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Usa, chi approfitta di Covid-19 per sparare sulla sigaretta elettronica?

Non si fermano Oltreoceano i detrattori del vaping, disposti persino a sfruttare la pandemia globale e in assenza di basi scientifiche.

Sembra che la lezione di Evali non abbia insegnato nulla al nutrito fronte di detrattori della sigaretta elettronica negli Stati Uniti. Le terribili ripercussioni a livello politico e economico della gestione della recente crisi di malattie polmonari – per troppo tempo attribuita all’uso di sigarette elettroniche con nicotina, prima che si ammettesse che era dovuta all’acetato di vitamina E contenuto in liquidi illegali al Thc – ancora pesano sul settore e non solo negli Usa. Ma a quanto pare non basta e la tentazione di usare la pandemia di coronavirus, che sta interessando tutto il mondo, per dare il colpo definitivo al nemico di sempre va al di là di qualsiasi etica. Per non parlare della scienza.
È stato il sindaco di New York Bill de Blasio il primo a dichiarare pubblicamente che il fumo e l’uso della sigaretta elettronica costituirebbero un fattore di rischio per chi è infettato dal virus Sars-cov-2. Pochi giorni dopo, gli ha fatto eco il Surgeon General Jerome Adams che, in un’intervista televisiva, ha fatto riferimento a non meglio specificate teorie. La settimana scorsa, un articolo su Bloomberg ribadiva il concetto, citando la risposta giunta via mail a una domanda della redazione e firmata da un portavoce della Food and drug administration, Michael Felderbaum. “Le persone con problemi di salute, come problemi al cuore o ai polmoni, possono rischiare gravi complicazioni derivanti da covid-19. Comprese le persone che fumano e/o svapano tabacco o prodotti contenenti nicotina”, sono le parole di Felderbaum riportate nell’articolo.
Ma è così che si affrontano le emergenze sanitarie, con una mail a un singolo giornale? Lo chiede ufficialmente il procuratore generale dell’Iowa Thomas J. Miller con una lettera indirizzata al direttore del Center for tobacco products dell’Fda, Mitchell Zeller e, per conoscenza, al commissario Stephen Hahn. “Negli Stati Uniti – si legge nella lettera – ci sono 12 milioni di vaper e 34 milioni di fumatori. Se devono ricevere informazioni che riguardano la vita o la morte, specialmente in questo momento di forte pressione, meritano qualcosa di più di una mail ad hoc inviata da un portavoce a un unico servizio di notizie online”. La richiesta è che le istituzioni sanitarie usino i loro siti ufficiali, facendo ben attenzione alla veridicità e alla chiarezza di quanto affermano e agli effetti indesiderati.
Molti fumatori, continua la lettera, sono passati al vaping proprio per minimizzare i rischi del fumo a alleviare i sintomi di patologie già sviluppate. “Su quale base – si chiede – l’Fda è sicura che sia giusto scoraggiare persone con problemi fumo correlati a usare la sigaretta elettronica, sapendo che per molti l’alternativa è tornare a fumare?”. Ricordando anche che le affermazioni dell’agenzia americana hanno ripercussioni globali, la lettera invita a non “affermare o fare intendere, in nessuna circostanza, che vi sia un rischio equivalente fra fumare e svapare”. “Se l’Fda – continua Miller – è in grado di fornire suggerimenti chiari e onesti per la salute di milioni di americani, basati su concrete nozioni comportamentali e biomediche, allora dovrebbe farlo e accoglieremo con favore il contributo dell’agenzia”.
Ma se le sue comunicazioni sono arbitrarie e mal concepite, – conclude la lettera – diffondono paura e confusione con scarse basi scientifiche e conseguenze imprevedibili, allora sarebbe meglio che l’Fda e i suoi portavoce dei media non esprimessero ulteriori commenti in questo momento”. La lettera porta in calce la firma, oltre che di Thomas Miller, di dodici accademici e scienziati, fra cui Konstantinos Farsalinos, David Abrams, Raymond Niaura e Clive Bates. Ma la questione non si è chiusa qui. Proprio ieri, infatti, il deputato Raja Krishnamoorthi, presidente della commissione parlamentare per la politica economica e dei consumatori, ha chiesto all’agenzia di ritirare dal mercato tutte le sigarette elettroniche e i prodotti per il vaping per l’intera durata della pandemia. Un ulteriore segno di come negli Usa il dibattito sul vaping abbia da molto tempo abbandonato il terreno della scienza per approdare su quello della pura ideologia.

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