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Disinformazione sulla sigaretta elettronica? “Malafede forse, certamente ignoranza”

Per conoscere il nuovo dispositivo occorre fatica, pazienza e studio. Effettuare ricerche serie e controlli efficaci e capillari costa anche denaro.

Paolo Bertacco

La sigaretta elettronica fa male? Sì, lo dicono l’Oms, l’istituto superiore della Sanità, gli organi di stampa più importanti e anche la mia mamma perché l’ha sentito dire in televisione.
Per dimostrare questo, vengono sparate frasi ad effetto della serie “modificano il Dna” o ancor meglio l’esilarante “le sigarette elettroniche possono danneggiare il cervello degli adolescenti” e tanto altro ancora. A questo punto mi aspetto che prima o poi la sigaretta elettronica venga associata all’insorgere di malattie degenerative, demenza senile, Alzheimer, autismo e così via.
Però mia mamma ha ragione: l’ha detto la televisione, l’ha letto nel “giornalone”. E allora diventa obbligatorio tranquillizzarla e spiegare perché trattasi di una manovra costruita ad arte e di sicuro strumentale.
Prima di tutto occorre sapere cos’è l’Organizzazione mondiale della sanità: una agenzia sovranazionale delle Nazioni Unite che ha il compito di assicurare a tutte le popolazioni il raggiungimento del più alto livello possibile di salute, inteso non solo come assenza di malattia, ma come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale. Obiettivi e finalità belli e giusti, certamente, ma purtroppo si dice sia anche finanziata dalle grandi multinazionali del farmaco. E allora leggendo l’ultimo loro attacco contro la sigaretta elettronica si spiega perché consigliano i cerotti di nicotina come una più valida alternativa per smettere di fumare. Cerotti ad oggi rivelatisi inefficaci per il consumatore ma molto redditizi per il produttore. Lo stesso produttore che finanzia l’Agenzia.
Purtroppo, oltre a condizionare la mia mamma, questi comunicati vengono anche supportati da chi dovrebbe localmente salvaguardare la nostra salute ovvero l’Istituto superiore di sanità, struttura governativa su cui abbiamo speso milioni di parole e spesso abbiamo sottolineato i pregiudizi o – meglio direi – l’ostilità nei confronti della sigaretta elettronica. Ostilità che troppo spesso si manifesta attraverso stridenti graffi sugli specchi per chi come me conosce l’argomento ma che purtroppo ha credito in tutti coloro che ignorano cosa sia e come funziona realmente la sigaretta elettronica.
Pregiudizi e ostilità supportati dal poco o nulla, tra cui indicazioni avute da parte di decine di giovinastri che, a 8614 km di distanza da noi, hanno usato la e-cig per inalare droghe. O promuovendo studi che naturalmente mia mamma non leggerà mai, magari prendendo come riferimento i soli settantasette studi contrari pubblicati su PubMed – la “Bibbia” della ricerca scientifica – a fronte degli oltre 7 mila studi esistenti a sostegno del vaping.
“A pensare male si fa peccato”, si diceva. Ma a questo punto – probabilmente sbagliando – mi sia concesso pensare che anche l’Istituto superiore di sanità sia soggetto ad interessi lobbistici o al cinico interesse dello Stato che dal tabacco direttamente e indirettamente ricava circa 25 miliardi di euro, a fronte di 7 miliardi di euro di spesa per le malattie fumo correlate.
Ma forse mi sbaglio, e allora non resta che pensare sia soltanto frutto di pigrizia. Cioè che per conoscere la sigaretta elettronica occorre fatica, pazienza e studio, alterando la loro consolidata routine quotidiana. Effettuare ricerche serie e controlli efficaci e capillari costa anche denaro. E allora, forse, per dare le “giuste” informazioni e la “verità” bastano l’Oms e le interviste sui mass media. Tanto quel che conta è quel che crede mia mamma, il mio benzinaio e il barman vicino casa.