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Da Canapa Sativa Italia un decalogo per commercianti di cannabis light

Dalla tracciabiilità del prodotto, agli stili di vita, passando per il divieto di vendita ai minori e l'associazionismo. Dieci punti per non rischiare "di essere considerati criminali".

Hanno fatto molto discutere le recenti dichiarazioni del Ministro Salvini in merito alla sua volontà di chiudere tutti i negozi che vendono la cannabis light. Dopo un primo momento di sconforto (e di paura per alcuni), analizzando bene la direttiva emanata, si evince che non è contemplata nel testo la chiusura degli shop. Tuttavia, sarebbe da stolti non capire che verranno comunque effettuati controlli “a tappeto”, volti prima a censire e successivamente a reprimerne il commercio, talvolta utilizzando anche metodi subdoli con l’articolo 100 che, di fatto, permette ampia libertà ai questori (prima che inizieranno a fioccare le denunce e le richieste di risarcimento).
Quindi che fare? Cadere nel trabocchetto della paura e rimuovere preventivamente tutti i prodotti dagli scaffali? Certo che no! Solo i criminali temono i controlli e noi non lo siamo! Proprio per questo motivo, noi di Canapa Sativa Italia abbiamo deciso di approntare, con la collaborazione di tutti, un decalogo che ogni negoziante dovrebbe ripetere come un mantra prima di mettere in vendita qualsiasi prodotto contenente cannabis. Del resto, basta ascoltare una qualsiasi delle decine di interviste rilasciate dai Ministri Salvini e Di Maio per capire che si parla di punire unicamente coloro che agiscono nell’illegalità. Ribadito questo concetto e rasserenati dalle dichiarazioni del Ministro Grillo che (citiamo testualmente) dice “non bisogna dare informazioni sbagliate, perchè nei canapa shop non si vende droga”, con un barlume di speranza nel cuore, passiamo dunque ad esporre il nostro decalogo, atto a limitare il più possibile problemi in caso di controlli e a ribadire la nostra assoluta volontà di continuare a  lavorare nell’assoluta legalità e trasparenza.

1 – Parola d’ordine: tracciabilità
È fondamentale poter disporre della tracciabilità totale dei prodotti che abbiamo in negozio, quindi avremo sempre a portata di mano le fatture e tutti i dati relativi ai nostri fornitori. Nello specifico, richiederemo a chiunque voglia venderci qualsiasi prodotto, di fornirci la dichiarazione di semina (con numero di particella indicata), il cartellino delle sementi utilizzate, la fattura di acquisto semi e la dichiarazione di conformità del produttore.

2 – Analisi reali
Dobbiamo avere la certezza di non farci cogliere in fallo con prodotti che abbiano un tasso di THC superiore a quello consentito per legge (come valore massimo consigliamo lo 0,5 fino a quando non si esprimeranno le sezioni riunite della Corte di Cassazione). Per questo motivo, dobbiamo richiedere ai fornitori tutte le analisi dei prodotti acquistati ed averle sempre a portata di mano. Le analisi dovranno ovviamente indicare lo stesso numero di lotto presente sulle confezioni e non dovranno mostrare segni di “manomissione” o alterazione. È possibile chiedere ai laboratori di confermare la veridicità dei dati, segnalando il codice univoco presente su ogni analisi. Consigliamo inoltre di fare controanalisi, per scongiurare la possibilità di campionamenti fatti con leggerezza o manomissioni da parte di produttori o intermediari. Le controanalisi serviranno anche ad isolare (e segnalare) coloro che scrivono valori a dir poco “fantasiosi” sulle etichette, millantando percentuali di cannabinoidi spesso del tutto inventate oltre che ingannevoli e fraudolente verso i consumatori. Come si dice in questi casi: fidarsi è bene…

3 – Niente sfuso
Analizzando i vari sequestri effettuati nei mesi passati, salta subito all’occhio un dato: nella maggioranza dei casi, l’oggetto dei sequestri era prodotto sfuso, magari stoccato in sacchi neri dell’immondizia senza nessun riferimento a produttore, lotto di produzione. Senza alcuna tracciabilità, insomma. Quindi, a meno che non si è in possesso di laboratorio accreditato dalla ASL, evitare il prodotto sfuso come la peste. Non ha senso farsi sequestrare tutto e subire un processo penale, solo per risparmiare qualche centesimo.

