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Sigarette elettroniche: mentre l’Italia si guarda allo specchio, l’Inghilterra riduce i danni

L'editoriale del numero della rivista bimestrale cartacea Sigmagazine di luglio e agosto da oggi in distribuzione

Il consumo di tabacco è tra le principali cause di mortalità nel mondo e provoca circa 7 milioni di decessi potenzialmente prevenibili ogni anno. Seppure dagli anni Ottanta il consumo quotidiano si è ridotto, il numero dei fumatori è passato nello stesso periodo da 720 milioni ad oltre un miliardo. L’Organizzazione Mondiale di Sanità prevede che il numero complessivo dei decessi correlati al tabacco passerà dai 100 milioni del Ventesimo secolo a un miliardo entro i prossimi cento anni. Però aggiunge: “A meno che non vengano prese misure urgenti”.
È proprio questo il punto. Al di là delle solite parole e previsioni apocalittiche, quanto occorre aspettare affinché i sistemi elettronici di somministrazione di nicotina possano essere riconosciuti come principale alternativa al tabacco combusto? Come ha dimostrato l’istituto di sanità pubblica inglese, eliminare la combustione significa abbattere del 95 per cento le tossicità del fumo di sigaretta. Il vapore della sigaretta elettronica non è aria fresca di montagna – siamo tutti d’accordo – ma ad oggi è il sistema meno pericoloso attraverso cui veicolare l’assunzione di nicotina.
Pensare che possa esistere un mondo senza dipendenze è una utopia, un sogno irrealizzabile che non tiene conto della realtà e delle fragilità umane. E tuttavia, i custodi della sanità pubblica continuano imperterriti a proseguire su una strada già percorsa e che ruota attorno a se stessa senza portare da nessuna parte. Anzi, più il tempo passa, più sono evidenti le falle di tali politiche: in Italia, per esempio, il numero dei fumatori è ai livelli di undici anni fa. D’altronde, ubbidire supinamente ai diktat dell’Oms porta a non avere la lucidità di riflettere sugli errori, fare autocritica e, alla fine, provare strategie differenti. Se le istituzioni sanitarie italiane prendessero come esempio il modello inglese, che già da tempo adotta politiche antifumo indipendenti, probabilmente vedrebbero i primi risultati già fra diciotto mesi.
La comunicazione istituzionale rivolta ai medici inglesi è incentrata sull’espansione dell’utilizzo della sigaretta elettronica. Il mese scorso, solo per citare l’ultimo esempio in ordine di tempo, sono state diffuse le linee guida che i medici devono seguire quando si trovano di fronte pazienti fumatori. È utile ricordarne alcune: i professionisti della salute devono discutere periodicamente del fumo con i pazienti e dovranno essere aperti verso l’uso della sigaretta elettronica; i pazienti dovranno essere informati che le sigarette elettroniche sono giudicate notevolmente meno dannose del fumo e che passare completamente dal tabacco al vaping ridurrà drasticamente i rischi per la salute. Ma soprattutto, i medici devono spingere verso un messaggio preciso: la sigaretta elettronica non rientra nella definizione di fumo e non vi sono prove scientifiche relative a danni da vapore passivo. L’Inghilterra ha puntato su formazione e informazione. L’Italia, purtroppo, per il momento su nessuna delle due, impegnata com’è a guardarsi allo specchio della matrigna di Biancaneve.

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