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L’Italia più liberale con il taglio fiscale per la sigaretta elettronica

Nel Nanny State Index 2019 il nostro Paese è in fascia verde. Merito delle nuove politiche sul vaping adottate ad inizio anno.

Ritorna come ogni anno l’appuntamento con il Nanny State Index, la classifica europea degli Stati che applicano misure “paternalistiche” su alcool, fumo, cibo spazzatura e soft drink e sigaretta elettronica stilata da Epicenter (con la collaborazione dell’Istituto Bruno Leoni per la parte italiana) e curata da Christopher Snowdon, a capo del dipartimento Lifestyle Economics del think tank conservatore Institute of Economic Affairs. Per l’Italia la classifica del 2019 reca una buona notizia, perché il nostro Paese è nella fascia verde, al sesto posto quelli in assoluto più liberali.
Merito, secondo il rapporto, soprattutto delle tasse relativamente basse sull’alcool e della quasi totale assenza di limitazioni su cibo e bevande. Ma merito anche della mutata imposizione fiscale sui prodotti del vaping. Infatti, sebbene esaminando le politiche per le sigarette elettroniche, l’Italia scali la classifica e si collochi in fascia gialla – cioè intermedia – ha comunque migliorato di molto la posizione rispetto allo scorso anno e al 2017. Dopo essere stato il primo Paese a introdurre una tassa specifica nel 2014 e aver colpito il settore del vaping con il prelievo fiscale più gravoso di tutta l’Europa, l’Italia ha beneficiato del taglio dell’imposizione deciso dal governo all’inizio di quest’anno. Il nostro rimane uno dei pochi Stati presi in considerazione dalla classifica ad applicare una tassa sui prodotti del vaping – sono 12 su 28 – ma ora, almeno, è la più bassa. Nel rapporto viene ricordata positivamente anche la riammissione delle vendite online, seppure non transfrontaliere e limitate ai depositi fiscali.
Nella classifica generale il Paese più illiberale in assoluto è la Finlandia, seguita da Lituania, Estonia e Regno Unito, così in alto per le politiche restrittive su cibo spazzatura e soft drink, alcool e tabacco. Quello con le politiche meno vincolanti è la Germania, alle cui spalle troviamo la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Austria. Nella classifica specifica per i prodotti del vaping, che utilizza come criteri di valutazione le restrizioni alla vendita, la pubblicità, l’imposizione fiscale e i divieti, le cose cambiano. Al primo posto fra i Paesi più illiberali si trova l’Ungheria, seguita da Finlandia, Grecia e Cipro. Mentre all’ultimo posto troviamo alla pari Regno Unito, Olanda e Germania, con dietro Irlanda, Malta e Repubblica Ceca: sono questi i posti più vaper-friendly dell’Unione Europea. L’Italia, come ricordato, si colloca in 19esima posizione, finalmente più vicina alla coda che alla vetta della classifica.
Naturalmente l’idea che sta alla base di questa classifica, in linea con le idee liberali dello Iea, è che le politiche proibizioniste limitino la libertà di scelta del cittadino e non funzionino. È una visione chiaramente di parte, che si può condividere o meno. Ma, grafici alla mano, Snowdon spiega: “Si potrebbe presumere che i Paesi che adottano politiche paternalistiche abbiano risultati migliori in termini di salute. Non è così. La guerra al divertimento è solo dolore senza vantaggi. I Paesi con leggi più restrittive sul tabacco non hanno tassi di fumatori più bassi, in quelli che normano più pesantemente l’alcool non si beve di meno e quelli che hanno il punteggio più alto nel Nanny State Index in generale non hanno aspettative di vita più lunghe”.

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