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“La sigaretta elettronica è drasticamente meno dannosa del fumo”

L'associazione dei consumatori Anpvu scrive all'Osservatorio fumo, alcool e droga dell'Istituto superiore di sanità.

In occasione del XXI Convegno Nazionale Tabagismo e Servizio Sanitario Nazionale “Tabacco e Salute polmonare” tenutosi a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità lo scorso 31 maggio è emerso un dato certo ed inconfutabile: “I fumatori in Italia sono 12 milioni e tra questi molti sono soggetti affetti da patologie fumo-correlate”. Questo dato ci conduce ad una semplice riflessione: le politiche fiscali e sanitarie per la lotta al tabagismo fin qui predisposte dalle nostre Istituzioni non hanno fatto registrare alcun successo nel ridurre il numero italiano dei tabagisti. Per incidere sui 12 milioni di fumatori che dobbiamo far smettere non è più possibile attendere oltre. Abbiamo già capito che la combustione è il vero problema e allora promuovere e assicurare la possibilità di accedere a prodotti meno dannosi è il nostro preciso dovere. L’associazione nazionale per i vapers uniti (ANPVU), unica in Italia a difendere i consumatori di di e-cig, pone una conseguente e naturale domanda al Ministero della Salute e a tutti gli stakeholders che si occupano di Sanità pubblica in Italia: non vale la pena che, come già si fa in molti stati europei con ottimi risultati,  anche nel nostro Paese ci  si apra ad un più proficuo approccio nei confronti dei vaporizzatori personali?.
Nelle varie relazioni presentate al Convegno, nel confronto tra tossicità dei “vaporizzatori” (che utilizzano un e-liquid) e fumo di sigaretta, il risultato, pur se scontato a favore dei primi in termini di minor rischio e quasi certamente di minor danno, non ha comunque dato l’impressione di una ridotta ostilità, rispetto agli anni scorsi, nei confronti di questo strumento che noi vapers utilizziamo giornalmente e che ben conosciamo in dettaglio.
Siamo fortemente consapevoli che bisogna lavorare ancora molto per rendere il vaping uno strumento ancor più efficace e più sicuro ed è proprio per questo motivo che intendiamo aprire ad un costruttivo e utile dialogo con le Istituzioni Sanitarie italiane. Conosciamo bene il problema dei fumatori duali che è il vero neo del fenomeno vaping, siamo però meno concordi sull’aumentato rischio che correrebbero i giovani vapers nel trasformarsi drasticamente in veri fumatori incalliti.
Siamo fermamente persuasi che in Italia (commetteremmo un grave errore se confondessimo i dati Italiani con quelli americani) il numero dei giovani che si avvicinano, come primo approccio ad una dipendenza da nicotina attraverso il vaping, non sono così tanti, a differenza di quanto viene detto (ricordiamo che esiste già il divieto di vendita ai minori di anni 18). Per rendersene conto invitiamo gli scettici a recarsi, alcuni minuti prima dell’inizio delle lezioni, nei pressi di un qualsiasi liceo e fare una semplice conta tra i giovani che fumano e quelli che invece svapano: resterete sicuramente sorpresi. Difficile credere che i giovani non fumatori possano apprezzare il fastidioso colpo in gola o i giramenti di testa, effetti collaterali della nicotina, inevitabili per chi non ne ha mai assunta. Ricordiamo che all’interno degli e-liquid, la nicotina, oltretutto non necessariamente presente, è l’unica sostanza che dia dipendenza (a differenza delle sigarette che hanno all’interno sostanze in grado addirittura di potenziare tale dipendenza).
Siamo ottimisti, anche alla luce della numerosa letteratura scientifica a supporto e della nostra esperienza diretta, che questo strumento sia efficace e sufficientemente sicuro per ridurre il numero di fumatori, perfino nel nostro Paese e se l’obiettivo fosse quello di arrivare alla totale indipendenza dalla nicotina, possiamo affermare, senza essere smentiti, che il 30% circa dei vapers che non sono fumatori duali avranno buone probabilità (anche nel medio periodo) di azzerare la nicotina contenuta negli eliquids che nebulizzeranno dai loro devices. La forza dei vaporizzatori personali è insita proprio nella possibilità di scalare il quantitativo di nicotina nel tempo, fino ad arrivare alla completa disassuefazione.
