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“È ora di fare chiarezza. Dove i messaggi sulla sigaretta elettronica vengono correttamente comunicati, vedi il Regno Unito, si recluta meno dell’1 per cento dei giovani. Dove invece essa viene erroneamente comunicata, vedi Stati Uniti, c’è un grande reclutamento. Non dimentichiamo che negli Stati Uniti vige una ampia deregulation. Non come in Europa dove invece la normativa è stringente”. Lo ha detto il professor Fabio Beatrice durante la trasmissione televisiva Timeline di SkyTg24. In studio anche Armando Santoro, direttore Humanitas, ed Enrico Lombardi, psicologo del centro antifumo San Raffaele di Milano, mentre era in collegamento da Roma Marco Hannappel, amministratore delegato di Philip Morris Italia.
Tiepido il commento di Santoro che ha avuto un approccio molto cauto alla questione: “Quando ci troviamo di fronte ad un fumatore accanito che non riesce a smettere è evidente che i danni degli strumenti innovativi sono minori. Però mi fa paura lo stesso perchè non sono convinto che sia un metodo per smettere di fumare“.
Non si è fatta attendere la risposta di Fabio Beatrice: “Il messaggio chiaro e univoco è che non bisogna fumare. Ma una volta che sei stato agganciato, cadi nella trappola della nicotina e a questo punto diventi dipendente. È la nicotina la vera responsabile della dipendenza. Gli strumenti del fumo digitale non nascono per assumerla e diventarne dipendenti. Nascono perché occorre soddisfare una dipendenza e con questi strumenti si può mirare ad avere abbassamento sostanze nocive. Pensiamo che nel fumo tradizionale vengono sprigionati 70 cancerogeni di tipo 1, oltre 4 mila agenti fortementi tossici, oltre a polonio, carbonio, cadmio. Non dimentichiamo poi le polveri sottili e l’inquinamento da mozziconi. Con il fumo digitale si dà invece una possibilità alle persone che non riescono a smettere. Le sigarette elettroniche devono essere considerate strumenti di riduzione del rischio. Il fumo elettronico rappresenta momento di passaggio. Tutti coloro, come me, che operano nei centri antifumo possono utilizzare questa finestra di cambio di comportamento per aiutare le persone a fare una svolta per la loro salute”.
Enrico Lombardi, pur facendo un cenno d’intesa con la testa, ha però ribattuto che un ulteriore problema è la dualità, ovvero il consumo contemporaneo di sigarette tradizionali e sigarette elettroniche. Anche su questo Beatrice ha risposto puntualmente: “Se non c’è il supporto di uno specialista ma il consumatore è affidato soltanto alla scelta commerciale, si commettono degli errori. Uno è ad esempio è usare i device elettronici senza nicotina o con una dose errata. Altro errore è nella modalità di uso del device. La persona si deve adattare ad assumere un quantitavo di nicotina come avviene con la sigaretta normale. Il fumatore sa benissimo quando gli serve la nicotina. Se i medici avessero competenza anche tecnica sull’utilizzo del device, non per cominciare a fumare ma per aiutare i fumatori, si potrebbe evitare il fenomeno duale“.
Quindi la parola è passata all’amministratore delegato di Philip Morris Italia, Marco Hannappel: “Abbiamo annunciato un futuro senza fumo ed è un processo molto importante che nasce 15 anni fa. Anche i nostri prodotti sono indirizzati ai fumatori adulti. La nicotina genera dipendenza ed è importante che questi prodotti non vadano nelle mani di chi non fuma“. Tempestiva la domanda di Santoro: “E come spiega la vostra posizione duale: produttori di sigarette e produttori di sistemi meno dannosi?“. “Si può pensare – ha risposto Hannappel – che le sigarette possano scomparire dall’oggi al domani ma purtroppo non è così. Noi stiamo producendo qualcosa che può aiutare i fumatori. Portare innovazione è un contributo importante, si evita di lasciare al consumatore soltanto la scelta più dannosa“.
In conclusione di trasmissione Beatrice ha puntualizzato quanto è accaduto negli Stati Uniti: “Sono stati usati liquidi manomessi e acquistati sul mercato nero che hanno causato una nuova forma di polmonite chimica. Da noi non risulta alcun caso di questo tipo, non si è mai verificato alcun caso di intossicazione neanche di livello medio. Il consiglio al consumatore è: compra soltanto nei negozi autorizzati, evita di acquistare cose strane su internet. C’è però un problema a livello sanitario: su 12 milioni di fumatori, vengono nei centri antifumo 14 mila persone e se va bene smette la metà. Significa che così come sono strutturati non funzionano. E allora bisogna pensare di percorrere una strada della riduzione del rischio e la sigaretta elettronica è uno strumento che può aiutare il fumatore che non vuole o non riesce a smettere“.
La giornalista Stefania Pinna ha quindi chiesto all’Ad di Philip Morris se possono fare pubblicità. Secca la risposta: “Noi abbiamo una attenzione veramente spasmodica sulla comunicazione di questo prodotto. Facciamo comunicazione uno ad uno, o per contatto diretto o direttamente nelle tabaccherie per avere la certezza che il target sia fumatore adulto“. E su questo Hannappel ha detto una mezza verità: se è vero che le sigarettine di ricarica non vengono pubblicizzate, è anche vero che la parola Iqos – in quanto dispositivo elettronico – è presente in innumerevoli corner di centri commerciali e aree di servizio autostradali. E anche in qualche organo di stampa tanto è vero che Pmi Italia ha ricevuto dall’Antitrust una sanzione di mezzo milione di euro per “messaggi pubblicitari non trasparenti” del riscaldatore.