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Tutti i punti deboli dello studio su sigarette elettroniche e danni cardiovascolari

Il tossicologo Bernd Mayer esamina le falle dello studio sulla sigaretta elettronica presentato dai cardiologi dell'Università tedesca di Magonza.

I cardiologi di Magonza che collaborano con il collega Münzel hanno presentato con grande entusiasmo il loro studio sugli effetti del vapore di sigaretta elettronica sulle funzioni dell’endotelio e sullo stress ossidativo. Come ci si aspettava, lo studio è stato diffuso con grande piacere. Le storie dell’orrore sul vaping sono molto gradite in questo momento. Il tema dello studio fa parte del mio specifico campo di ricerca, lo conosco bene e mi sento in grado di esprimere un giudizio in merito.
Cominciamo dai possibili conflitti di interesse. Conosco personalmente Thomas Münzel e Andreas Daiber da molti anni e ho pubblicato degli studi insieme al gruppo di lavoro di Magonza. La posizione contraria alle sigarette elettroniche del collega Münzel è nota già dal giugno del 2014 quando sull’emittente Swr dichiarò che “le sigarette elettroniche contengono più sostanze tossiche di quelle tradizionali”. Queste affermazioni causarono non solo un comunicato critico da parte dell’associazione dei consumatori Ig-Ed, ma anche la fine dei nostri buoni rapporti, dopo una mia critica personale. La cosa incredibile è che poco prima, privatamente, Thomas Münzel mi aveva elogiato per essere riuscito a smettere di fumare grazie alla sigaretta elettronica. Ci sono due anime dentro di lui.
Come tutti i clinici, anche il professor Münzel ha intensi rapporti con l’industria farmaceutica, per dirlo con prudenza. Questo non compare come conflitto di interessi nella dichiarazione della pubblicazione. Ma nel comunicato alla stampa si insinua che gli studi di altri scienziati siano falsati, perché sono stati finanziati dall’industria della sigaretta elettronica. Un classico esempio di stile di discussione subdolo in assenza di argomenti concreti: si entra sulla tibia, quando non si riesce a colpire il pallone.
Nello studio in questione bisogna distinguere due aspetti: la ricerca sulla funzione vascolare umana e le misurazioni di diversi parametri parametri dello stress ossidativo sui topi esposti al vapore, che sono quantitativamente superiori. La parte sui topi si può tranquillamente ignorare. Su Medline si trovano più di 10mila studi sulla Naph ossidasi nei roditori. L’enzima genera i superossidi anioni, causando stress ossidativo. Se tutti gli esperimenti sugli animali pubblicati fossero rilevanti per l’uomo, la nostra specie si sarebbe estinta molto tempo fa. È inoltre noto da molto tempo che i topi esposti al vapore mostrano strani effetti di ogni tipo che non si osservano sull’uomo. Nel presente studio questi effetti sono attribuiti alle aldeidi, in particolare all’acroleina. Il fatto che le concentrazioni di queste aldeidi (compresa l’acroleina) nel vapore di sigaretta elettronica siano ben sotto le soglie accettate a livello internazionale e in linea con quelle presenti nell’aria, viene tranquillamente ignorato dagli autori. Come spesso accade, in questo lavoro mancano i controlli positivi con il fumo di tabacco. Altrimenti la maggior parte degli effetti misurati scomparirebbe nel rumore di fondo. In sintesi, direi che nella parte degli esperimenti si sono raccolti dati la cui rilevanza per lo svapatore è purtroppo pari a zero.
Gli studi sulla funzione vascolare degli uomini sono più interessanti. Le cellule endoteliali rivestono i vasi sanguigni e, grazie al rilascio di sostanze mediatrici, riducono la pressione sanguigna e impediscono l’adesione di trombociti. Sono dunque nostre amiche. È ben noto che nei fumatori questa funzione è compromessa. Per spiegare questi risultati, sono stati proposti numerosi meccanismi e l’attuale studio suggerisce che la nicotina potrebbe contribuire a questo effetto. Però il valore prognostico della disfunzione endoteliale è tutt’altro che chiaro. Tutti gli studi epidemiologici dimostrano che i fumatori – nonostante la disfunzione endoteliale – hanno in media una pressione sanguigna più bassa dei non fumatori. Presumibilmente l’entità della disfunzione è troppo piccola per essere clinicamente rilevante. Inoltre in queste misurazioni vengono registrati effetti acuti temporanei che non permettono di trarre conclusioni sulla disfunzione cronica. Un’altra importante debolezza dello studio è che tutti i partecipanti erano fumatori, la cui funzione vascolare era con grande probabilità già compromessa.
In sostanza lo schema composito che viene fuori è di quelli in cui si potrebbero mettere in discussione tutti i dettagli, se non ci si arrende prima per un attacco di emicrania. Questi lavori vengono regolarmente pubblicati da questo gruppo di studiosi per poi sparire di nuovo nel dimenticatoio. Nonostante tutte le critiche, vorrei però dire che, per quanto ne sappia, questo è il primo lavoro a mostrare un effetto della nicotina sulla funzione endoteliale umana. È un’indicazione di un possibile effetto dannoso della nicotina, che merita considerazione, ma non deve essere sopravvalutato. Vorrei, infine, sottolineare ancora una volta che gli eventuali effetti della nicotina sugli ex fumatori sono irrilevanti, perché hanno già consumato nicotina in passato e, passando alla sigaretta elettronica, evitano di inalare tutta la gamma dei prodotti della combustione tossici e in parte cancerogeni.

Bernd Mayer, docente di Farmacologia e Tossicologia presso la Karl-Franzens-Universität di Graz, Austria.