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Beatrice: l’articolo di Medical Facts suscita molte perplessità scientifiche

Il professore dell'Ospedale S.G. Bosco di Torino risponde all'articolo del professor Bonci pubblicato ieri sul blog di Roberto Burioni.

L’articolo del professor Antonello Bonci, riportato nel sito Medical Facts di Roberto Burioni, pur contenendo alcuni spunti interessanti suscita molte perplessità sul piano scientifico, culturale e clinico. Certamente il fumo di tabacco è a tutti gli effetti una dipendenza e come tale è classificato: la nicotina è la sostanza dopante che gratifica il fumatore e rende difficilissimo smettere di fumare. Non si dovrebbe mai fare riferimento però al “vizio del fumo”: cosa che ha conseguenze sul piano dell’interpretazione clinica, sviando dalla complessa problematica del tabagismo.
Chi potrebbe mai sostenere un fumo sicuro? È un concetto che non appartiene al mondo scientifico ma è il risultato di una percezione sbagliata, frutto di aggressive campagne pubblicitarie soprattutto americane. La deregulation degli Usa ha prodotto conseguenze assai gravi e che sono sotto gli occhi di tutti. Lo stesso Ministero della salute della Gran Bretagna ancora di recente ha stigmatizzato impietosamente i gravi errori di impostazione generale che sono stati commessi oltreoceano. Non a caso in Gran Bretagna meno dell’1% dei giovani sperimenta la sigaretta elettronica. Quindi la questione sollevata nell’articolo è il risultato di una comunicazione errata e non è conseguenza  del sapere scientifico.
Relativamente alle problematiche respiratorie collegate allo svapo, non si comprende perché non si faccia riferimento alla sindrome Evali anche se cause, diagnosi e modalità terapeutiche  sono ben descritte sul sito del Cdc. Le problematiche polmonari con alcune decine di decessi e varie centinaia di ricoveri sono avvenute solo sul territorio statunitense. È accertato che sono correlabili ad uso incauto di liquidi contenenti oli e vitamina E in cui sono stati pericolosamente sospesi estratti di tetraidrocannabinoidi non idonei all’uso inalatorio. Vi sono stati arresti ed indagini molto serie sul mercato nero e sul dark web. In Gran Bretagna, paese leader nella lotta al tabagismo e nel quale il fumo elettronico viene oramai da anni utilizzato come misura di salute pubblica nel contenimento dei danni da combustione tabagica, sono segnalati pochissimi casi di lieve intolleranza al vapore di e-cig, rientrati con la sospensione del consumo (una ventina in tre anni di serrata osservazione tra il 2015 ed il 2018).
Presso il Centro antiveleni di Milano e presso l’Istituto superiore di sanità italiano a tutt’oggi non risulta alcuna grave conseguenza dello svapo che da noi è diffuso da almeno 10 anni. Ciò perché nella nostra realtà regole e sistema di sorveglianza a tutela del consumatore funzionano molto bene ed il monitoraggio è efficace. È chiaro oramai a tutti che non può essere la sigaretta elettronica in quanto tale la causa di Evali ma è la tipologia dei liquidi incautamente utilizzati nei sistemi aperti ad aver creato il problema. Peraltro negli Stati Uniti sono leciti anche dosaggi di 50-60 mg di nicotina che in Europa sono ampiamente fuori legge. In Europa ed in Italia le norme sono assai severe anche sulla pubblicità e chi contravviene va incontro a multe salate.
Ridurre la questione dell’iniziazione dei giovani all’attrattiva di un prodotto piuttosto che di un altro appare improprio. La sperimentazione fa parte dell’età evolutiva e, se il giovane non è stato educato a processare l’offerta comportamentale in maniera appropriata, proverà qualsiasi cosa. Vale per lo spinello come per la sigaretta o per la e-cig. In ogni caso è ancora oggi nettamente superiore la sperimentazione della normale sigaretta rispetto al fumo elettronico e infatti sia in America che il Italia la stragrande maggioranza dei fumatori inizia a fumare da giovane prima dei 18 anni. Su questo aspetto fanno chiarezza i dati dei consumi riferiti dall’Iss in data 31 maggio 2019, che spiegano bene il fenomeno.
La questione più generale della dipendenza tabagica non può essere affrontata in maniera incompleta. Questa infatti è dovuta alla nicotina ma le conseguenze per la salute sono in grandissima parte dovute alla inalazione dei prodotti della combustione. Si tratta di 70 cancerogeni di classe 1 sec IARC, 5700 sostanze fortemente tossiche, Polonio 210 (alfa emittente), monossido di carbonio. La letteratura scientifica prevalente dimostra che la nicotina è classificata come la IX droga in termini di potenza, non ha azione cancerogena alle dosi comunemente utilizzate da chi fuma, aumenta la pressione del sangue di alcune unità, aumenta la secrezione acida dello stomaco, interviene sul danno vascolare sul quale però è centrale l’effetto dei prodotti della combustione.
