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Dolci, tabacco, giochi: “Non serve tassare il vizio, bisogna detassare la virtù”

Lo sostiene il professor Fabrizio Gianfrate, docente di economia sanitaria presso l’Università di Ferrara, in un articolo pubblicato sul Quodiano Sanità.

È un brillante articolo di analisi economica quello pubblicato sul Quotidiano Sanità a firma del professor Fabrizio Gianfrate, docente di economia sanitaria presso l’Università di Ferrara. L’organo d’informazione medico-scientifica prende dunque posizione, anche in virtù delle recenti ipotesi di tassazione delle bevande gasate, degli snack e di innalzare la tassa sulle sigarette. Ma serve davvero – si chiede Gianfrate – tassare il Big Mac, la Fanta e le Girelle? La tassa avrebbe distribuzione regressiva, cioè peserebbe maggiormente sulle fasce sociali economicamente e culturalmente più deboli nelle quali certi consumi prevalgono asimmetricamente, nel rapporto rovesciato tra bisogno di pane e di companatico, la piramide di Maslow al contrario, le proverbiali baracche di Pasolini coi topi ma tutte col televisore (oggi il telefonino dei migranti). Ma se il vizio te lo paghi da te, soprattassa inclusa, le conseguenti cure invece te le paga la collettività, il SSN, incluso chi conduce vita salutare. E poi si legittimano col pagamento comportamenti non corretti, se paghi ti è concesso. Persino un immeritato aldilà più confortevole (la vendita delle indulgenze della Chiesa). Però pur se le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare, tifiamo ovviamente per una collettività più in salute e con minore gettito fiscale anziché di obesi e alcolisti ma che incassa di più. Allora invece che tassare i vizi non sarebbe meglio detassare le virtù, così incentivandole?”. Come già espresso su queste colonne dal professor Lorenzo Infantino, professore di Metodologia delle scienze sociali alla Luiss Guido Carli di Roma, tra i maggiori esponenti del pensiero liberale italiano, “lo Stato ma non il cittadino ha interesse ad estendere i suoi monopoli. Causando di fatto la caduta dei consumi e della produttività e, non da ultimo, la limitazione della libertà”. Monopolio e tasse, dunque. Un combinato disposto che consente allo Stato di giovare delle debolezze o vizi, o piaceri umani, nascondendosi sotto l’ipocrita velo della gestione monopolistica volta a tutelare la salute. “Casi estremi a parte (“la maggior parte dei milioni che ho guadagnato li ho spesi in liquori, belle donne e auto sportive. Il resto invece l’ho sprecato” – G. Best) dovremmo educare a stili di vita più virtuosi. E soprattutto – chiosa Gianfrate – rimuovere, ridurre, le cause sociali alla base di certi comportamenti e stili di vita insani. Lo so, la virtù è noiosa. Ma in fondo certi vizi alla lunga lo sono ancora di più”.

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