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Tutte le menzogne (documentate) contro la sigaretta elettronica

Le più pesanti bordate contro la sigaretta elettronica provengono da studi, notizie, teorie senza riprova scientifica o semplicemente falsi.

È tristemente ironico, per non dire esasperante, constatare come le più pesanti bordate al settore della sigaretta elettronica in particolare e alla strategia della riduzione del danno da fumo in generale, provengano da studi, notizie, teorie che nel migliore dei casi non hanno retto il vaglio della prova scientifica e nel peggiore si sono rivelati semplicemente falsi. La riflessione parte dal caso più recente: la ricerca firmata Stanton Glantz e Darma Bhatta pubblicata lo scorso giugno sul Journal of the American Heart Association. I due professori della University of California, basandosi sulle rilevazioni del Path, concludevano che esiste una relazione fra l’uso della sigaretta elettronica e l’infarto. I risultati di questo studio, come sempre accade quando si parla di sigaretta elettronica, hanno fatto il giro sui giornali di tutto il mondo, scoraggiando non solo i vaper, ma anche i fumatori dal passare a uno strumento meno dannoso.
Nel frattempo però qualcuno si è preso la briga di controllare i dati del Path (Population Assessment of Tobacco and Health survey) utilizzati da Glantz (in foto) e Bhatta, scoprendo che i due si erano dimenticati di tenere in considerazione una variabile. E cioè se, nel campione preso in esame, l’infarto si fosse verificato prima o dopo aver iniziato ad utilizzare l’e-cigarette. Una dimenticanza non da poco, visto che gran parte del campione aveva registrato l’evento cardiaco in media 10 anni prima di iniziare a svapare. Eppure i dati erano disponibili nel Path. Dopo otto mesi e molta pressione da parte del mondo scientifico, la rivista ieri ha ritrattato lo studio, dichiarando i suoi risultati “non affidabili”. Ma è molto preoccupante quanto si evince leggendo la nota che accompagna la ritrattazione. Il board editoriale, si legge, aveva già rilevato in fase di peer reviewing (cioè di revisione) queste mancanze nello studio e aveva chiesto agli autori di fornire dati ulteriori. E allora – viene da chiedersi – perché aveva comunque proceduto alla sua pubblicazione? Il risultato è che la non provata associazione fra sigaretta elettronica e danni cardiovascolari è stata fatta propria dall’Oms, da gran parte della classe medica e politica, per non parlare dell’opinione pubblica ed è difficile che venga scalfita da una ritrattazione accademica tardiva.
Sempre al professore Stanton Glantz si deve un’altra delle teorie che danneggiano la reputazione del vaping, quella che vede nell’e-cigarette la porta d’ingresso al fumo tradizionale. Periodicamente vengono presentati studi e ricerche che la smentiscono (il più recente è a firma francese) eppure il Gateway effect è sempre sulle bocche degli oppositori del vaping, immune a qualsiasi prova contraria. Questo accade anche perché Glantz, direttore del Center for Tobacco Control Research and Education dell’Università della California a San Francisco, è una specie di eroe della lotta al fumo. Curiosamente non è un medico ma un ingegnere aerospaziale con un master in meccanica applicata e un post dottorato ottenuto con una ricerca sul modello matematico dei tessuti cardiaci. Nel 1976 ha fondato il movimento Americans for nonsmoker’s Right e nel 1994 ricevette del materiale segreto che provava come le aziende del tabacco conoscessero da lungo tempo la dipendenza causata dalla nicotina e i danni del fumo e le avessero nascoste al pubblico.