Come già anticipato, siamo altrettanto certi che tanto ancora bisognerà fare per rendere il vaping uno strumento più efficace e sicuro, per questo motivo riteniamo che un approccio intelligente e proficuo possa essere proprio quello di confrontarci, in qualità di unica associazione di consumatori vapers italiani, con le istituzioni sanitare allo scopo di promuovere ricerche scientifiche e proporre soluzioni che vadano in questa direzione.
Il vaping è uno strumento assai sensibile alle innovazioni tecnologiche dei propri devices e dei composti consumabili come gli e-liquids e questo comporta un’estrema variabilità anche dei dati di efficacia e tossicità rilevati da uno specifico studio scientifico in quanto direttamente dipendente dal momento storico della ricerca, dal tipo di device, dalla qualità, dalla sicurezza delle materie prime utilizzate dal liquido da svapare e soprattutto dalla temperatura di nebulizzazione utilizzata per la rilevazione dei dati. Gli e-liquids contenenti nicotina in commercio in Italia e in Europa hanno l’obbligo legislativo del rispetto delle norme della TPD europea (direttiva dei prodotti del tabacco) per cui non devono contenere a freddo: aldeide formica, metalli pesanti, aldeide acetica, acroleina, nitrosamine, diacetile, acetyl propionyl (2,3-pentanedione) e molte altre molecole inserite in una nota black list.
D’altro canto occorre dire che in presenza di glicole propilenico, glicerolo vegetale e/o nicotina, e/o aromi che costituiscono la base svapabile di un liquido per vaporizzatori e soprattutto in conseguenza dell’erogazione di una certa quota variabile di energia termica, necessaria per ottenere la nebulizzazione, non possiamo escludere nelle emissioni quantitativi più o meno trascurabili di alcuni composti tossici (soprattutto aldeide formica) conseguenza diretta, verosimilmente della pirolisii dei polialcoli, che in ogni caso, non possiamo paragonare agli oltre 4.000composti tossici (di cui un’ottantina cancerogeni) riscontrati nella combustione derivante dal fumo di sigarette, ma che in ogni caso sarebbe quanto mai auspicabile ridurre ad una percentuale prossima allo zero. Tutto questo, secondo Anpvu è assolutamente possibile, ma occorrerà un’indispensabile e rinnovata apertura istituzionale, nonché una maggiore disponibilità ad affrontare definitivamente il problema con il coinvolgimento di tutti gli stockholders e l’obiettivo di promuovere una seria, indipendente ricerca scientifica mirata soprattutto allo sviluppo di strumenti di vaporizzazione ed e-liquids sempre più sicuri, efficaci e in grado di fornire maggiori garanzie di qualità per i consumatori.È indispensabile procedere ad una giusta qualificazione di liquidi e vaporizzatori per conferire loro finalmente la dignità che meritano: prodotti atti alla diminuzione e/o azzeramento del danno procurato dai prodotti del tabacco combusto per tutti coloro che non riescono a raggiungere in altro modo la cessazione del fumo.
Avere come obiettivo l’eliminazione di ogni dipendenza è certamente nobile ma per ottenere un tale risultato bisogna intervenire su campagne di sensibilizzazione mirate ed efficaci. Ad oggi, le persone pensano che il fumo causi soltanto, in alcuni sfortunati soggetti predisposti, il cancro ai polmoni, la scarsa informazione in merito ai numerosi danni arrecati all’organismo dal fumo combusto non è sufficiente come deterrente. Invece si ostacola lo sviluppo e la conoscenza di un mezzo per la riduzione del danno che è realmente efficace e notoriamente meno dannoso. Le statistiche non saranno mai attendibili finchè i vaporizzatori personali non saranno portati all’attenzione dei fumatori attraverso il dialogo coi propri medici e la pubblicizzazione.