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Minori e sigaretta elettronica, università di New York: “Nessuna epidemia”

Prendendo in esame la frequenza di svapo e l'uso di prodotti del tabacco, la situazione appare sotto una luce completamente diversa.

Qualche mese fa furono tre ricercatori britannici – Martin Jarvis, Robert West e Jamie Brown del dipartimento di Behavioural Science & Health dello University College di Londra – a mettere in dubbio in uno studio la cosiddetta epidemia dell’uso della sigaretta elettronica fra i minori americani. Per non parlare del professore Brad Rodu, titolare di cattedra nella ricerca per la riduzione del danno da tabacco dell’Università di Luoisville negli Usa, che, dati alla mano, la contesta strenuamente.
Oggi a smentire l’esistenza dell’emergenza vaping e minori (nel nome della quale Oltreoceano si stanno varando divieti e leggi draconiane) è uno studio condotto dal College of Global Public Health della New York University, pubblicato sulla rivista scientifica Nicotine & Tobacco Research. Il lavoro è coordinato da Allison M. Glasser e vede fra gli autori nomi autorevoli del tobacco control come David Abrams e Raymond Niaura. I ricercatori hanno analizzato il National Youth Tobacco Survey del 2018 relativo agli studenti delle scuole medie e superiori. Il rapporto è quello che aveva rilevato l’aumento dell’uso dell’e-cigarette fra il 2017 e il 2018 ma, notano gli autori, senza riportare la frequenza dell’uso nel periodo di 30 giorni preso in esame.
Dai risultati di questo studio, emerge che nel 2018 l’81,4% degli studenti nei 30 giorni non aveva usato alcun prodotto del tabacco o del vaping e l’86,2% non aveva svapato. Fra tutti gli studenti, del 13,8% che aveva usato la sigaretta elettronica nei 30 giorni, oltre la metà (7%) lo aveva fatto per meno di 5 giorni, circa un quarto per 6-9 giorni (3,2%) e il 3,6% per 20 giorni o oltre. Quasi tre quarti di questi, il 9,9%, dichiarava di consumare tabacco o di averlo consumato in passato. Del restante 3,9% che non aveva mai usato tabacco, il 2,8% aveva svapato meno di 5 giorni su 30, lo 0,7% fra 6 e 19 giorni e solo lo 0,4 per più di 20 giorni.
Questi risultati, commentano gli autori, evidenziano l’importanza di includere il modello di svapo nel contesto di ricerca. Perché se è vero che l’utilizzo fra i minori è aumentato fra il 2017 e il 2018, questo aumento è stato caratterizzato da una bassa frequenza di svapo fra ragazzi che già utilizzavano prodotti del tabacco e una scarsa prevalenza dell’uso della sigaretta elettronica fra gli studenti che non avevano mai usato prodotti del tabacco. David Abrams va oltre, commentando che “l’accelerazione della diminuzione del fumo suggerisce che la sigaretta elettronica sta contribuendo a rimpiazzare fra i giovani la molto più pericolosa abitudine al fumo – una riduzione del danno che va a netto vantaggio della popolazione in generale”. Gli fa eco Niaura: “In un mondo perfetto i giovani non dovrebbero né fumare né svapare, ma se la vasta maggioranza dei minori che usano la sigaretta elettronica sono o sono stati fumatori, il vaping può offrire loro una alternativa più sicura alle sigarette cancerogene”.
La speranza degli studiosi è che questo studio fornisca al legislatore una comprensione più accurata del fenomeno e lo aiuti ad adottare politiche efficaci per la salute pubblica. “Reagire d’impulso senza considerare l’intero contesto può fare più male che bene”, conclude Abrams. “Bisogna evitare leggi proibizioniste – continua – come vietare le sigarette elettroniche, lasciando sugli scaffali sigarette e sigari che sono molto più pericolosi, cercando invece di far rispettare il divieto di vendita ai minori di 21 anni. I divieti creano un mercato illegale per i prodotti del vaping oppure spingono le persone a ricominciare a fumare”.

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