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L’allarme di Giorgetti (Vaporart): “Stop escamotage, potrebbero tassarci anche gli aromi”

Il vicepresidente Anafe dimostra preoccupazione: "Dallo scorso gennaio, nonostante l’enorme abbassamento della tassa, vedo con rammarico che in molti continuano a commercializzare prodotti appositamente progettati per evitare di pagare l’imposta".

Trentadue milioni di millilitri. Ovvero 32 mila litri. Un numero impressionante se si considera che si tratta del quantitativo di liquido venduto e comunicato all’Agenzia delle Dogane e Monopoli da una sola azienda italiana – Vaporart – nei primi cinque mesi dell’anno. Un numero che, proiettato a dicembre, potrebbe raggiungere i 100 milioni di millilitri. “Siamo più che soddisfatti di come il mercato ha reagito all’abbassamento dell’imposta di consumo – commenta Gianluca Giorgetti, presidente Vaporart e vicepresidente Anafe – L’impennata nelle vendite significa che il vero problema era proprio quello della supertassazione. Era inconcepibile dover pagare una imposta superiore di dieci volte il valore del prodotto finito. Dopo anni di problematiche fiscali a seguito della tassa killer di 5 euro ogni 10 millilitri, il nuovo esecutivo ha dato fiducia al nostro settore approvando un condono sugli anni dal 2014 al 2018 e ha abbassato la tassa di quasi dieci volte, portandola a 40 centesimi e 80 centesimi rispettivamente per i liquidi senza e con nicotina”.
E questo è un punto a favore. Però c’è qualcosa che ancora non torna a Giorgetti. E non esita a denunciarlo. “Dallo scorso gennaio, nonostante l’enorme abbassamento della tassa, vedo con rammarico che in molti continuano a commercializzare prodotti appositamente progettati per evitare di pagare l’imposta. Mi riferisco ai cosiddetti ‘liquidi scomposti’ e ai liquidi ‘combinati’. Cioè, soluzioni liquide costituite da diverse componenti che, dopo miscelazione, permettono di ottenere un liquido da inalazione. In questo modo l’imposta viene pagata solo sulla base nicotinica. Se a questo ennesimo escamotage si aggiungono le vendite dall’estero e la prassi degli acquisti in nero, ci si può renedere conto che stiamo facendo una pessima figura agli occhi di quella parte politica che ha creduto in noi, ci ha salvati e ci ha messo nelle condizioni di lavorare e competere”.
Gli aromi non sono soggetti ad imposta, ogni azienda sceglie le strategie commerciali che meglio reputa opportune. Qual è dunque il problema? “C’è un rischio concreto, se non la certezza, che a fronte della situazione sopra descritta, il legislatore possa intervenire a breve sia per normalizzare la situazione dei rappresentanti fiscali di aziende estere, sia per introdurre una tassazione anche sugli aromi che impedirà di fatto l’utilizzo di qualsiasi metodo elusivo, andando di fatto a tassare sia i cosiddetti ‘scomposti’ che gli aromi”. Se questo accadesse, però, ci sarebbe una sollevazione di massa. Come possono essere tassati prodotti non riconducibili al tabacco? “Il legislatore tutto può. Come è accaduto in passato. Sta a noi evitare di farlo sentire con le spalle al muro. Non dobbiamo mai dimenticare che la sigaretta elettronica è prima di tutto uno strumento che serve per far smettere di fumare. Sono sempre di più gli adulti che lo utilizzano per ridurre il rischio e abbandonare il tabacco”.
Al netto delle vendite all’estero, dal 1 gennaio al 31 maggio Vaporart ha comunicato ad Aams circa 32 milioni di ml venduti. Un dato che, trasformato in imposta di consumo, corrisponde a poco più di 2,5 milioni di euro versati nelle casse dello Stato. “Sono numeri importanti – conclude Giorgetti – che dimostrano quanto ancora i tradizionali liquidi da inalazione rispetto alle innovative pod o ai sistemi chiusi trovino il favore del consumatore. Per capire meglio la portata di questi numeri pensiamo che un sistema a cartucce precaricate per una pod contiene circa 0,8 ml di liquido. Se anche noi producessimo e vendessimo sistemi chiusi vorrebbe dire che in cinque mesi avremmo venduto oltre 40 milioni di pezzi”.

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