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Meno fumatori negli Usa grazie alla sigaretta elettronica

Un lungo studio del think tank americano Progressive Policy Institute analizza vantaggi e prospettive del passaggio al vaping su salute ai costi sanitari.

Fra il 2013 e il 2017 negli Stati Uniti la diminuzione del tasso dei fumatori ha subito una drastica accelerazione, passando dal 18 al 14 per cento. E, almeno per il 70 per cento, questo è accaduto grazie alla rapida diffusione della sigaretta elettronica, il cui uso nello stesso periodo è cresciuto dall’1,9 al 2,8 per cento. A squarciare il velo dell’allarmismo del panorama politico e mediatico a stelle e strisce è il Progressive Policy Institute (Ppi) di Washington con un lungo rapporto intitolato “The impact of electronic cigarette on cigarette smoking by Americans and its health and economic implications” e firmato da Robert J Shapiro. Cofondatore del think tank, l’autore ha un curriculum fitto di consulenze con organizzazioni e aziende, di fellowship con università ed è stato consigliere di un lungo elenco di politici di area liberal da una costa all’altra dell’Atlantico fra cui, solo per citarne alcuni, gli ex presidenti americani Bill Clinton e Barak Obama, il primo ministro britannico Tony Blair e il ministro degli esteri David Milliband.
Le cinquanta pagine dello studio partono dalla constatazione che la diminuzione dei fumatori, costante dal 1960, aveva subito un rallentamento nel 2005, per poi accelerare nuovamente con la diffusione della sigaretta elettronica. Il fenomeno, spiega Shapiro, riguarda anche i minori: fra gli studenti di scuola superiore, fra il 2013 e il 2017, i fumatori sono passati dal 12,7 al 7,6 per cento, mentre l’uso dell’e-cigarette cresceva dal 4,5 all’11,7 per cento. “Fra gli adolescenti – si legge nello studio – l’associazione fra diminuzione del fumo e uso dell’e-cig è ancora più evidente”. Traducendo le analisi in numeri, secondo il Ppi nei quattro anni presi in esame hanno smesso di fumare (o diminuito il consumo di sigarette) grazie al vaping 922.301 persone fra i 18 e i 24 anni e 2.922.540 fra i 25 e i 44 anni. Un totale di quasi quattro milioni di fumatori (per l’esattezza 3.844.840) che hanno detto addio al tabacco grazie al vaping.
Il rapporto spazza anche il terreno da alcune leggende dure a morire, come l’effetto gateway. “Le analisi statistiche – spiega – suggeriscono fortemente che le sigarette elettroniche non sono la porta d’ingresso del fumo di sigaretta”. Anzi, continua Shapiro, analisi statistiche e numerosi studi dimostrano che le e-cigarette sono uno strumento efficace per aiutare le persone a smettere di fumare o per evitare che inizino a farlo.
Fedele alla sua vocazione economica, il Ppi calcola anche i costi per la sanità del passaggio dal fumo al vaping di quei quattro milioni di persone, prendendo come criteri di valutazione i costi dell’assistenza sanitaria, l’aspettativa di vita e la diversa incidenza delle malattie che influiscono sull’attività lavorativa di fumatori, ex fumatori, non fumatori e utilizzatori di sigaretta elettronica. Qui il terreno si fa più scivoloso, perché se è vero che l’uso della sigaretta elettronica taglia i la spesa sanitaria rispetto a fumatori ed ex fumatori, i vaper vedono allungarsi le aspettative di vita e dunque avranno bisogno più a lungo di assistenza, con i relativi costi.
La cosa, però, potrebbe essere compensata dalla maggiore produttività dei vaper rispetto ai fumatori, dovuta alla minore incidenza di malattie e al fatto che non prendono “pause sigaretta” durante il lavoro. Robert Shapiro stima che fra il 2017 3 il 2027 “la maggiore produttività dei 922.301 utilizzatori di e-cigarette fra i 18 e i 24 anni sarà pari a 14,7 miliardi di dollari”. Quella dei 2.922.540 vaper fra i 25 e i 44 anni sarà pari a 29, 2 miliardi di dollari.
Il documento, infine, è importante anche per un altro dettaglio non trascurabile: è la prima volta negli Stati Uniti che un think tank di ispirazione democratica prende una posizione favorevole al fumo elettronico, terreno finora lasciato perlopiù agli istituti di area repubblicana. È una novità importante, perché nei Paesi di tradizione anglosassone i think tank hanno un ruolo fondamentale di studio e indirizzo dei parlamentari. Che il Progressive Policy Insitute si sia speso per riportare a dritta la barra dell’isteria anti vaping, potrebbe essere il primo passo verso un atteggiamento meno emotivo e più basato sui fatti dei rappresentanti politici e istituzionali americani.

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