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La sigaretta elettronica può essere pubblicizzata? No, però…

Le possibilità per veicolare il marchio commerciale di una attività legata al vaping esistono e sono molteplici. Pubblichiamo l'approfondimento ospitato sul numero della rivista cartacea attualmente in distribuzione.

(tratto da Sigmagazine #13 marzo-aprile 2019)

La pubblicità di liquidi di ricarica e sigarette elettroniche è vietata. Questo dice la legge. Eppure le possibilità per veicolare il proprio marchio esistono e sono parecchie. Un negozio specializzato non è un prodotto contenente nicotina, quindi non è assoggettato ai limiti previsti dal decreto italiano di recepimento della Direttiva europea sui tabacchi, che parla esplicitamente di nicotina e di prodotti atti al suo consumo. Un negozio di sigarette elettroniche o una azienda può veicolare il proprio messaggio promozionale ovunque, purché non metta in evidenza i prodotti vietati, dunque nicotina e sigarette elettroniche in kit o pronte all’uso.
Ma come può essere efficace una pubblicità in un ambito molto ristretto come quello del vaping? In primo luogo l’imprenditore deve chiedersi cosa vuol mettere in evidenza nel suo messaggio. Non ha senso fotografare e diffondere l’immagine di un singolo prodotto, perché in quel caso il messaggio è indirizzato solo verso quel prodotto specifico. Oltretutto così facendo non si darebbe evidenza alla propria attività ma ad un’azienda terza, produttore o distributore che sia. Perché il messaggio sia funzionale, dovrà invece utilizzare una foto generale del proprio bancone, mostrando la varietà dell’offerta. Una frase incisiva in grado di accompagnare l’immagine sarà il giusto completamento del messaggio promozionale. Pubblicizzare il brand o l’insegna o, meglio ancora la ragione sociale, è un’attività del tutto legittima. Ci sono centinaia di tabaccherie che pubblicizzano i propri servizi come il pagamento delle bollette o la biglietteria per eventi sportivi e musicali è un’attività del tutto lecita. La sanzione entra solo nel momento in cui i tabaccai pubblicizzano le sigarette.
I negozi di sigarette elettroniche però devono fare i conti anche con i singoli regolamenti comunali. Non tutte le amministrazioni consentono l’apertura di punti vendita nei centri storici, ancora più amministrazioni non consentono la pubblicizzazione nelle pensiline pubbliche a bordo strada. Queste sono scelte delle municipalità che devono essere rispettate. Lo stesso vale per i post promozionali sui social o le pubblicità nelle stazioni ferroviarie: le società private che gestiscono le inserzioni hanno la facoltà di non accettare la pubblicità.
Come già accennato, è fondamentale fare attenzione al messaggio che si vuole veicolare e a come lo si fa. Nell’immagine a sinistra, per esempio, è riprodotto un post su Facebook errato sotto tutti gli aspetti: sia dal punto di vista del messaggio (indeterminato e scorretto ortograficamente) che della normativa (prodotti non in linea con la normativa). L’effetto boomerang in questo caso è scontato: quando si scrive o si dice qualcosa pubblicamente occorre sempre essere sicuri di ciò che si sta facendo e aver chiaro in mente che si è sottoposti al giudizio di chiunque. L’immagine a destra, invece, mostra una campagna mediatica efficace: l’iniziativa di alcune associazioni di settore (tra cui anche Coiv nonostante nella foto non si veda il logo) è stata pubblicata su diversi quotidiani nazionali. Il contenuto, pur parlando di sigarette elettroniche e di vaping, non ha preso in considerazione singoli prodotti. In questo caso la liceità della pubblicità è evidente e non può dare adito a controversie.
Sono ammesse anche, per espresso richiamo normativo, le pubblicità di ecig e contenitori di liquidi di ricarica contenenti nicotina sulla stampa (testate giornalistiche registrate, emittenti televisive a circuito chiuso) diretta a professionisti del settore, o su pubblicazioni come cataloghi di settore editi da aziende di distribuzione o periodici informativi diretti ai rivenditori editi da aziende di produzione. Tutto ciò che viene pubblicato su canali alternativi è passibile di sanzione, non soltanto per il proprietario dello strumento di diffuzione ma anche per l’azienda coinvolta.
Secondo l’articolo 21 della legge di recepimento della Tpd, non è ammessa neppure la pubblicità indiretta di sigarette elettroniche e liquidi di ricarica. Questo significa che non è possibile pubblicare in un messaggio commerciale l’immagine di un liquido senza nicotina perché potrebbe avere l’effetto indiretto di promuovere i liquidi contenenti nicotina. “Appaiono al contrario ammesse – in assenza di espresso divieto – le formule promozionali “atipiche”, come il brand stretching e il merchandising, purché, anche in tal caso, non si traducano una indiretta promozione di un prodotto vietato” (cit. Alberto Gava, Sigmagazine n. 3 2017). Tra gli attori della filiera, è dunque il negoziante ad avere maggiori difficoltà di pubblicizzarsi. Ma occorre lavorare di fantasia e creatività. Perché l’ostacolo può essere superato con messaggi rivolti al cliente utilizzando il proprio brand e evidenziando i servizi offerti al pubblico.

 

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