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Non vi sono grandi sorprese, rispetto a quanto anticipato due settimane fa, nel Libro Verde pubblicato ieri dal Ministero della salute britannico. Il documento si intitola “Advancing our health: prevention in the 2020’s” e stabilisce le linee guida da seguire in tutte le aree critiche della sanità del Paese. Fra queste un posto importantissimo occupa la lotta al fumo, che le istituzioni portano avanti da anni con determinazione. E forte dei risultati ottenuti fino ad oggi, che hanno portato l’Inghilterra ad avere uno dei più bassi tassi dei fumatori in Europa (seconda solo alla Svezia), il governo si pone per la prima volta una scadenza temporale per raggiungere l’obiettivo zero fumatori.
Sarà infatti il 2030, come già anticipato dagli organi di stampa, l’anno in cui il ministro della salute Matt Hancock prevede di poter depennare il tabacco dalla lista delle emergenze sanitarie del Paese. Un progetto che, nonostante i successi indubbiamente registrati finora nella lotta al tabagismo, rimane ambizioso e richiederà sforzi importanti. Perché se è vero che in Inghilterra la prevalenza dei fumatori è scesa al 14 per cento, è altrettanto vero che questa rimane concentrata nelle aree geografiche e nei gruppi sociali economicamente svantaggiati o fra le persone affette da patologie psichiatriche. Insomma, gettando per un momento alle ortiche il politically correct, si potrebbe dire che il fumo è soprattutto il problema dei poveri e dei malati ed è a loro che deve rivolgersi l’attenzione del governo, se vuole davvero sradicare il tabagismo entro il 2030.
L’obiettivo, si legge nel documento, può essere raggiunto “dando un ultimatum all’industria affinché smetta di produrre prodotti a tabacco combusto entro il 2030 e facendo sì che i fumatori smettano o passino a prodotti a rischio ridotto come le sigarette elettroniche”. Dunque, ancora una volta, il governo britannico mette nero su bianco, senza ipocrisie e perifrasi, la sua intenzione di perseguire una strategia di riduzione del danno, che prevede l’uso dell’e-cigarette. Il governo, spiega il Libro Verde, continuerà a monitorare la sicurezza e l’efficacia delle sigarette elettroniche. Ma chiarisce: “Oggi è disponibile una grande quantità di ricerche scientifiche a sostegno dell’uso dell’e-cigarette come alternativa più sicura al fumo e per aiutare i fumatori a smettere”. Qualche certezza in meno c’è invece sul tabacco riscaldato. “Questi prodotti – si legge nel documento – sono relativamente nuovi sul mercato rispetto alle sigarette elettroniche e la ricerca è agli inizi e condotta prevalentemente dall’industria del tabacco. Le più recenti prove scientifiche affermano che i prodotti a tabacco riscaldato comportano sempre un danno per gli utilizzatori, ma possono essere meno dannosi delle sigarette convenzionali”. E tuttavia, conclude il governo, “le informazioni circa l’impatto sulla salute sono molto limitate e suggeriamo ai fumatori di smettere completamente, piuttosto che passare a questi prodotti”.
Dunque l’alleato della salute pubblica sul fronte della riduzione del danno rimane esclusivamente la sigaretta elettronica. E per affrontare le disuguaglianze sociali di cui parlavamo prima, il documento riporta come caso studio l’esperienza dell’amministrazione della città di Salford e del suo programma “Swap to stop” (cambia per smettere). Qui le autorità locali, le associazioni dell’edilizia popolare, il centro antifumo, le farmacie e i negozi di prodotti del vaping hanno collaborato in un’iniziativa mirata ai residenti delle case popolari e agli altri cittadini delle zone più povere. Ai fumatori veniva offerta gratuitamente una sigaretta elettronica, associata a un sostegno comportamentale. In 10 settimane hanno partecipato più di mille fumatori, il 20 per cento dei quali ha smesso di fumare completamente.
Dunque è Salford l’esempio da seguire per il governo britannico: settore pubblico e privato (con un riconoscimento del ruolo dei negozi specializzati in prodotti del vaping che da noi sembra fantascienza) che operano insieme per la salute pubblica. Rimane ferma ai blocchi di partenza, invece, una misura di cui si parla da oltre un anno e che sembrava potesse essere adottata in questo Green paper, cioè inserire nei pacchetti di sigarette consigli per smettere ed esortazioni a passare al vaping. È una iniziativa che il Ministero della salute ritiene positiva ma è incompatibile con la Tpd, la Direttiva europea dui prodotti del tabacco. Il passo è dunque rimandato fino a che il Paese non lascerà definitivamente l’Unione europea e potrà operare una revisione completa della legislazione sul tabacco.
L’attenzione di tutti i sostenitori della riduzione del danno da fumo si concentra, dunque, ancora di più sulla Gran Bretagna, il vero laboratorio di un nuovo modo di combattere il tabagismo. E se il Paese continuerà a registrare risultati positivi, sarà sempre più difficile ignorarne l’esempio. O, almeno, questa è la speranza.