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La Convenzione quadro dell’Oms non fa diminuire il consumo di sigarette

Uno studio di esperti canadesi ha stimato che il trattato internazionale adottato nel 2003 non ha avuto alcun impatto a livello globale.

Più volte da queste colonne abbiamo sostenuto che le politiche sanitarie per il controllo del tabacco arrancano. Oggi la conferma arriva da uno studio appena pubblicato sul British Medical Journal, condotto da un team di cinque accademici canadese e coordinato dal professore Steven J Hoffman. Lo studio, intitolato “Impact of the WHO Framework Convention on Tobacco Control on global cigarette consumption: quasi-experimental evaluations using interrupted time series analysis and in-sample forecast event modelling”, ha puntato in alto, sottoponendo ad una doppia valutazione, secondo due diversi modelli, l’impatto della Convenzione quadro sul tobacco control dell’Organizzazione mondiale della sanità sul consumo di sigarette a livello mondiale.
La Convenzione quadro (quella che organizza le Conferenze delle parti di cui ci siamo regolarmente occupati) è un trattato internazionale adottato nel 2003 e ratificato da 181 Paesi, compresa l’Italia, ed è legalmente vincolante. Gli Stati che vi aderiscono, quindi, sono obbligati a tradurre in legge le sue disposizioni. I ricercatori hanno preso in esame 71 Paesi che offrivano stime verificate sul consumo di sigarette dal 1970 al 2015 e che in totale rappresentavano il 95 per cento del consumo mondiale di sigarette e l’85 per cento della popolazione mondiale.
Il risultato a cui sono giunti i ricercatori è piuttosto scoraggiante. Perché, secondo entrambi metodi di valutazione utilizzati, l’adozione della Convenzione quadro non ha indotto alcun cambiamento significativo del tasso di diminuzione del consumo di sigarette a livello globale. I Paesi europei e ad alto reddito, infatti, dopo il 2003 hanno visto una diminuzione del consumo annuale di sigarette, che è però cresciuto in maniera compensativa nei in quelli a basso e medio reddito e in Asia. “Questo studio – concludono gli autori – non ha trovato alcuna evidenza che indichi che i progressi nel ridurre il consumo globale di sigarette siano stati accelerati dal meccanismo del trattato della Convenzione quadro sul consumo di tabacco”.
Lo studio non fornisce risposte sulle cause di questo buco nell’acqua ma, forse per un riflesso condizionato, ipotizza che le Big del Tobacco abbiano spostato le loro attività di pressione dai Paesi ad alto reddito verso quelli asiatici. Una spiegazione non del tutto convincente perché, come fa notare Philippe Poirson sul suo Vapolitique, in Asia (per esempio in Cina, India e Tailandia) le multinazionali occidentali detengono fette di mercato marginali mentre il grosso del settore delle sigarette è in mano ad aziende locali, a volte con lo Stato fra gli azionisti.
La speranza è che questo studio possa servire agli esperti del controllo del tabacco dell’Oms per ripensare le proprie politiche e correggere ove necessario la rotta, dando una possibilità anche a strategie diverse, come per esempio la riduzione del danno da fumo e la promozione dei suoi strumenti.

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