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(tratto dalla rivista Sigmagazine #14 maggio-giugno 2019)
“I medici conoscono bene i limiti delle strategie antifumo ad oggi esistenti e pertanto, pur confermando l’obiettivo della cessazione del fumo, sono disponibili ad individuare percorsi e strumenti diversi che prevedano la riduzione del danno da fumo”. A parlare è il dottor Mauro Ruggeri, componente della giunta esecutiva nazionale della Simg, la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie. L’associazione ha come scopo sostenere e valorizzare il ruolo professionale dei medici di medicina generale – quelli che un tempo si chiamavano medici di base – sia a livello nazionale che internazionale e fra le sue attività vi è la promozione di studi e ricerche che consentano ai professionisti di aggiornarsi continuamente. Le aperture di Ruggeri sugli strumenti di riduzione del danno da fumo non sono un fulmine a ciel sereno, ma seguono di qualche mese quelle fatte dal presidente della Simg durante il congresso nazionale della società Claudio Cricelli. Davanti all’assemblea riunita a Firenze, Cricelli attirò l’attenzione su quei fumatori che non riescono o non desiderano smettere di fumare, esprimendo fiducia nella riduzione del rischio e nei “nuovi strumenti”.
D’altronde quella fra i medici, per così dire, “in prima linea” e le istituzioni sanitarie, spesso abbarbicate al principio di massima precauzione, è una frattura che si sta verificando in molti Paesi europei. È accaduto in Germania, dove sono stati i chirurghi cardiovascolari tedeschi a prendere posizione in favore di “alternative che sono provatamente meno dannose del fumo, come le sigarette elettroniche”. La loro posizione rimbalzò sui due principali giornali specialistici del Paese, che criticarono aspramente l’opposizione dell’Oms sulla riduzione del danno da fumo. È accaduto in Francia, dove il quotidiano riservato ai medici ha dato grande risalto ai recenti studi favorevoli al vaping. Ed è successo in Spagna, dove un gruppo di dottori guidati da un chirurgo oncologico ha fondato la Piattaforma per la riduzione del danno da tabagismo con lo scopo di promuovere la i dispositivi elettronici alternativi alla sigaretta tradizionale.
In molte parti d’Europa, cresce la fetta dei professionisti della salute che invoca il modello Gran Bretagna. E in Italia?
Come medici di medicina generale vi relazionate quotidianamente con i pazienti, avete con loro un rapporto diretto e costante. Nella sua esperienza, il fumo rappresenta sempre un’emergenza?
Ogni medico di medicina generale ha in un anno più di 10 mila contatti con i propri assistiti e ogni medico ha mediamente in carico dai 200 ai 400 pazienti fumatori. Si stima che annualmente il medico riveda circa il 70 per cento dei propri pazienti fumatori. Il fumo rappresenta la prima causa evitabile di morte nei Paesi industrializzati ed è quindi da considerarsi emergenza sanitaria e problema di sanità pubblica. Come medici di medicina generale, vediamo ogni giorno una significativa percentuale di pazienti affetti da patologie fumo correlate. Tra queste le principali sono rappresentate da patologie respiratorie, oncologiche e cardiovascolari.
Immagino che lei raccomandi sempre ai suoi pazienti di smettere di fumare. Ci provano? Ci riescono? E quali difficoltà incontrano maggiormente?
Il medico ha l’occasione di parlare di fumo con i propri pazienti ogni 2-3 visite, esistono inoltre evidenze d’efficacia per interventi di breve durata (consiglio breve, counselling) effettuati in particolare dal medico. Abbiamo la possibilità di individuare i fumatori tra i nostri assistiti e di consigliare a tutti la cessazione del fumo. I fumatori generalmente fanno molti tentativi per smettere di fumare proprio per la difficoltà a mantenere il risultato raggiunto. Sappiamo tutti quanto frequenti siano le ricadute. Molto dipende dal grado di dipendenza fisica e psicologica e soprattutto dal grado di motivazione del paziente. Proprio per questo il medico deve fornire al fumatore un intervento personalizzato
Quando si parla di tabagismo, in Italia la riduzione del danno non incontra il favore delle istituzioni sanitarie. Spesso, invece, i medici che si confrontano direttamente col paziente hanno una posizione meno rigida. Come giudica lei la strategia di riduzione del danno applicato al fumo?
Ritengo sia una opportunità da valutare e prendere in considerazione, proprio nell’ambito di un intervento personalizzato per quei pazienti, in particolare, già affetti da patologie tabacco correlate, che continuano nonostante tutto a fumare. Ribadisco comunque, che a mio parere, tale strategia debba sempre essere concordata tra medico e paziente.
Ritiene che i vaporizzatori personali, le cosiddette sigarette elettroniche, potrebbero essere uno strumento utile per aiutare quei fumatori che non vogliono smettere o non ci riescono?
Potrebbero essere uno strumento di aiuto nell’ambito di un percorso di cura. Sono naturalmente necessarie opportune valutazioni.
A parte la Gran Bretagna, dove la spinta è partita dal vertice, in molti Paesi europei i medici si stanno muovendo per chiedere un cambio di passo sugli strumenti di riduzione del danno da fumo. È accaduto per esempio in Germania, Francia e Spagna. In Italia?
I medici conoscono bene i limiti delle strategie antifumo ad oggi esistenti e pertanto, pur confermando l’obiettivo della cessazione del fumo, sono disponibili ad individuare, nei casi dove tale obiettivo non è raggiungibile, percorsi e strumenti diversi che prevedano la riduzione del danno da fumo.
Lo scorso novembre, durante il congresso della Simg, il presidente Claudio Cricelli ha fatto una importante apertura verso i nuovi strumenti di riduzione del danno da fumo. Le sue dichiarazioni hanno avuto un seguito a livello di istituzioni sanitarie e politiche?
Non mi risulta che lo abbiano avuto.
Public Health England ha stimato che assumere nicotina attraverso la vaporizzazione significa abbattere del 95 i danni causati dalla combustione del tabacco. Come valuta questo dato?
Un dato incoraggiante, da confermare con altri studi, che permette di dare valore alla strategia di riduzione del danno da fumo
Ritiene che In Italia la classe medica sia adeguatamente preparata su questi strumenti e sugli eventuali vantaggi per la salute dei fumatori?
Credo sia necessaria una opportuna attività formativa.