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Sigarette elettroniche, da dove parte la macchina delle bufale?

La cattiva informazione sul vaping ha molti padri e una grande vittima: la salute dei fumatori, che non sceglieranno la riduzione del danno.

Quando la macchina delle bufale si mette in moto, è difficile arrestarla. Lo abbiamo visto in queste ultime settimane con la diffusione a macchia d’olio della notizia della misteriosa malattia polmonare diffusasi negli Stati Uniti e riportata dalla stampa generalista come “legata alle sigarette elettroniche”. In realtà, come abbiamo scritto, a chi si occupa di vaping la notizia era già nota dall’inizio di luglio e già da allora era abbastanza chiaro che la malattia fosse legata al consumo di prodotti illegali contenenti Thc o altro e non all’uso di normali liquidi per la vaporizzazione. Eppure questo non ha impedito che ad agosto, con il decesso della prima vittima, si scatenasse il putiferio mediatico contro la sigaretta elettronica. Buttando alle ortiche anche le più rudimentali regole della professione, quotidiani e Tg blasonati, inebriati in un’orgia di copia-incolla, hanno fatto a gara a chi faceva il titolo più sensazionalistico. L’occasione, a quanto pare, era troppo ghiotta, “la sigaretta elettronica aveva fatto il primo morto”. E pazienza se di questa povera vittima non si sapeva praticamente nulla, nemmeno l’età, figuriamoci le cause del decesso.
Il danno è stato enorme se, ancora oggi che i vertici sanitari americani hanno identificato come causa della malattia le sostanze illegali svapate, facendo una rapida ricerca su google si continuano a trovare centinaia di nuovi articoli su “la malattia mortale causata dalle sigarette elettroniche”. Un danno, si badi bene, non tanto e non solo per gli operatori del settore del vaping, ma soprattutto per la salute pubblica e per quei fumatori che, fuorviati da questa cagnara, continueranno a consumare tabacco, convinti che il vaping sia addirittura più dannoso.
Ma i colpevoli di questa Caporetto della comunicazione non siedono solo nelle redazioni. In molti hanno accusato le istituzioni sanitarie statunitensi, cioè il Cdc e la Fda, di essere state intenzionalmente e colpevolmente vaghe su quanto stava accadendo, e non solo. Come funzionano le cose lo dimostra su Twitter una nota giornalista e autrice di libri sulla salute americana. Tara Haelle ha pubblicato oggi il messaggio ricevuto da un ufficio stampa. “Ciao Tara – si legge nel testo – milioni di americani usano le sigarette elettroniche e fino a poco fa molti esperti ritenevano il vaping una alternativa molto meno dannosa al fumo (…). Ma un nuovo studio pubblicato oggi sul Journal of the Endocrine Society ha scoperto che la nicotina e le sostanze chimiche contenute nelle sigarette elettroniche mettono a rischio la fertilità delle donne, rendendo difficile l’impianto dell’embrione nell’utero. Lo studio ha scoperto anche che svapare in gravidanza può causare danni allo sviluppo dei bambini”. Il messaggio si conclude con l’offerta di mettere la giornalista in contatto con un particolare esperto della fertilità.
Haelle, però, rileva un problema in questo studio (di cui, siamo certi, leggerete presto sui media). Non è stato condotto sugli esseri umani, ma sui topi che notoriamente hanno una fisiologia molto diversa dagli uomini e spesso sono sottoposti a emissioni di vapore in condizioni irrealistiche. Eppure il messaggio dell’ufficio stampa parlava chiaramente di “donne” e “bambini”. “Questo studio – risponde la giornalista – ha scoperto che l’esposizione alle sostanze chimiche del vaping può mettere a rischio la fertilità dei topi femmina, non delle donne, e può causare danni ai cuccioli di topo, non ai bambini. Queste sono omissioni essenziali nella tua mail che è fuorviante e mi ha fatto perdere tempo, costringendomi a leggere tutto lo studio per scoprire da sola che era stato travisato”. La macchina delle bufale, quindi, parte da molto lontano, da chi ha interesse a far passare un messaggio deviato e deviante.
Addetti stampa, – conclude Haelle su Twitter – non fate questo. È irresponsabile, fa perdere tempo, rischia di incoraggiare un giornalismo fuorviante e vi metterò alla gogna per questo comportamento”. E i risultati di questo modo di fare comunicazione sono, purtroppo, sotto gli occhi di tutti.

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