, quindi, fuorvianti. Un comportamento quantomeno incomprensibile per un ente che vorrebbe standardizzare anche il raggio di curvatura delle banane… Nel caso del tabacco, invece, non si creano gli standard di misurazione. Un comportamento davvero bizzarro, mi sembra di poter dire. Avanzo un’ipotesi “cattiva”: bravissimi lobbisti del tabacco al lavoro?

L’assunzione della nicotina nelle ecig
Oggi esistono sostanzialmente due tipologie di ecig: quelle per smettere di fumare e quelle ricreative. La prima categoria va sotto il nome di “inalatori per il tiro di guancia” mentre la seconda va sotto il nome di “inalatori per il tiro di polmone”. Il primo si chiama “tiro di guancia” perché nella tirata di sigaretta intervengono principalmente i muscoli della bocca, della faringe e della laringe. Dopo avere riempito il cavo orale il vapore viene re-inalato attraverso una breve azione polmonare che lo sposta nei rami principali (quelli più grandi) dell’albero tracheo-bronchiale. Solo in minima parte il vapore raggiunge gli alveoli. Ciò succede perché il tiro di guancia è caratterizzato da almeno due azioni distinte: quella primaria dei muscoli del cavo orale e delle vie aeree superiori, e quella secondaria, dello spostamento del vapore/fumo inalato dalla bocca all’albero tracheale principale. Queste due azioni non generano un volume di aspirazione sufficiente a riempire totalmente la cavità polmonare.
Nel cosiddetto “tiro di polmone”, invece, tutta la cassa toracica, compreso il diaframma, contribuisce all’azione di inalazione e il vapore raggiunge ogni recesso dell’albero tracheo-bronchiale, arrivando sino ai bronchioli e alla maggior parte degli alveoli. In questo caso, attraverso un’unica azione che, di fatto, è la medesima di quella respiratoria normale, la cassa toracica si gonfia, il diaframma si abbassa e i polmoni si riempiono di vapore. La prima conseguenza è che la quantità di liquido consumato è molto maggiore: dalle tre alle sei volte rispetto al tiro di guancia. La seconda conseguenza è che la quantità di nicotina in entrata nella cavità polmonare potrebbe essere molto superiore a quella che si ottiene normalmente con il “tiro di guancia”: come detto dalle tre alle sei volte.
Dobbiamo considerare, inoltre, alcuni fattori fluidodinamici che caratterizzano il sistema di vaporizzazione. Questi fattori sono così riassumibili:

  1. Tipo di circolazione dell’aria nell’atomizzatore (lunghezza del camino, superficie della camera interna, dimensioni dei fori dell’aria ecc.);
  2. Tipo di build delle coil (tipo di wirinig cioè i fili resistivi; oppure la densità del tessuto delle mesh o delle piastrine vaporizzanti ecc.);
  3. Lunghezza del tiro e del volume di vapore inalato, dipendente dal volume polmonare dell’utente;
  4. Superficie del metallo delle componenti resistive esposta al liquido;
  5. Quantità di energia (i Watt) applicata a quella superficie.
  6. La quantità di energia meccanica sprigionata dall’azione inalatoria, che varia con la potenza muscolare del singolo individuo.

Questi fattori (insieme a molti altri) modificano grandemente la concentrazione del liquido nel vapore emesso e, di conserva, la quantità di nicotina che potrebbe entrare nei polmoni. Di fatto, con atomizzatori polmonari le concentrazioni di nicotina sopra i 3 mg/ml sono del tutto inaccessibili per la maggior parte degli utenti, pena una tosse violenta che fa desistere immediatamente. La nicotina, infatti, è piuttosto irritante e una simile quantità risulterebbe insopportabile per la quasi totalità dei fumatori.