Le affermazioni sulla tossicità del fumo elettronico non possono essere svincolate dall’attuale dibattito scientifico. È necessario rigore nella comunicazione e nel metodo scientifico, altrimenti i risultati delle ricerche appaiono confusi e contraddittori. La scienza ha il dovere di essere credibile. Sull’aspetto della tossicità del fumo elettronico è possibile avere chiarezza: già nel 2017 Peter Shields, un illustre oncologo americano, aveva pubblicato un approfondito studio sulla tossicità polmonare del vapore elettronico in rapporto al fumo di sigaretta ed aveva concluso che le e-cig avevano un potenziale infiammatorio sul tessuto polmonare molto inferiore rispetto a quello delle normali sigarette. Aveva anche osservato che una serie di biomarker tumorali, presenti nel sangue e nelle urine dei fumatori, si riducevano sostanzialmente con uno switch completo a sigaretta elettronica ed in modo meno significativo nei consumatori duali (coloro che continuavano a fumare entrambe). Un altro lavoro americano di Robert Strogin di Palo Alto risalente al giugno 2019 sostiene che tutti i fumatori dovrebbero essere incoraggiati a smettere di fumare sigarette ed invece usare sigarette elettroniche in caso di resistenza alla cessazione.
L’Autore auspica che si continui ad indagare sui rischi dell’uso di sigarette elettroniche nell’ottica di una ottimizzazione della riduzione del danno e con l’incoraggiamento alla cessazione. E proprio in questo ambito un importante esperto di fumo elettronico di livello internazionale, Konstantinos Farsalinos, pubblicava nel luglio 2019 un dato sulla tossicità degli aromi presenti nel vapore elettronico, dimostrando che la loro quantità era nettamente inferiore a quella minima necessaria per essere dichiarata tossica. Questi dati, peraltro, confermavano importanti evidenze precedenti del 2014 pubblicate da Goniewitz, un illustre clinico americano. Lo studio dimostrava in maniera molto convincente che la sostituzione di normali sigarette con e-cig poteva consistentemente ridurre l’esposizione ai tossici del tabacco, proponendosi come una strategia di riduzione del rischio nei fumatori che fallivano la cessazione. Nel maggio 2019 Cook della Bazian, Economist Intelligence Unit Healthcare, London, UK, sulla prestigiosa rivista Bmj ha pubblicato una ricerca su 866 fumatori che avevano utilizzato il servizio sanitario nazionale per smettere di fumare, osservando che si avevano il doppio delle possibilità di riuscire a smettere se si usavano sigarette elettroniche al posto della terapia sostitutiva con nicotina denominata NRT, indicata dalle linee guida per la cessazione.
Infine un recentissimo studio pilota, pubblicato nell’ottobre 2019 da Beatrice e Massaro, dimostra che un campione di forti fumatori che, pur seguendo le normali procedure indicate dalle linee guida presso un centro antifumo, non riuscivano a smettere, in caso di switch non duale a fumo digitale sostenuto dagli esperti con uno specifico counseling tornava a valori normali di monossido di carbonio espirato, indicatore clinico della tossicità da combustione. Non ultima la posizione del Ministero della salute della Gran Bretagna che ha prodotto uno studio molto corposo nel 2015 sottoposto revisione nel 2018. Questo lavoro fondatamente supporta il grande interesse del fumo elettronico nella riduzione del rischio di fumatori incalliti che non riescono o non vogliono smettere. Ma infine è lo stesso CDC Americano che sul suo sito dove informa su Evali, invita i fumatori che sono passati a sigaretta elettronica a non tornare alle normali sigarette.
Al 31 maggio 2019 in Italia fumano 11,6 milioni di persone pari al 22%. I centri antifumo (Caf) presenti sul territorio nazionale sono 292 e costituiscono un riferimento per i tabagisti che hanno l’obiettivo di smettere di fumare. Il sostegno alla cessazione segue le indicazioni delle Linee Guida in ossequio al principio dell’evidenza. Circa 14 mila fumatori giungono nei Caf e poco meno della metà di questi riesce a smettere; si tratta dello 0,05% del totale dei fumatori e certamente è un numero molto piccolo, non in grado di intaccare la mortalità correlata al tabagismo. Questa si attesta a 81855 decessi all’anno secondo le stime del Ministero della salute. Si pone di conseguenza il problema di come migliorare la proposta di cessazione e renderla ricevibile alla gran parte dei fumatori che sono o frustrati dall’insuccesso o non intenzionati a smettere di fumare. I dati del Centro antifumo dell’Ospedale S.G. Bosco di Torino (Asl Città di Torino) confermano che i livelli di cessazione dal tabagismo a 3 anni, pur attenendosi alle indicazioni cliniche delle linee guida, si aggirano intorno al 45 %. Purtroppo nell’ambito del 55% che non raggiunge l’obiettivo si concentra la maggior parte delle patologie fumo correlate: esiti di infarti, portatori di by pass coronarici, ipertensioni gravi, pazienti con neoplasie fumo dipendenti, Bpco, ecc. Questi soggetti di fronte al fallimento tendono ad allontanarsi dal Caf e generalmente tornano al consumo tabagico iniziale.
Le indicazioni sui metodi per smettere di fumare non possono essere svincolate delle linee guida. I farmaci nell’ambito delle linee guida aumentano il tasso di successo delle cessazioni. Un’indicazione farmacologica avulsa da un percorso clinico espone al rischio dell’assunzione di una tossicità farmacologica “sprecata” ed è assai meno utile al di fuori di un percorso comportamentale.
Ovviamente l’indicazione sulla quale tutti concordano è di non iniziare a fumare, di respirare aria pura e se si ha la sventura di essere fumatori di andare a chiedere aiuto agli esperti dei centri antifumo per smettere. Limitare il danno se non si riesce a smettere, consumando meno sigarette, è l’indicazione che veniva data molti anni fa e che certamente non può escludere il fumo elettronico sulla base delle attuali conoscenze scientifiche.

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