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Sigarette elettroniche, Evali: i pazienti non ammettono di svapare Thc

Una buona parte delle persone colpite dalla nuova malattia mente al proprio medico e nega di aver svapato Thc.

Probabilmente verrà fuori che ci sono solo due tipi di persone che prendono questa malattia: quelli che svapano Thc e quelli che non ammettono di averlo fatto”. La frase, riportata dal quotidiano americano Cnbc, è del dottor Scott Aberegg, pneumologo di terapia intensiva all’ospedale dell’Università dello Utah che ha avuto in cura 30 pazienti con la cosiddetta Evali, la malattia polmonare attribuita al vaping ma da ricondurre al consumo di cartucce alla cannabis tagliate con olio di vitamina E, provenienti soprattutto da canali illegali. L’interessante articolo raccoglie le esperienze dei medici che si sono trovati a curare pazienti colpiti dalle lesioni polmonari e tutti lamentano la stessa cosa: una buona parte delle persone mente al proprio medico e nega di aver svapato Thc.
Una negligenza che è costata cara, per esempio, a un quarantenne del Missouri, arrivato dal dottor Michael Plisco al Mercy Hospital di St. Lois, dopo mesi di malessere. Tutte le terapie provate dai medici si sono rivelate inefficaci, racconta Plisco, e l’uomo ha più volte negato di aver fumato o utilizzato la sigaretta elettronica. Solo quando le sue condizioni si erano molto aggravate, ricorda il medico, ha finalmente ammesso di svapare Thc, la sostanza psicoattiva della marijuana. Ma era ormai tardi e l’uomo è una delle vittime di questa crisi.
Una storia che trova eco in quella riportata da Aberegg. Un ventenne ricoverato per malattie polmonari, che aveva più volte negato di aver usato Thc, è risultato positivo ai test sulla droga. A confronto con il medico, il giovane si è giustificato dicendo di aver svapato Cbd, la sostanza non psicoattiva della cannabis. Solo dopo forti insistenze di Aberegg, con gli occhi pieni di lacrime e solo dopo aver allontanato i genitori, il ragazzo ha ammesso di aver utilizzato Thc.
Per quanto possa sembrare assurdo, è molto frequente che i pazienti mentano ai medici, soprattutto riguardo comportamenti che possono essere nocivi per la salute. Lo fanno perché non vogliono essere giudicati o redarguiti, o perché non vogliono sentirsi dire che si stanno facendo del male. Li imbarazza lo stigma sociale che accompagna alcune pratiche, per paura della reazione dei familiari e anche perché, in molti Stati, il consumo di marijuana è illegale.
Ma in questo particolare caso, una condotta ben nota ai medici non ha danneggiato solo i singoli pazienti, ma ha rallentato un’indagine già di per sé complicata, rallentando l’identificazione della sostanza responsabile della malattia e creando una confusione sui media e nell’opinione pubblica che è ben lungi da essere dissipata. A tutt’oggi, scrive Cnbc, l’11 per cento dei pazienti dichiara di aver usato solo nicotina. “Ma i dottori – commenta la giornalista Angelica La Vito – ritengono possibile che questo 11 per cento di pazienti stia mentendo”.

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