4 – Mai dare indicazioni sulle modalità di consumo
Una delle accuse più frequenti mosse dalle forze dell’ordine verso gli esercenti è quella dell’istigazione all’uso. Fino a quando non avremo una destinazione d’uso delle infiorescenze, sarà fondamentale non dare assolutamente indicazioni sul come consumare i prodotti. Buona norma è anche quella di evitare di avere esposti nello stesso scaffale o stessa vetrina, i prodotti insieme agli strumenti atti a consumarli (cartine, bong, vaporizzatori, chilum, pipe).

5 – Solo maggiorenni
Anche se il cliente che abbiamo davanti ci sembra maggiorenne, a meno che non sia evidente la sua maggiore età (lo vediamo arrivare in macchina ad esempio oppure è palesemente adulto), chiedere sempre i documenti prima di vendere qualsiasi cosa. Troppo spesso abbiamo visto “leggerezze” in questo senso, a volte in buonafede, a volte no. Attaccate un bel cartello con scritto divieto assoluto di vendita ai minori di 18 anni e siate voi stessi i primi a rispettarlo. Vale veramente la pena rischiare decine di migliaia di euro di multa e magari chiusure e sospensioni delle licenze per “qualche dollaro in più”?

6 – Mai parlare direttamente dei benefici dei prodotti
Almeno non direttamente. Al massimo elogiare il CBD, elogiare i Paesi dove l’hanno legalizzata e le persone hanno il sacrosanto diritto di migliorare la propria vita e curarsi con i cannabinoidi, ma mai dire, ad esempio, che utilizzando l’olio al CBD passa il mal di schiena, che la tisana di canapa aiuta a dormire o che le infiorescenze vaporizzate aiutano a rilassarsi.

7 – In caso di controlli, mantenere la calma
Nonostante un controllo possa essere visto come una invasione del proprio privato, non dovremmo mai mostrarci nervosi o riluttanti. Questo tipo di atteggiamento, porterà solo ad indispettire gli operatori delle forze dell’ordine. Al contrario, avere un atteggiamento il più collaborativo possibile e rispettare i punti di questa guida, porterà nella maggioranza dei casi, come già dimostrato, ad una apertura da parte delle forze dell’ordine e a concludere la “visita” con una stretta di mano e ricevere i complimenti.

8 – Avere tutta la documentazione del negozio in regola
Questo punto non è strettamente legato alla cannabis, ma è comunque necessario. Avere a portata di mano tutta la documentazione del negozio (ad esempio la Scia, i contratti dei dipendenti, l’agibilità, i permessi). Questo servirà ad evitare di fornire qualsiasi appiglio al solerte operatore di turno.

9 – Mantenere uno stile di vita integerrimo
Non utilizzare o conservare sostanze proibite nel locale, nei pressi dello stesso e non portarle addosso. Mai avere merce illegale (ad esempio prodotto che sfora o non tracciato) nella propria abitazione, nei magazzini, nelle auto o altri mezzi di trasporto di proprietà. Le perquisizioni possono prevedere il controllo di questi luoghi quindi occorre fare attenzione. Un giorno la cannabis probabilmente sarà legalizzata: fino a quel giorno però, l’unico modo per poter gridare che “non siamo criminali” è semplicemente non esserlo. Evitare di avere o promuovere condotte illecite è nostro dovere morale, un atto dovuto anche nel rispetto di tutti coloro che operano nella piena legalità.

10 – Associarsi 
Associarsi ad una associazione di categoria è il miglior modo per essere sempre aggiornati, preparati e tutelati. È inoltre la maniera più efficace per fare “massa critica” e venire ascoltati dalle istituzioni. Un’associazione è il megafono ideale per gridare e rivendicare i nostri diritti!

Stampa questa guida, diffondila tramite social o qualsiasi altro mezzo. Più le persone saranno informate e meno correranno il rischio di sequestri o denunce, dando al settore la credibilità che merita. Aiutaci a diffondere la cannabis culture, facendo informazione e sdoganando il più possibile questa pianta dai mille usi e infinite risorse.