La grande risorsa per smettere con il tabacco: la nicotina
Sugli effetti che la nicotina svolge nel nostro corpo sono stati scritti innumerevoli “tomi”. Io mi limito a riportare quella che è l’esperienza di moltissimi utenti di ecig: nel tempo tuttihanno progressivamente ridotto il consumo di nicotina. La stragrande maggioranza degli svapatori che hanno tenuto duro ha raggiunto (e raggiunge) il livello zero nicotina dopo un periodo che varia tra i sei mesi e i due anni. Dopo un po’ di tempo che si usa un certo livello di nicotina il nostro corpo ci manda dei segnali per dirci che quel livello è eccessivo: si sente un bruciore in gola, il “tiro” viene percepito progressivamente sempre più “forte” sino a diventare fastidioso. A quel punto si riduce il tasso di nicotina: da 9mg/ml si passa a 6, da 6 a 4, dal 4 al 2, da 2 a 1mg/ml o meno fino ad arrivare a zero.
La domanda semplice è: se la nicotina fosse davvero la responsabile dell’assuefazione, come è possibile che gli utenti delle ecig possano ridurla fino ad arrivare a zero? È di tutta evidenza che la nicotina non sia la vera responsabile del comportamento compulsivo – a volte anche gravemente compulsivo – dei tabagisti. Inoltre, fatti quattro conti, vediamo che le quantità di nicotina contenute nei liquidi sono estremamente più basse di quanto contenuto nelle sigarette al tabacco, se teniamo presente le quantità indicate sui pacchetti di sigarette e fatte le debite proporzioni. Se prendiamo il contenuto di una ben nota marca di “bionde” che dichiara 0,80 milligrammi, iniziamo con il moltiplicare questa quantità per 20. Se prendiamo per buoni i dati dichiarati dai produttori troviamo, quindi, 16 milligrammi per pacchetto di sigarette. Ma questo, lo sappiamo, non è il contenuto vero ma il contenuto del residuo di aspirazione delle macchine (autocostruite e prive di standard di riferimento).
Il contenuto vero dovrebbe essere di 4 – 6 volte superiore, come riscontrato in studi indipendenti. È lecito, quindi, aspettarsi un contenuto (inalato) pari ad almeno 16×5 = 80 milligrammi di nicotina per pacchetto di sigarette. I calcoli fatti partendo dal contenuto di nicotina del vegetale del tabacco dicono cose ben diverse. È in letteratura che la percentuale di nicotina presente nel tabacco ammonta, in genere, ad un valore compreso tra il 3,2% ed il 3,5 % del peso del vegetale. Una quantità molto elevata. Inoltre, alcuni tabacchi geneticamente selezionati come il famoso Y1 ne contengono il doppio, ma non si sa se questo tabacco sia ancora commercializzato in Europa. In un pacchetto di sigarette ci sono circa 12-15 grammi di tabacco (fonte Aams). Se moltiplichiamo questo peso per 3% otteniamo 400 milligrammi di nicotina per pacchetto di sigarette, decisamente un valore più credibile dei dati riportati dai produttori di tabacco.
Se facciamo un raffronto con i 180 milligrammi di nicotina contenuti in un flacone di liquido da 10ML a tenore 18mg/ml e, inoltre, se teniamo in considerazione il fatto che in un flacone da 10ml si trovano un numero di “tiri” pari a 5/6 pacchetti di sigarette, vediamo che il contenuto di nicotina che viene inalato con la ecig è infinitamente più basso della nicotina inalata con le sigarette al tabacco. Inoltre dobbiamo sempre tenere presente che un conto è il contenuto vero ed un conto è quello che è il volume “assunto” di nicotina, perché buona parte del vapore se ne va con l’espirazione del vapore stesso che, nelle sigarette elettroniche, è davvero tanto. Ricordo, per dovere di documentazione scientifica, che la nicotina che si assume con il fumo di sigarette è spesso legata ad altre sostanze, perché proviene da un processo di combustione. Nei liquidi per ecig, invece, la nicotina è pura.
Quindi, alla luce di quanto esposto sin qui appare evidente come non ci sia davvero storia: la nicotina presente nei liquidi ecig è pura, più pulita, non legata ad altre sostanze tossiche e in quantità inferiore a quella del tabacco. Essendo pura questa nicotina è molto più “disponibile” per il nostro corpo e, quindi, ne basta molto meno. La nicotina dei liquidi ecig, inoltre, viene progressivamente rifiutata dal nostro corpo fino a farci arrivare a zero, quando ci siamo definitivamente liberati della dipendenza. La “disponibilità” della nicotina è un problema serio che alcune marche di sigarette hanno affrontato aggiungendo ammoniaca al tabacco, per renderla maggiormente disponibile e, quindi, per aumentare la dipendenza. È famoso il film The insider con Al Pacino e Russel Crow, che racconta proprio questa storia.
Quindi sino a quando non disporremo di studi scientifici e di dati scientificamente replicabili sarà il caso di fidarci del nostro istinto che ci dice che introdurre nel nostro corpo sostanze come il catrame, le aldeidi, la paraffina, l’acido cianidrico e il monossido di carbonio è proprio da evitare. Il problema della nicotina è secondario di fronte ai veleni contenuti nelle sigarette al tabacco come l’acido cianidrico, usati per le sentenze capitali in Paesi che, lo ricordiamo, sono i principali produttori di tabacco al mondo. Non lasciamoci ingannare da quello che è proprio letteralmente “fumo negli occhi”.