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L’opposizione ideologica alla sigaretta elettronica si paga in vite umane

Secondo Minton del Cei i professionisti del tobacco control non accettano che uno strumento per smettere di fumare possa essere piacevole.

I puritani anti-ecig mettono a rischio vite umane”. Così si intitola un saggio appena pubblicato da Michelle Minton, senior fellow del think tank americano Competitive Enterprise Institute, che indaga sul perché molti rappresentanti delle istituzioni sanitarie sono contrari alla sigaretta elettronica, arrivando addirittura a fare della consapevole disinformazione sullo strumento e sulla sua potenzialità di ridurre il danno da fumo. Ed è un tema che non si limita agli Stati Uniti. Basti pensare alle posizioni più volte espresse dal commissario per la salute europeo Vytenis Andriukaitis e dal suo staff o dalla direttrice della DG Salute Anne Bucher che mettono sullo stesso piano tabacco e vaping, minimizzando la differente dannosità dei prodotti.

Queste istituzioni, accusa Minton, si comportano in maniera molto simile alle tanto odiate industrie del tabacco, che per anni hanno ingannato il pubblico sui rischi del fumo. “Quando funzionari di salute pubblica – scrive – usano tattiche simili affermando falsità, cioè che le sigarette elettroniche ‘non sono meno dannose’ dei prodotti che bruciano tabacco, succede che meno fumatori passano ad alternative più sicure. Il risultato è che un maggior numero di fumatori morirà”.

L’autrice spiega che la resistenza viene giustificata con la mancanza di prove sufficienti sull’efficacia e la sicurezza dell’ecig o con il timore che il suo uso possa indurre a fumare. “Non importa – commenta Minton – che milioni di utilizzatori affermino che la sigaretta elettronica sia stata l’unica cosa che li ha aiutati a smettere di fumare”. Gli aneddoti personali – come ci è stato spesso ripetuto anche da illustri rappresentanti del nostro Istituto superiore di sanità – non costituiscono una prova scientifica, neanche quando riguardano milioni di persone. “Ma – continua il saggio – esiste un corpo di ricerche scientifiche in continuo aumento che conferma quello che dicono i vaper”.

Allora perché permane questa strenua opposizione? “Una ragione – sostiene Minton – può essere una mentalità puritana contro un prodotto che rende piacevole per i fumatori la cessazione”. E infatti il sottotitolo del saggio in questione recita chiaramente: “Uno strumento per smettere di fumare è piacevole. Ma questo non è un motivo per vietarlo”. Secondo l’autrice, gli esperti di sanità pubblica americani (e non solo, aggiungiamo noi) non sono mai riusciti a capacitarsi del fatto che la dipendenza dalla nicotina non sia l’unico motivo che spinge la gente a fumare. Altrimenti non si spiegherebbe lo scarso successo delle terapie tradizionali a base di nicotina.

Il successo della sigaretta elettronica dimostra, invece, come l’aspetto del piacere ricavato dal gesto e dal gusto sia altrettanto importante. Molti studi, infatti – fra cui quello recentissimo di Peter Hajek – dimostrano come l’uso dell’ecig raddoppi le possibilità di smettere di fumare, e che lo strumento aiuti persino quei fumatori che non avevano nessuna intenzione di abbandonare il tabacco.

D’altronde la sigaretta elettronica ha già aiutato milioni di fumatori a liberarsi dal tabagismo. I dati del Center for Disease Control and Prevention dimostrano come dal 2009 ad oggi negli Usa ci sia stato un crollo dei fumatori sia fra gli adulti che fra i minori. E qual è la causa di questa diminuzione? I funzionari di salute pubblica, commenta Minton, diranno che è grazie ai loro sforzi, alle loro campagne e alle politiche di controllo del tabacco, che peraltro erano già attive da decenni. “Ma non riconoscono – si afferma nel saggio – che la diffusione della sigaretta elettronica ha aiutato molte persone a smettere, nonostante migliaia di vaper lo affermino e studi su studi lo dimostrino”.

Sembra – conclude tristemente l’autrice – che nessuna mole di ricerche scientifiche riuscirà a convincere gli attivisti antifumo che le ecigarette sono un’alternativa accettabile”. E dunque cercano di fomentare il panico nel pubblico e di allontanare i consumatori, fumatori compresi, dal vaping, anche diffondendo informazioni fuorvianti e trattando le alternative a danno ridotto e il fumo allo stesso modo. E questo è un’accusa che Minton rivolge al Cdc, all’Fda e anche all’Organizzazione mondiale di sanità.

Il risultato è che, mentre nel 2012 solo il 12 per cento degli adulti statunitensi riteneva che le ecig fossero ugualmente o più dannose delle sigarette tradizionali, nel 2015 la percentuale era schizzata al 35 per cento e nel 2018 addirittura al 50, con un ulteriore 17 per cento che era incerto sul tema. “In altre parole – conclude l’autrice – grazie all’informazione diffusa dai funzionari di salute pubblica, proprio le persone che trarrebbero maggior beneficio dalla sigaretta elettronica, credono che non ci siano vantaggi nell’adottarla. Il risultato è che meno fumatori passeranno all’ecig e più persone moriranno”.

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