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Sigarette elettroniche, nel Regno Unito aumentano i vaper cinquantenni

L'esempio britannico dimostra come l'approccio delle istituzioni verso un prodotto possa determinarne l'uso e la diffusione.

Il Regno Unito, lo abbiamo ripetuto più volte, rappresenta un grande laboratorio per chi crede nelle potenzialità del vaping come strumento per ridurre il danno da fumo. In nessun altro Paese al mondo istituzioni sanitarie e politiche hanno abbracciato la sigaretta elettronica, promuovendolo attivamente e scegliendolo come importante alleato nella battaglia al fumo, che la Gran Bretagna conduce su molti fronti e da molti anni, con una serietà e una coerenza invidiabile. E con risultati significativi, visto che le ultime rilevazioni ufficiali vedono ancora un calo del numero dei fumatori e un contemporaneo aumento degli svapatori, che passano dal 3,7 per cento del 2014 al 6,3 del 2018 (mentre erano il 5,5 nel 2017).
Ma i numeri pubblicati da Public Health England offrono anche spunti di riflessione più approfonditi. E la prima cosa che salta all’occhio è l’età dei consumatori di prodotti per il vaping, che dimostra come la sigaretta elettronica sia diffusa e si vada diffondendo sempre più fra le fasce di età medio alte. Il gruppo in cui si registra la percentuale di svapatori è infatti quello dei 35-49 enni, che è solitamente il periodo della vita in cui i problemi legati al fumo iniziano a farsi sentire. Il fiato corto, la difficoltà a fare le scale, la scarsa resistenza son tutti segnali che si presentano in questa fascia di età e spesso sono il primo campanello d’allarme che fa comprendere che bisogna smettere di fumare.
Il secondo dato interessante è che in Gran Bretagna gli utilizzatori di età compresa fra i 50 e i 59 anni, diventano per la prima volta il secondo gruppo di svapatori raggiungendo una percentuale di circa 7,5 per cento e superando, anche se di poco, i 25-34 enni. L’impressione è che l’e-cigarette venga percepita sempre più massicciamente come uno strumento per smettere di fumare e il suo uso infatti cresca proprio fra coloro che hanno maggiore urgenza di farlo. La prova incrociata di questa lettura è fornita dalle motivazioni addotte da chi usa la sigaretta elettronica: il 51,5 per cento dichiara infatti di utilizzarla come aiuto per smettere di fumare e circa il 18 per cento perché la considera meno nociva delle sigarette tradizionali.
Ancora una volta non si rileva alcun problema di vaping giovanile nel Regno Unito, dove la percentuale dei vaper regolari fra i minori che non hanno mai fumato è pari a un trascurabile 0,2 per cento. Sembra che vi sia ben più di un oceano a dividere Gran Bretagna e Stati Uniti quando si parla di sigaretta elettronica. Da una parte, quella europea, abbiamo un approccio sanitario costruttivo che consiglia il vaping come strumento per smettere di fumare. Dall’altra un approccio sempre più proibizionista, che tende ad esagerare i rischi in un clima mediatico che rasenta ormai l’isteria e che sta avendo come risultato quello di mitizzare un prodotto, facendolo apparire trasgressivo. Dalla prima parte svapano gli adulti fumatori o ex fumatori, dalla seconda c’è – per utilizzare le parole dell’Fda – “un’epidemia giovanile”. Ci sono pochi dubbi su quale sia la strada da seguire.

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