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La parabola di Gottlieb, dalla Food and Drug Administration a Big Pharma

L'ingresso dell'ex commissario in Pfizer potrebbe gettare un'ombra sul suo operato all'agenzia. Anche in materia di sigarette elettroniche.

Negli Stati Uniti le chiamano revolving doors. Da noi parliamo di porte girevoli per indicare quel poco rassicurante traffico fra l’industria e gli enti preposti a regolarla. Ed è esattamente quello che viene in mente leggendo la notizia – comunicata da lui stesso su Twitter – che Scott Gottlieb è appena entrato nel consiglio di amministrazione di Pfizer inc., la grande multinazionale farmaceutica che fra l’altro produce Champix, il farmaco a base di vareniclina per smettere di fumare. Gottlieb fu nominato commissario della Food and Drug Administration, l’agenzia regolatrice del farmaco, nel maggio del 2017 per dimettersi due anni dopo, spiegando di sentire la mancanza della moglie e dei tre figli. Evidentemente, la vita familiare deve essergli venuta a noia molto presto, convincendolo a saltare sul carro di una delle aziende sulle quali, fino a poco tempo fa, aveva potere decisionale.
Nei suoi due anni alla Fda, Gottlieb – che pure era stato presentato come vicino all’industria del vaping – non è riuscito a sottrarsi alla pressione mediatica, contribuendo attivamente a scatenare un clima di caccia alle streghe feroce verso la sigaretta elettronica. Uno strumento di cui aveva egli stesso esaltato le potenzialità per ridurre drasticamente il danno fra i milioni di fumatori adulti. In base a numeri molto discussi da buona parte della comunità scientifica, l’Fda a guida Gottlieb ha parlato senza remore di “epidemia” (e le parole contano) del vaping fra i giovani, rendendola di fatto una emergenza nazionale e facendo quasi passare in secondo piano il vero nemico: il fumo, le malattie e le morti ad esso correlate.
Di questo clima sono figlie politiche francamente incomprensibili dal punto di vista sanitario. Come la decisione della città di San Francisco di proibire la vendita di sigarette elettroniche, lasciando però disponibili quelle di tabacco, più dannose del 95 per cento. I legislatori californiani sarebbero stati accolti da lanci di pomodori, se la misura non fosse stata preceduta da mesi e mesi di allarmismo e di disinformazione massiccia sui reali rischi del vaping. Mentre invece ora la loro decisione rischia addirittura di essere presa ad esempio.
Ironia della sorte, solo lunedì scorso, l’ex commissario della Fda firmava un commento sul prestigioso Wall Street Journal discettando, ancora una volta, di sigarette elettroniche. Parlando degli onerosissimi requisiti che la Fda ha imposto a chi vuole richiedere l’autorizzazione per immettere sul mercato un prodotto del vaping e che di fatto rischiano di spazzare via tutta l’industria indipendente, Gottlieb propone un’idea all’agenzia. Bisognerebbe creare due percorsi diversi: uno, meno oneroso, per i sistemi aperti a tank utilizzati dagli adulti, lasciando il secondo per le pod mod a cartucce ricaricate “come Juul”.
A parte la distinzione fra le preferenze degli utilizzatori, che pare piuttosto arbitraria; a parte l’accanimento verso una singola azienda, rea di essere leader nel mercato, ci viene un sospetto. Che lo Scott Gottlieb autore dell’articolo sul Wsj sia un omonimo di quello che fino a due mesi fa dirigeva l’Fda. Altrimenti non si capisce perché il commissario non abbia quantomeno impostato, se non proprio realizzato, questa brillante idea quando era a capo dell’agenzia, invece di rischiare la condanna a morte di uno strumento che può aiutare milioni di fumatori.
Ora il suo passaggio a Big Pharma getta una ulteriore ombra sulla parabola di Gottlieb. Naturalmente nessuno vuole insinuare che le sue prese di posizione e decisioni, anche in materia di vaping, fossero in qualche modo influenzate da interessi diversi. Ma non si dice che chi gestisce la cosa pubblica, oltre ad essere trasparente, deve anche apparire tale? Purtroppo l’ingresso dell’ex commissario nel consiglio di amministrazione di Pfizer, a poco più di due mesi dalle dimissioni dalla Fda, non lo fa apparire esattamente trasparente, come dimostrato dalle tante reazioni ostili. E se ce ne preoccupiamo anche in Italia è perché, purtroppo, l’onda lunga delle decisioni della Food and Drug Administration arriva anche da questa parte dell’oceano.

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