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Crisi Usa, nuovo studio: lesioni polmonari causate da polmonite chimica

Secondo Siegel e Bauld, i risultati scagionerebbero i normali liquidi per sigarette elettroniche, risultati negativi ai test effettuati dall'Fda.

È stato pubblicato ieri sul New England Journal of Medicine uno studio condotto da ricercatori della Mayo Clinic sui recenti casi di gravi malattie polmonari, che si stanno verificando negli Stati Uniti. Secondo molti esperti, i risultati di questo studio allontanerebbero ancora di più l’ipotesi che i normali liquidi con nicotina usati nelle sigarette elettroniche possano avere un ruolo nella crisi di ricoveri e di decessi. I quattordici ricercatori che firmano lo studio hanno esaminato le biopsie polmonari relative a 17 pazient: 11 rispondevano ai criteri di una diagnosi confermata di lesioni polmonari, mentre i restanti sei erano casi probabili. Per spiegare lo studio, molto tecnico, ci avvaliamo del commento di Michael Siegel, docente di salute pubblica presso l’Università di Boston, che ricostruisce le evidenze chiave del lavoro della Mayo Clinic.
Il primo dato che salta all’occhio è che la stragrande maggioranza (13 pazienti su 17) ha ammesso di aver svapato marijuana. Il dato si basa esclusivamente sulle dichiarazioni spontanee dei pazienti, visto che non sono stati condotti esami né sull’urina né del capello, che avrebbero potuto rivelare se altri pazienti ne avessero fatto uso. Come fa notare Philippe Poirson su Vapolitique, “11 dei pazienti sono dell’Arizona, 5 del Minnesota e uno della Florida, tre Stati dove l’uso ricreativo della cannabis è illegale”. Dunque è plausibile che non tutti i pazienti siano disposti ad ammettere di aver infranto la legge.
Il secondo dato da evidenziare, sostiene sempre Siegel, è che gli autori sospettano una “tossicità polmonare diretta derivante dall’inalazione di uno o più agenti dannosi”. I liquidi per sigaretta elettronica venduti normalmente nei negozi contengono glicole propilenico, glicerina, acqua, nicotina e aromi. “Questi prodotti – commenta il docente – sono stati venduti per anni, senza che fossero riportati problemi di tossicità ai polmoni”. Inoltre finora i test effettuati dalla Food and Drug Administration sui campioni di liquidi con nicotina consegnati dai pazienti non hanno rivelato la presenza di contaminanti.
Lo stesso non si può dire per i prodotti contraffatti al Thc, venduti su internet o dagli spacciatori. “Al contrario degli oli di Thc legali – spiega Siegel – i prodotti venduti al mercato nero non sono testati e quindi potrebbero contenere pesticidi, residui di diluenti, altre sostanze chimiche dannose o cannabinoidi sintetici”. Una prova di questo è stata data dai test commissionati dall’emittente televisiva Nbc, che ha rivelato come 13 campioni di cartucce illegali su 15 contenessero acetato di vitamina E e 10 su 10 miclobutanil, un funghicida che si trasforma in cianuro quando viene bruciato.
I ricercatori affermano anche che i risultati patologici non sono indicativi di polmonite lipoidea esogena, perché non sono stati riscontrati lipidi coalescenti in grosse gocce ma piuttosto macrofagi schiumosi (che gli autori stessi legano all’uso di droghe illegali). E infatti concludono: “Sebbene sia difficile scartare il ruolo potenziale dei lipidi, pensiamo che le alterazioni istologiche suggerisco piuttosto che le lesioni polmonari associate al vaping rappresentino una forma di polmonite chimica centrata sulle vie respiratorie casusata da una o più sostanze tossiche inalate”. E proprio di polmonite chimica aveva parlato su queste colonne il professor Fabio Beatrice esattamente un mese fa. Siegel, invece, non è d’accordo con questa lettura e sostiene che la presenza di macrofagi schiumosi è in alcuni casi coerente con la diagnosi di polmonite lipoidea.
Che i risultati della Mayo Clinic tendano a scagionare la sigaretta elettronica, lo sostiene anche Linda Bauld, docente di Salute pubblica all’Università di Edimburgo, nel Regno Unito. “Anche se c’è ancora molto che non sappiamo – dichiara – lo studio conferma che si sono verificate delle lesioni acute. Quello che i ricercatori hanno trovato, non sono effetti avversi cronici – cioè che si sono accumulati in un lungo periodo e hanno causato la malattia – ma invece prove di una crisi simile all’avvelenamento”.
Questo fornisce ulteriori prove – continua Bauld – che è estremamente improbabile, se non addirittura impossibile, che i liquidi aromatizzati alla nicotina, del tipo utilizzati da un decennio da milioni di persone in tutto il mondo (compreso il Regno Unito) stiano causando queste malattie. Invece sembra che i colpevoli siano elementi contaminanti. La maggior parte delle evidenze punta a adulteranti nella cannabis da svapare, ma potrebbero essere coinvolti altri prodotti”.

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