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Usa, Juul Labs ancora nella bufera per il marketing su Instagram

Uno studio condotto fra marzo e maggio del 2018 dà l'occasione per chiedere una regolamentazione più severa sui social media.

Non c’è pace per Juul Labs, l’azienda californiana leader del mercato delle sigarette elettroniche statunitense alla quale si imputa la diffusione del vaping fra i minori. Dopo le varie citazioni in tribunale – con accuse che vanno dall’aver minimizzato il rischio di dipendenza dalla nicotina all’aver indirizzato campagne di marketing sui giovanissimi – e dopo che la città di San Francisco ha vietato la vendita di e-cig e dichiara di voler sloggiare il quartier generale di Juul dal Pier 70, arriva uno studio sulla presenza sui social della nota pod mod. La ricerca è stata commissionata da Truth Initiative, l’organizzazione no profit antifumo e, bisogna dirlo, anche ostinatamente anti vaping. Il team di ricercatori, coordinato da Lauren Czaplicki di Truth Initiative, si sono concentrati su Instagram, ricercando i post che richiamavano Juul fra marzo e maggio del 2018.
Qui è bene aggiungere una piccola nota: in seguito all’allarme sulla diffusione del vaping fra i giovani lanciato lo scorso settembre dall’allora commissario della Food and Drug Administration Gottlieb, Juul Labs ha chiuso i suoi profili sia su Instagram che su Facebook. Ma questo è avvenuto nel novembre 2018, cioè sei mesi dopo il periodo preso in esame nella ricerca. E questo si vede anche nei risultati dello studio che hanno registrato 14.838 post riguardanti la pod mod, condivisi da 5.201 utenti diversi. Oltre un terzo di questi era di tipo promozionale (cioè conteneva un link a un sito commerciale) mentre l’11 per cento riportava informazioni su nicotina e pericolo di dipendenza. Circa il 55 per cento di questi post aveva contenuti giudicati rivolti ai giovani o al lifestyle (il 57 per cento).
Naturalmente questi numeri sono serviti per invocare un giro di vite sul marketing delle sigarette elettroniche, in particolare sui social media. il direttore di Truth Initiative, David Dobbins, ha chiesto all’Fda di “impedire ai produttori di e-cigarette di usare le piattaforme social per arrivare ai giovani” e, contemporaneamente, ha chiamato le stesse ad “adottare e far rispettare politiche contro la promozione indirizzata ai giovani adulti di qualsiasi prodotto del tabacco”.
E a poco sembra servire la difesa di Juul Labs che, tramite il suo portavoce Ted Kwong, ha sottolineato che “il 99,999 per cento dei contenuti collegati a Juul su Instgram erano condivisi da parti terze, non affiliate all’azienda”. Con alcune di queste, spiega Kwong, Juul è addirittura in causa per “attività inappropriate e non autorizzate”. L’azienda ha addirittura messo su un team dedicato alla supervisione dei social media, con il compito di chiedere la rimozione proprio di quei contenuti giudicati “problematici” nello studio, spiegando fra l’altro di non aver sponsorizzato influencer per promuovere il suo prodotto nel periodo preso in esame dalla ricerca. Insomma, sembra che l’hashtag Juul ormai viva di vita propria sul web. Il che può essere allo stesso tempo una buona e una pessima notizia per l’azienda californiana.

 

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