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Sigarette elettroniche con nicotina: fa discutere ennesima ricerca sui topi

La New York University collega esposizione al vapore con nicotina e cancro nei topi. Ma secondo gli esperti è uno studio viziato.

Un nuovo studio, che sta già facendo molto discutere, ha testato sui topolini da laboratorio la cancerogenicità del vapore (anche se la ricerca parla di “fumo”) con nicotina della sigaretta elettronica. L’équipe di ricerca dell’americana New York University è la stessa che, nel gennaio 2018 aveva concluso – sempre in base a studi sui topi – che svapare liquidi con nicotina induceva alterazioni del Dna nei tessuti dei polmoni del cuore e della vescica, riducendo la sua capacità di ripararsi. Allora questi risultati ebbero molta eco sui media, ma furono fortemente criticati da medici e scienziati italiani e internazionali e da istituzioni come Cancer Research UK.
Questo secondo studio, pubblicato su Pnas, rappresenta la prosecuzione del primo e ha diviso 80 topi in tre gruppi: uno esposto al vapore di sigaretta elettronica con concentrazione di 36 mg/ml di nicotina (l’esposizione ha riguardato tutto il corpo); il secondo al vapore di e-cig senza nicotina; il terzo esposto ad aria filtrata. Tutto per 54 settimane. Alla fine di questo periodo, spiegano i ricercatori, fra i topi del primo gruppo 9 su 40 (il 22,5%) avevano sviluppato un adenocarcinoma polmonare e 23 (il 57,5%) un carcinoma uroteliale. Un risultato che fa parlare gli autori di cancerogenicità della nicotina e del vapore della sigaretta elettronica.
Ma il mondo della scienza ancora una volta, è tutt’altro che unanime sui risultati, contestando prima di tutto la metodologia di ricerca.“Lo studio – commenta il professore Fabio Beatrice, otorinolaringoiatra e direttore del centro antifumo San Giovanni Bosco di Torino – utilizza imprecisati vapori di sigaretta elettronica sottoponendo colture cellulari ad una esposizione di vapore contenente nicotina. L’esposizione avviene per un periodo di 54 settimane con modalità di erogazione pari a 4 ore al giorno per 5 giorni per 4 settimane. Questa condizione artificiale di esposizione su un modello laboratoristico di cellule in coltura induce gli autori stessi ad una grande prudenza nella interpretazione della cancerogenicità che pure viene dimostrata nelle specifiche situazioni sperimentali. Trasferire questi risultati sull’uomo non è possibile e peraltro la letteratura in grandissima parte non assegna significato oncologico alla nicotina nei normali consumi europei”. E con un occhio all’attualità e alla grande differenza di utilizzo della sigaretta elettronica in Usa e in Europa, aggiunge: “Si sottolineano gli eccessi tipici del mercato americano dove vengono consentiti usi di nicotina fortemente tossici e potenzialmente letali, nonché l’additivazione che gli utenti americani praticano nei sistemi aperti con introduzione di olii ed estratti di cannabis”.
Altrettanto critico e ancora più duro il professore britannico John Britton, direttore dello UK Centre for Tobacco and Alcohol Studies dell’Università di Nottingham. “Questo studio – afferma – esplora gli effetti del vapore di sigaretta elettronica con nicotina sui topi. Dimostra che l’esposizione al vapore di e-cig con nicotina causa il cancro più dell’aria pulita, ma non più di quanto ci si possa ragionevolmente aspettare per caso. Dimostra anche che il vapore di sigaretta elettronica senza nicotina, causa meno cancri dell’aria pulita”. E poi aggiunge: “Questi risultati si basano su numeri molto piccoli e devono essere interpretati con estrema cautela. Il paragone fra i topi che hanno respirato il vapore e quelli che hanno respirato aria non è statisticamente significativo. Non c’è nessun messaggio per il pubblico – questi risultati sono solo rumore molesto”.
Estremamente critico sulle modalità dello studio e sulla reversibilità dei risultati sull’uomo anche il professore Peter Hajek, direttore del Tobacco Dependence Research Unit della Queen Mary University di Londra e autore di autorevoli ricerche sul vaping. “La rilevanza di questo studio per gli svapatori è poco chiara”, commenta. “I roditori sono stati esposti – spiega – a quella che per loro è una enorme concentrazione di sostanze chimiche, che non si avvicina nemmeno lontanamente all’esposizione umana derivante dal vaping. Infatti molti animali sono morti durante questa esposizione”. “Gli autori – conclude Hajek – hanno imputato gli effetti osservati a un cancerogeno NNK (un metabolita della nicotina, ndr); ma l’NNK è stato già misurato negli svapatori ed è risaputo che l’esposizione derivante dall’uso dell’e-cigarette è trascurabile o nulla”.
Insomma, secondo questi scienziati, siamo ancora una volta di fronte a studi con dubbio valore generale, che riproducono condizioni di esposizione irreali e le ribaltano impropriamente sull’uomo.

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