Questo ha fatto di lui un’icona del Tobacco control e la sua fulgida aura non è stata scalfita nemmeno dalle accuse di molestie sessuali e di condotte misogine e razziste, mosse in tempi diversi da due ricercatrici del suo dipartimento. Nonostante l’indagine interna dell’università abbia concluso che Glantz ha violato il codice di facoltà, il professore rimane saldamente al suo posto. Proprio ieri ha pubblicato un lungo intervento in cui sostiene i risultati dello studio sull’infarto e accusa il Journal of the American Heart Association di “aver ceduto agli interessi della sigaretta elettronica”. Per colmo dell’ironia, anche una delle ricercatrici oggetto delle molestie ieri era iperattiva su Twitter e accusava Glantz di averle rubato l’idea dello studio, escludendola dalla sua realizzazione.
Per restare sempre agli Stati Uniti, che dire della crisi di malattie polmonari che per mesi ha tenuto banco sui media di tutto il mondo, attribuendo ricoveri e decessi all’uso della sigaretta elettronica? Quando le autorità sanitarie si sono finalmente decise a scagionare pubblicamente l’e-cigarette, identificando il colpevole nell’acetato di vitamina E aggiunto ai liquidi con Thc illegali, era ormai troppo tardi per riparare al danno fatto. Una gran parte del pubblico rimane convinta che le sigarette elettroniche siano pericolose e questo si traduce in meno fumatori che scelgono la riduzione del danno. In pratica in più morti per fumo. Arriva sempre da Oltreoceano l’emergenza vaping e minori, negli Usa ribattezzata come epidemia, e che viene ripetuta in ogni consesso anche in Europa, dove non vi sono numeri a giustificarla. E, a ben vedere, anche negli Usa la questione è più che controversa, come rilevato – fra gli altri – da uno studio di David Abrams e Raymond Niaura della New York University. Basta prendere in considerazione la variabile della frequenza d’uso dell’e-cig fra i minori, spiegano, per avere un quadro completamente diverso. E cioè che non solo l’emergenza esce completamente ridimensionata, ma che anzi “la sigaretta elettronica sta contribuendo a rimpiazzare fra i giovani la molto più pericolosa abitudine al fumo – una riduzione del danno che va a netto vantaggio della popolazione in generale”.
Sembra proprio che alcuni dei più ferventi attivisti anti-fumo abbiano sviluppato una specie di riflesso pavloviano verso qualsiasi cosa che non sia l’astinenza totale e non riescano a vedere il vaping, se non come una ennesima subdola manovra del nemico che hanno sempre cercato di abbattere. E così, in mancanza dei danni della combustione, si cerca di demonizzare la nicotina, che pure è presente in gran parte delle terapie che loro stessi consigliano e che sono acquistabili senza ricetta e senza che nessuno se ne sia mai preoccupato. Con l’arrivo della sigaretta elettronica si è scoperto che la nicotina causa danni allo sviluppo cerebrale degli adolescenti. Le prove scientifiche? Studi sui topi da laboratorio che, come più spesso sottolineato, hanno una fisiologia difficilmente ribaltabile sull’essere umano. E poi veniamo da generazioni che sono state esposte al fumo attivo e passivo in età adolescenziale. Come si chiedono molti osservatori, se ci sono questi danni, è possibile che non siano stati rilevati in decenni di ricerche su fumatori ed ex fumatori?
Sulle nostre sponde possiamo ricordare il cosiddetto scandalo dei metalli pesanti rilevato nei liquidi per inalazione. Era il 2013, il settore del vaping era in piena espansione, ad ogni angolo di strada sorgeva un negozio di e-cig, quando uno studio dell’Università Federico II lanciò l’allarme. Anche in questo caso la notizia ebbe un forte clamore mediatico e furono aperte inchieste giudiziarie. Salvo poi scoprire che, almeno nei liquidi prodotti da aziende italiane, i metalli pesanti presenti erano infinitesimali, ben al di sotto le soglie previste dalla legge. Ma spesso le smentite non arrivano alle orecchie del pubblico con la stessa forza delle accuse e le obiezioni articolate non hanno lo stesso impatto di un titolo sensazionalistico. Una costante rimane, però, sempre attiva nella breve e travagliata vita del mondo delle sigarette elettroniche. Il suo peggior nemico è sempre la menzogna.

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