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Stati Uniti, due giovani dell’Alabama portano Juul Labs in tribunale

Le accuse sono ancora una volta di aver adottato marketing mirato ai minori allo scopo di reclutare nuovi fumatori.

Si ripete il copione negli Stati Uniti per Juul Labs, l’azienda produttrice della pod mod più venduta in territorio americano. Dopo i coniugi Erin e Jared Nessmith della Florida  e il procuratore generale dello Stato della North Carolina, sono oggi due giovanissimi dell’Alabama a citare in giudizio non solo la start-up di San Francisco, ma anche Altria Group (che detiene il 35 per cento delle azioni di Juul) e Philip Morris Usa, che fa parte di Altria. Le accuse sono sempre le stesse e cioè quelle di aver adottato le pratiche di marketing utilizzate in passato dall’industria del tabacco, mirando ai giovani “per reclutare nuovi fumatori allo scopo di avere un guadagno economico”. Insomma, l’abbraccio con Altria, secondo quanto si legge, sarebbe stato mortale per Juul. “Ora che Juul dispone delle infrastrutture di Altria – è scritto nelle 38 pagine della citazione – i progressi nella cessazione da nicotina iniziano a venire meno”.
A chiedere il risarcimento sono Elisabeth Ann Swearingen e John Thomas Via Peavy, entrambi diciannovenni. La prima avrebbe iniziato ad utilizzare la pod mod a 18 anni, il secondo a 17. Entrambi sostengono di non aver saputo che le pod contenessero nicotina quando hanno iniziato ad usarle e di non sapere tuttora quanta ne contengano, né che Juul – si legge testualmente nella citazione – “fosse specificamente sviluppata per creare e sostenere una dipendenza da nicotina”. Entrambi dichiarano di essere diventati dipendenti dalla nicotina. La ragazza lamenta “gravi problemi respiratori” che si verificano anche “durante gli atti più semplici”; il ragazzo aggiunge congestione toracica e diminuzione dell’appetito. Entrambi dichiarano di aver inavvertitamente ingerito il liquido delle pod (tutti e due utilizzavano quelle al mango) e chiedono risarcimento per danni che “comprendono l’esposizione a sostanze altamente tossiche, che possono causare o essere concausa di malattie; dipendenza dalla nicotina; danno economico, in quanto non avrebbero acquistato i prodotti Juul se avessero saputo la verità”.
Una lista piuttosto lunga alla quale si cerca di dare forza più avanti nella citazione, menzionando la cosiddetta “epidemia” dell’uso dei prodotti vaping fra i giovani americani e con qualche affermazione un po’ troppo disinvolta. Si legge, per esempio, che “la nicotina stessa è cancerogena” e che “si ritiene che l’uso prolungato dei prodotti del vaping causi la pneumopatia ostruttiva polmonare, proprio come il fumo di sigaretta”. Affermazioni che, più che non trovare riscontro, trovano pesanti smentite in vasta parte della letteratura scientifica. Ma tant’è. Il clima di caccia alle streghe negli Stati Uniti continua a crescere e in questa battaglia si sta aprendo un nuovo fronte, quello dei tribunali. L’azione dei due giovani dell’Alabama si presenta come una potenziale class action ed è, quindi, aperta a chiunque ritenga di essere stato danneggiato. Da parte sua, Juul Labs respinge le accuse, sostenendo di impegnarsi “più di chiunque altro nell’industria per combattere l’uso da parte dei minori”.

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